IL NOVECENTO IN MATEMATICA: E' POSSIBILE A SCUOLA?
Data: Venerd́, 12 gennaio 2007 ore 00:05:00 CET
Argomento: Associazioni


Il Novecento in matematica: è possibile, a scuola?
 a cura di Walter Maraschini*



Ad alcuni matematici impegnati nella ricerca, nella divulgazione, nella diffusione o nella didattica della matematica è stata sottoposto il seguente tema, composto di una premessa e una domanda:

Premessa
Tra i mali di cui soffre la scuola italiana spicca la scarsa qualità dei risultati per quanto riguarda la dimensione matematico-scientifica del sapere. Oltre alle evidenti carenze tecnico-strumentali che si riscontrano nelle basse prestazioni degli studenti italiani in termini di capacità di risoluzione di problemi, emerge ancor più una ignoranza diffusa relativamente a temi, concetti, risultati, procedure e applicazioni della moderna ricerca matematica. Differentemente, nelle discipline storico-umanistiche si è invece registrato uno sforzo, frutto anche di precise indicazioni ministeriali, affinché, almeno nell'ultimo anno della scuola superiore, si affrontino tematiche culturali e storiche proprie del Novecento.
 L'asimmetria ha forse giustificazioni proprie nel carattere intrinsecamente sequenziale del moderno sapere matematico; resta tuttavia il problema di una scuola - un sapere per tutti - che non rende conto di ciò di cui 'in grande' s'è occupata negli ultimi secoli la matematica.

Domanda
Quale tema, risultato, procedura della matematica del Novecento ha una valenza culturale - nel senso generale del termine - tale da dover e poter essere trattata negli ultimi anni della scuola superiore in modo tale che sia possibile 'esporla' e 'farla comprendere' con strumenti algebrico-analitici relativamente poveri?

La domanda è generica, ma così appare necessario se, al di fuori degli specialismi, ci si pone in un'ottica formativa generale, che è costituita anche dall'idea che ci si fa delle cose, dai vincoli temporali della formazione scolastica e dalla constatazione che la maggior parte dei cittadini, usciti dalla scuola, non faranno ricerca scientifica attiva. Chi è stato al 'gioco' ha tuttavia accettato tale livello di genericità.

Tre obiezioni
Sulla premessa sono state invece sollevate alcune obiezioni, di tre ordini:

-Riguardo alla sua corrispondenza col vero. Sottolinea infatti Marta Menghini che "in realtà, ci sono diversi argomenti del Novecento che, in qualche modo, hanno trovato posto nella scuola. Si tratta però di argomenti che hanno un carattere fondazionale più che di ricerca". E, in effetti, non si può negare che la sistemazione assiomatica della geometria operata da Hilbert ha influito su tutte le presentazioni assiomatiche nei libri di testo, così come è vero che, sia pure innestandosi su contenuti tradizionali, il linguaggio degli insiemi e alcune attenzioni alle strutture algebriche o agli invarianti in geometria sono piuttosto presenti nelle scuole.
 -Riguardo alla relativa importanza dei contenuti. Afferma per esempio Pier Luigi Ferrari che "programmi più aperti ai temi del Novecento potrebbero migliorare l'immagine della matematica presso gli studenti, […] ma non risolverebbero che una parte dei problemi" giacché comunque rimangono questioni cruciali, tra le quali "la volontà e anche la capacità di impegnarsi nello studio e la competenza linguistica, e in generale problemi ai livelli metacognitivo e non cognitivo".
 -Riguardo a una contestazione radicale dello schema 'modernista' soggiacente alla premessa e alla domanda poste. Così, per Laura Catastini il tema di mostrare ai giovani alcuni risultati significativi del Novecento "appare come il dover far loro amare la musica attraverso le dissonanze del Novecento e le composizioni di Schönberg. Dicono che quando Pitagora parlava di armonie celesti si prefigurava la Quarta di Mahler, cosa che mi fa ancor più convinta che per capire e amare Mahler bisogna cominciare da lontano".

