Dopo una lettera di minacce degli islamici alla parlamentare Santanchè di An, messaggi di solidarietà da tutto l'arco parlamentare italiano
Data: Giovedì, 11 gennaio 2007 ore 19:45:48 CET
Argomento: Rassegna stampa


dal sito del Corriere della Sera

 

Fini: «C'è una multinazionale del fanatismo islamico». Sbai (Consulta islamica): «Minacce anche al conduttore Ahmed»
Ali Abu Shwaima,l' imam e in questa occasione non ha fatto mancare la propria solidarietà alla parlamentare, ma ha anche invitato l'editorialista del Corriere della Sera Magdi Allam a «non tirarmi in ballo a ogni occasione e non tentare di coinvolgermi in faccende a cui sono del tutto estraneo».
 

FINI - «Le minacce provenienti da Londra all'on. Santanchè, cui va la solidarietà di tutto il partito, confermano che esiste un'organizzazione multinazionale del fanatismo e dell'estremismo islamico che non deve essere sottovalutata e che impone a tutti, specie ai musulmani residenti in Europa, di assumere posizioni non ambigue su temi complessi quali la libertà di culto, i simboli religiosi, le libertà individuali». Lo afferma in una nota il presidente di An, Gianfranco Fini.
 

SOLIDARIETÀ ANCHE A MOHAMED AHMED - Solidarietà a Santanchè dal presidente dell'Associazione donne marocchine in Italia, Souad Sbai, componente della Consulta islamica, intervenuta alla commissione Affari costituzionali alla Camera sulle proposte di legge sulla libertà religiosa. Sbai ha espresso la sua solidarietà anche nei confronti del conduttore televisivo della tv padovana La9, Mohamed Ahmed, al quale nei giorni scorsi, è stata bruciata l'auto dopo che si era espresso contro la bigamia.

PRESTIGIACOMO - «È brutale e inaccettabile quanto sta accadendo a Daniela Santanchè», ha affermato Stefania Prestiogiacomo (Forza Italia). «Il problema va ben oltre la questione del velo: riguarda uno dei fondamenti della nostra civiltà: la libertà di espressione».

TESTIMONIANZE - Dorina Bianchi (Margherita), vice presidente della Commissione Affari sociali: «Sono vicina a Daniela e comprendo la sua paura. Tali minacce vanno sempre prese sul serio».
«Esprimo la mia piena solidarietà alla collega Santanchè per l'ennesima odiosa minaccia di morte che ha ricevuto». Lo afferma Silvana Mura, deputata di Italia dei valori.
«L'islam moderato ha il dovere morale di esprimere solidarietà ed emarginare le frange più estremiste». Così il capogruppo Udc alla Camera, Luca Volontè.
«La deputata Santanchè non è sola, le sue minacce sono le nostre. Siamo tutte minacciate dal fondamentalismo islamico e da una deriva culturale che nega alle donne la libertà di scelta, anche di mettere o non mettere il velo». Lo afferma la senatrice dei Ds Anna Maria Carloni.
10 gennaio 2007

RASSEGNA  E APPROFONDIMENTI

 

L'Islam e i diritti civili

 

Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


La Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo, proclamata il 19 settembre 1981 presso l’UNESCO a Parigi, è la versione islamica della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Si è resa necessaria per il fatto che la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo non è compatibile con la concezione della persona e della comunità che ha l'Islam.
Indice
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• 1 Storia
• 2 Analisi
• 3 Considerazioni e annotazioni a margine
• 4 Collegamenti esterni
 