 Le obiezioni appaiono sensate: si possono riassumere nel fatto che, a livello di cornice e stile di linguaggio, la matematica otto-novecentesca si trova davvero, e prepotentemente, nella scuola – qualche elemento appartiene sempre a qualche insieme! – , ma per paradosso è il linguaggio dei giovani che non domina sintatticamente i concetti, e gusto e semantica viaggiano per conto loro, per non dire dei problemi.
 Appare quindi importante – come sottolineano Domingo Paola, Gabriele Lolli e Vinicio Villani - che si conduca una riflessione, in particolar modo nell'ultimo anno, sullo stesso impianto della matematica, e quindi sul dibattito successivo alla crisi dei fondamenti: i significati di assioma, teorema, dimostrazione.

 Al di là delle specializzazioni e degli interessi degli interpellati, nelle risposte si forma poi un addensamento attorno a una nuvola di concetti e temi ben precisi che legano l'astratto più astratto con il concreto più concreto, come se la matematica, diversamente dalla filosofia, non potesse liberarsi degli strumenti, simbolici, di calcolo, di disegno o di misura.

Matematica e computer
La forte dimestichezza dei giovani con computer e, più in generale con apparecchi elettronici, fa emergere temi ai bordi tra matematica, logica e informatica teorica. Così a "elementi di teoria dell'informazione" accenna Lucio Russo, mentre Rosa Maria Spitaleri sottolinea come la relazione tra matematica e computer possa far arrivare passo passo a un più attraente discorso sulla "modellizzazione". Anche a questo – e sulla simulazione con il metodo Monte Carlo in particolare – si riferisce Mauro Cerasoli .
 Al teorema di Gödel fanno esplicito riferimento Gabriele Lolli, Pier Luigi Ferrari e Piergiorgio Odifreddi. Scrive quest'ultimo: "Secondo me il teorema di Gödel è uno di quei risultati che sono allo stesso tempo epocali, sia matematicamente che filosoficamente, e che ciononostante posso essere spiegati in termini relativamente elementari. Anche il teorema di Turing, che sta alla base dell'informatica, è dello stesso genere e costituisce in realtà una riformulazione del precedente in termini meccanici. Anch'esso può essere spiegato in maniera elementare, visto tra l'altro che oggi i computer sono di uso comune tra i giovani" (come riferimento, a livello divulgativo, vedi P. Odifreddi, Il diavolo in cattedra, Einaudi, 2003).

Numeri primi e crittografia
Il timore che su alcuni temi della matematica del Novecento, pur importanti, si rischi la banalizzazione, portano Vinicio Villani e Giuseppe Anichini a escluderne una possibile trattazione scolastica. Essi, invece, insieme a Domingo Paola e a Marta Menghini concordano con Anna Maria Arpinati e Giulio C. Barozzi sulla possibilità di riferirsi agli "sviluppi che si sono avuti negli ultimi trenta anni nel campo della teoria dei numeri (fattorizzazione, test di primalità, crittografia a chiave pubblica). Si richiede la conoscenza dell'aritmetica modulare, del piccolo teorema di Fermat (anche senza dimostrazione) e poco altro". Come è sottolineato in più interventi, è straordinario come argomenti di teoria dei numeri in origine così lontani da qualunque applicazione pratica si trovino oggi al centro di decisivi problemi applicativi riguardanti la sicurezza dei dati in rete.
 Se poi si considera che alcuni siti interattivi oggi contengono dei veri e propri test di Turing per verificare se l''utente' che compila un formulario (un form, nel gergo dei linguaggi)è un uomo o una macchina, ci si rende conto di come i temi emersi in questa parziale indagine siano tra loro strettamente collegati e suggeriscono di prestare una attenzione alle strutture discrete e quindi, in ultima analisi, all'aritmetica. Sembra quindi che – al di là di aspetti di metodo e di impostazione – occorra andare oltre i temi della continuità, dell'infinito e dell'infinitesimo che tuttora dominano l'ultimo anno dei programmi di matematica della scuola superiore. Quasi sembra – ma questa è una considerazione personale – che, per rendere conto di temi importanti della matematica del Novecento e anche per far comprendere il suo ruolo di modello privilegiato in molti contesti applicativi e problematici, occorra nello studio accostare all'universo continuo il mondo discreto, a cui comunque appartengono codici e linguaggi, tra cui quello della matematica stessa.

 Gli interventi

Giuseppe Anichini
Parto da un presupposto: la matematica dovrebbe essere vista (per gli studenti, per il lettore di cose scientifiche, per l'amateur) prima come servant of sciences e poi (per chi lo vorrà, per chi ne avrà il sacro fuoco, per lo zoccolo duro purtroppo sempre ridotto) come queen of sciences.
 Ci vuole cioè nelle scuole una matematica 'per il cittadino', una disciplina cioè che gli faccia percepire, da subito, la sua presenza anche fuori dalla scuola, nella quotidianità.
 Per questo gli esempi sono (e non potrebbe essere altrimenti) 'del Novecento'.
 Sarà poi cura dell'insegnante (più raramente del divulgatore) far comprendere il 'carattere intrinsecamente sequenziale del moderno sapere matematico': ma se la prima parte della 'presentazione' ha funzionato dovrebbe essere quasi evidente che prima di costruire il secondo piano deve essere pronto, almeno nella struttura portante, il primo.
 Detto questo, gli argomenti non mancano (anche pensando alla possibile rappresentazione algebrica, geometrica o analitica) e ne propongo alcuni come esempio.
Telefonino: questo evoca la compressione di immagini e dunque Fourier (ovvero lo scrivere una funzione attraverso la 'somma' di altre più semplici e note). La stessa cosa si estende alle foto, al riconoscimento delle impronte digitali, alle comunicazioni spaziali, ....alla medicina (TAC,...).
Tempo (meteorologia): discretizzazioni geometriche, studio di 'punti' (che poi sono regioni), approssimazione, previsione (sia parlando di errore numerico sia affrontando l'incertezza).
Bancomat: numeri primi, fattorizzazione, …, crittografia.
Bingo: permutazioni e quindi Mendel e poi la genetica molecolare.
 Ma si può anche prendere le mosse dalla valutazione, scolastica e non (i test Invalsi, l'indagine Pisa, o anche... i test del QI da Novella 2000!) e da qui analizzare le gaussiane. Oppure, alcune equazioni algebriche possono essere usate per spiegare i mutui bancari, i dividendi azionari e così via.
 Credo invece che riuscire, con mezzi 'scolastici', a parlare di Perelman e della congettura di Poincaré o del Teorema di Fermat sia oltremodo arduo. Farlo poi senza agganci al quotidiano (più o meno conosciuto) sia useless (naturalmente per lo studente medio e per il lettore medio).

Mauro Cerasoli
Ci sono state tante idee nuove nel Novecento per la matematica, come per esempio i frattali, di cui poco si parla a scuola, o la teoria dei grafi. Per me l'idea più grande però (ma che era già stata espressa da Laplace a proposito dell'ago di Buffon) è la simulazione col metodo Monte Carlo, oggi resa possibile con i computer. Con questo metodo, in certi casi, si può fare a meno di una Matematica che tuttavia si continua a insegnare alle università nei corsi di Analisi 4 e Analisi 5, come nella storiella del samurai che voleva uccidere i draghi. Il metodo Monte Carlo permette di risolvere problemi reali, anche se in modo approssimato, che i matematici puri non hanno neppure la più pallida idea di come possano essere affrontati. Fu inventato apposta per questo motivo, dicono dallo stesso Fermi.
 D'altronde Gian Carlo Rota mi diceva che le idee più grandi nella matematica sono uscite quasi sempre dalla testa dei fisici.

Pier Luigi Ferrari
Premetto che la mia attività didattica si rivolge prevalentemente alle matricole della Facoltà di Scienze, matematici e non, e il mio settore di ricerca è l'educazione matematica, con particolare riferimento agli aspetti semiotici e linguistici.
 Intanto penso che la giusta esigenza di affrontare i temi del Novecento debba inserirsi in un quadro di rinnovamento dei programmi e dei metodi di insegnamento. Sarebbe brutto se si risolvesse nell'ennesima attività appiccicata a lato di quelle tradizionali; questo purtroppo in Italia è un rischio sempre presente. La mia esperienza abbastanza ampia di insegnamento alle matricole mette in luce diversi problemi cruciali, tra i quali la volontà e anche la capacità di impegnarsi nello studio e la competenza linguistica, e in generale problemi ai livelli metacognitivo e non cognitivo. Programmi più aperti ai temi del Novecento potrebbero migliorare l'immagine della matematica presso gli studenti, in qualche caso motivarli un po' di più, ma non risolverebbero che una parte dei problemi. Quindi l'esigenza rappresentata non dovrebbe in nessun caso alimentare l'illusione di soluzioni tutte interne alla matematica e ai programmi, insomma in termini di soli 'contenuti', che potrebbero piacere proprio ai matematici meno sensibili alle esigenze di rinnovamento.
Detto questo, il tema che indicherei è quello della calcolabilità effettiva. Si tratta di un argomento cruciale in quanto:

 -è alla base del dibattito fondazionale a partire dagli anni '20 e '30, ed è strettamente collegato a importanti teoremi (incompletezza di Gödel ecc.)
 - è strettamente legato allo sviluppo dell'informatica e della tecnologia, e mette in luce i collegamenti fra queste e la matematica.

 Il tema può essere trattato con strumenti relativamente poveri (la maggior parte degli esempi significativi richiedono i soli naturali), è possibile decidere il livello di formalità e i modelli da adottare, in base alle esigenze, ed è possibile trovare esempi abbastanza interessanti o divertenti. Un altro aspetto positivo è la rottura rispetto a certe pratiche scolastiche che spesso mettono in gioco forme di apprendimento mnemonico, purtroppo sempre più diffuse nella scuola, compresa l'università, o comunque fra gli studenti.

Gabriele Lolli
Di argomenti ce ne sarebbero tanti. Per ragioni di competenza mi limito a parlare di uno di cui sono esperto. Il fenomeno dell'incompletezza, scoperto con i teoremi di Gödel, ha avuto nel corso del Novecento ampia risonanza, con riscontri e influenze anche al di fuori della matematica, in filosofia naturalmente, in fisica per l'analogia con il principio di indeterminazione, in informatica per l'esistenza di problemi indecidibili e in generale con la teoria algoritmica dell'informazione. Non c'è bisogno di insistere sull'importanza culturale e sui collegamenti e ramificazioni, alcuni anche ideologicamente esagerati, per esempio teologici o per la 'teoria del tutto'. La questione da discutere è se sia presentabile negli ultimi anni della scuola superiore.
 Gli strumenti che intervengono nella dimostrazione sono di due tipi. Da una parte c'è l'argomentazione che riprende i paradossi, trasformandoli in tecniche dimostrative accettabili, e questo aspetto è divertente, stimolante, con un'aria di magia, e aperto ovviamente a collegamenti vari con la storia del pensiero, antica e contemporanea.
 L'altro pilastro è la codifica numerica del linguaggio dell'aritmetica, o di qualsiasi altro linguaggio, con la distinzione concettuale tra linguaggio e metalinguaggio, e tra teoria e metateoria.
 Per quanto riguarda la codifica numerica, in quest'epoca di calcolatori, nella quale pare che gli studenti siano più a loro agio con le macchine dei loro professori, non pone nessun problema. Anzi è una buona occasione per stabilire un collegamento con l'informatica. Bisogna parlare del linguaggio macchina e del suo rapporto con il linguaggio che compare sullo schermo – il primo un metalinguaggio aritmetico, il secondo il linguaggio oggetto – osservare che i programmi di codifica e decodifica sono appunto programmi, cioè funzioni calcolabili, e introdurre alla nozione di calcolabilità effettiva. L'autoriferimento è un fenomeno del tutto naturale nella programmazione. Le conoscenze matematiche necessarie per i calcoli sono solo quelle aritmetiche.

 In definitiva l'unica difficoltà, che richiede uno sforzo da parte dei docenti, riguarda l'inquadramento generale, concettuale e storico, e consiste nel presentare la matematica, una parte di essa – una teoria giocattolo dell'aritmetica per esempio - in un modo al quale non sono abituati, loro e quindi neanche gli allievi, cioè come teorie deduttive e formali, nelle quali si fanno dimostrazioni usando regole logiche. Ma sarebbe uno sforzo utile e ripagato, perché darebbe finalmente un'immagine meno confusa di un aspetto almeno dell'attività matematica, preferibile a quella inesistente che è ora il residuo di tanti anni di fatica sprecata.

Marta Menghini
In realtà, ci sono diversi argomenti del Novecento che, in qualche modo, hanno trovato posto nella scuola. Si tratta però di argomenti che hanno piuttosto un carattere fondazionale che non di ricerca. Tra questi, in ordine più o meno di tempo:
 - la sistemazione assiomatica della geometria da parte di Hilbert: ha influito su tutte le presentazioni assiomatiche nei libri di testo, anche se non si è sostituita a queste;
 - il concetto di invariante per trasformazione geometrica di Klein – e addirittura la definizione di geometria come studio degli invarianti per trasformazione -: è diventato quasi solo un argomento didattico, perché nell'ambito della ricerca in geometria è stato considerato superato abbastanza presto;
 - gli spazi vettoriali e in generale l'algebra lineare: rappresentano il linguaggio oggi comune in algebra e geometria. È vero che sono legati all'esperienza negativa dell'introduzione della 'matematica moderna' e del suo formalismo nella scuola, ma non si può cancellare l'intero argomento;
 - le geometrie finite: sono uno strumento utile per la comprensione dell'assiomatica e delle 'regole' del gioco;
 - la teoria dei gruppi e l'isomorfismo tra strutture;
 - il linguaggio degli insiemi.

 Ripeto però che tali argomenti entrano nella scuola solo a livello di linguaggio di base e di primissimi teoremi; non entra nella scuola la ricerca matematica sviluppata a partire da questi argomenti e l'unico tema di ricerca che mi viene in mente è la teoria dei numeri.
 L'algebra aritmetica ha una ottima valenza didattica, una storia recente e diversi argomenti 'presentabili'. In particolare i numeri primi sono molto attuali perché utilizzati per codificare le carte di credito. Ma al di là di questo, vi sono teoremi molto recenti che si possono raccontare: per esempio la medaglia Fields 2006 è stata assegnata a Tao per il seguente risultato "per ogni n, esiste una progressione aritmetica di lunghezza n formata da numeri primi". Per esempio, per n = 3 la progressione è 3, 5, 7; per n = 5 la progressione è 5, 11, 17, 23, 29. Come anche per il teorema di Fermat, il risultato è semplice ma la dimostrazione è altamente complessa. Esistono alcuni risultati di teoria dei numeri la cui dimostrazione è presentabile a scuola e che sono abbastanza recenti, ma direi che quello che conta è l'attualità dell'argomento. Se anche ci si limitasse alle sole proprietà note al tempo di Euclide, si sarebbe comunque in grado di spiegare di cosa si occupa la ricerca in quel settore.

Domingo Paola
Quando si parla di risultati matematici del Novecento che hanno una valenza culturale nel senso generale del termine,non si può evitare che il pensiero corra a quel periodo fertilissimo di risultati che, curiosamente, è stato identificato con l'etichetta 'crisi dei fondamenti'. In fondo è proprio in quel periodo che si riflette sul significato di concetti fondamentali per la matematica, come quelli di assioma, teorema, dimostrazione, concetti primitivi, definizioni, teorie... Ho già accennato in alcuni miei interventi alla ricchezza, ma anche ai rischi che quella problematica offre agli insegnanti e agli studenti degli ultimi anni della scuola secondaria di secondo grado. Vorrei quindi qui accennare a un percorso diverso che, mi sembra, sia altrettanto (se non più) ricco, in termini di offerte di attività didattiche significative, e, al tempo stesso, sia più facilmente comprensibile per studenti di scuola secondaria. Mi riferisco alla teoria dei numeri, a partire da un approfondimento della conoscenza dei numeri naturali. L'argomento è a mio avviso estremamente ghiotto contenendo sia risultati (non banali) legati alla matematica classica antica e più recente (il teorema dell'infinità dei numeri primi; il teorema fondamentale dell'aritmetica; i test di primalità; la ricerca [vana] di formule che generassero solo numeri primi; le classi di resto; il piccolo teorema di Fermat; le ricerche sulla distribuzione dei numeri primi; ...), sia risultati (difficili, ma non impossibili da comprendere con attività mirate) che fanno appunto parte della storia della matematica del Novecento (il sistema assiomatico di Peano; le dimostrazioni per induzione; le definizioni ricorsive; la crittografia in chiave pubblica, in particolare il sistema RSA; ...).
 La teoria dei numeri è ricca di proposizioni il cui enunciato è facilmente comprensibile, ma di difficile dimostrazione e, in questo senso, può aiutare a far comprendere a studenti che abbiano una discreta esperienza matematica il significato e il ruolo della dimostrazione in matematica. La teoria dei numeri sembra particolarmente astratta, priva di applicazioni (Hardy affermava, una settantina di anni fa, che poteva considerarsi la parte più nobile della matematica, perché non aveva alcuna applicazione pratica), eppure ha trovato negli ultimi tempi applicazioni notevoli con cui, spesso inconsapevolmente, siamo in contatto tutti i giorni (una ventina di anni dopo l'affermazione di Hardy, la teoria dei numeri trovò applicazioni notevoli nella crittografia): ciò può consentire all'insegnante di avviare qualche prima riflessione sull'intrigante rapporto che lega la teoria alla pratica, la matematica pura alla matematica applicata e, magari, a quello che Einstein, provocatoriamente, chiamava l'irragionevole successo della matematica nella comprensione del mondo fisico.
 In uno dei prossimi numeri della rivista "Progetto Alice" uscirà un brillante articolo di Michele Impedovo, nel quale si descrive dettagliatamente un percorso effettivamente sperimentato in una terza classe di liceo scientifico PNI (una mia classe, a Finale Ligure) che porta a introdurre e realizzare in classe il sistema crittografico RSA. Credo che un percorso come quello là descritto possa essere proposto in una qualunque classe di un triennio di un istituto secondario di secondo grado: gli studenti possono essere forniti di tutti gli strumenti algebrico- analitici necessari per comprendere e realizzare il percorso e l'insegnante può avere buon gioco a evidenziare aspetti di valenza culturale nel senso generale del termine, radicandoli su esperienze e attività concrete per gli studenti.

Vinicio Villani
Premetto un elenco di tematiche recenti, belle e importanti che però escluderei dall'elenco dei temi, risultati e procedure del Novecento da sviluppare a scuola in quanto vedrei un forte rischio, per non dire la certezza, che si finirebbe (docenti e allievi) col parlare di cose che non si conoscono o col dire solo banalità:
 -Ultimo teorema di Fermat
 -Teoremi di Gödel
 -Analisi non standard
 -Frattali
 Ecco invece tre temi che a mio avviso potrebbero rientrare nella rosa degli argomenti (più o meno nuovi) trattabili a livello pre-universitario:
 -Una riflessione sull'assiomatizzazione dei più svariati settori della matematica (Peano, Hilbert, Kolmogorov,…). Tale riflessione non andrebbe fatta nella fase di apprendimento iniziale, ma solo verso la fine degli studi, ossia quando gli allievi si sono ben familiarizzati con gli aspetti operativi dei rispettivi settori della matematica. Collegamenti interessanti anche con i fondamenti delle scienze sperimentali e con un'analisi delle cause delle (inevitabili) ambiguità del linguaggio naturale, nonché di quello giuridico, dovute all'impossibilità di 'definire tutto'.
 -Le applicazioni della teoria dei numeri alla crittografia a chiave pubblica. Interessante anche una riflessione sulla imprevedibile trasformazione della più 'pura' delle teorie matematiche in strumento essenziale per miliardi di transazioni commerciali, o peggio, per scopi bellici.
 -La complessità computazionale, a partire da un confronto tra la regola di Cramer e l'algoritmo di Gauss per il calcolo del determinante di matrici di ordine elevato (trovo incomprensibile che ancora oggi molti autori di testi scolastici prediligano Cramer, o magari la regola di Sarrus...).

 *Docente di Matematica e Fisica presso l'Istituto 'Machiavelli' di Roma. Autore di libri di testo per la scuola superiore (www.maraschini.it)

Pubblicato il 9/1/2007













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