Storia
In effetti, la dichiarazione del 1981 scaturisce da varie critiche dirette da paesi prevalentemente islamici, come Sudan, Pakistan, Iran ed Arabia Saudita, per la mancata capacità di tenere in considerazione il contesto religioso e culturale di paesi non-occidentali.
Essa è stata preceduta da un intervento presso le Nazioni Unite da parte del rappresentante iraniano Saˁid Rajaie Khorassani, secondo il quale Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo rappresentava "una interpretazione laica della tradizione giudaico-cristiana" che non avrebbe potuto essere attuata dai Musulmani senza violare la legge del'Islam.
Quindi, questa non è la sola versione della Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo; nel 1990, al Cairo, la 19a Conferenza Islamica dei Ministri degli Esteri (dal 31 luglio al 5 agosto) ha proclamato la Dichiarazione del Cairo dei Diritti Umani dell'Islam, un testo molto più compatto in 25 articoli ed un breve preambolo che sembra non riconoscere l'esistenza della Dichiarazione di Parigi, dal quale si legge testualmente "Recognizing the importance of issuing a Document on Human Rights in Islam that will serve as a guide for Member states in all aspects of life;" cioè "Riconoscendo l'importanza dell'emettere un Documento sui Diritti Umani nell'Islam che serva come guida per gli Stati membri in tutti gli aspetti di vita;" come se non ne esistessero di antecedenti.
Di questa più recente Dichiarazione è disponibile una versione italiana nel link sottostante; inoltre la versione inglese di Wikipedia riporta una pagina di confronto con larghe citazioni di articoli, come questa pagina fa rispetto alla versione italiana della Dichiarazione di Parigi cui fa riferimento il primo collegamento sottostante; va annotato infine come la pagina cui corrisponde il link di islamitalia.it sia stata tradotta dall'originale a cura di Hamza R. Piccardo, esponente di primo piano dell'Islam italiano e presidente dell'UCOII (Unione delle Comunità Islamiche Italiane), ma non esistono nella pagina stessa riferimenti ad ulteriori Dichiarazioni emesse successivamente.
Rimangono comunque anche per questa versione le differenze con la dichiarazione delle Nazioni Unite, approvata il 10 dicembre 1948.
[modifica] Analisi
Essa si compone di un corposo preambolo e di 23 Articoli, molti dei quali divisi in più commi; nel preambolo possiamo distinguere:
- la descrizione del rapporto tra Islam e società, quale si evince dal primo paragrafo del preambolo stesso: Da oltre quattordici secoli, l’Islam ha definito i Diritti dell’Uomo, nel loro insieme e nelle loro applicazioni, con una Legge divina. Tali diritti sono stati consolidati con un corollario di garanzie sufficienti ad assicurare la loro protezione. L’Islam ha plasmato la società che ha costruito, in conformità a principi e regole giuridiche che danno a questi diritti consistenza e stabilità.
Pertanto, i Diritti esistono in quanto legge divina, coadiuvata da principi e regole che stabilizzano la società stessa sotto i fondamenti di questa legge, e non delle scelte di individui o gruppi, non importa quanto numerosi.
- La considerazione che i credenti sono ... musulmani, pur nella diversità delle nostre origini etniche e geografiche,... , e l'elenco di svariate motivazioni per le quali viene creata come da ... musulmani, araldi dell’invito ad abbracciare la religione di Dio, all’alba del 15° secolo dell’Egira6 proclamiamo questa Dichiarazione ( Bayān ) dei Diritti dell’Uomo, fatta in nome dell’Islam, a partire dal Corano nobilissimo e dalla purissima Tradizione profetica (Sunna)7.
- una serie di 12 diritti provenienti quindi dal Corano e dalla Sunna, tale che Per queste loro origini, tali diritti hanno le caratteristiche di diritti eterni e non possono essere soppressi o corretti, abrogati o invalidati. Sono diritti indicati dal Creatore — lode a Lui — e nessuna creatura umana può annullarli o combatterli. Le garanzie che assicurano ad ognuno non possono essere cancellate né dalla volontà di un individuo che vi rinunciasse né dalla volontà di istituzioni che la società stessa ha creato, qualunque sia la loro origine e qualunque sia l’autorità di cui essa le avesse investite.
L’affermazione di questi diritti è condizione reale e preliminare per la costruzione di un’autentica società islamica...
Pertanto ad un individuo non è dato rinunciare ai suoi diritti, quali sono elencati, o sostituirli con altri, nè alcuna Istituzione di natura umana può esprimere garanzie differenti, se in contrasto con la Legge Divina. Come si vede più avanti, quindi, l'individuo deve la sua fedeltà in prima istanza all'autorità religiosa che a quella dello Stato, ove le due autorità non vengano a coincidere. Tra i valori condivisi con la società occidentale troviamo la famiglia, l'uguaglianza (ma sempre davanti alla legge islamica), le pari opportunità come indicate nel punto 9) una società che offra a tutti parità di opportunità in modo tale che ogni individuo possa assumere delle responsabilità proporzionali alle sue capacità... ed il senso di missione affidato ai governanti: una società in cui il potere terreno sia considerato un «sacro pegno» affidato alla responsabilità dei governanti, affinché realizzino gli obiettivi definiti dalla Legge islamica... ed il diritto alla sicurezza, 12) ...impegnandosi ad applicare e badando a proteggere quegli stessi diritti che questa «Dichiarazione» proclama di fronte a tutto il mondo.
Tra i 23 Articoli che compongono il testo, va notato come il riferimento al protagonista della Dichiarazione, che nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo è sempre "l'individuo", sia effettuato di volta in volta verso "l'individuo", "l'uomo" o "l'essere umano".
Da rimarcare, tra l'altro, la supremazia della legge islamica rispetto alle leggi nazionali, come in
Art. 4 - Il diritto alla giustizia
1) Ogni individuo ha diritto di essere giudicato in conformità alla Legge islamica e che nessun’altra legge gli venga applicata...
5) Nessuno ha il diritto di costringere un musulmano ad obbedire ad una legge che sia contraria alla Legge islamica. Il musulmano ha il diritto di rifiutare a che gli ordina una simile empietà, chiunque esso sia: «Se al musulmano viene ordinato di peccare, non è tenuto né alla sottomissione né all’obbedienza» ( hadith ).
O ancora la definizione di equità di un processo e di presunzione di innocenza:
Art. 5 - Il diritto ad un processo giusto
1) L’innocenza è condizione originaria: «Tutti i membri della mia Comunità sono innocenti, a meno che l’errore non sia pubblico» ( hadīth ). Questa presunzione di innocenza corrisponde quindi allo «statu quo ante» e deve rimanere tale, anche nei confronti di un imputato, fino a che esso non sia stato definitivamente riconosciuto colpevole da un tribunale che giudichi con equità.
2) Nessuna accusa potrà essere rivolta se il reato ascritto non è previsto in un testo della Legge islamica... ...
4) In nessun caso potranno essere inflitte pene più gravose di quelle previste dalla Legge islamica per ogni specifico crimine: «Ecco i limiti di Allah, non li sfiorate» (Cor. 2, 229)...
Inoltre, relativamente al libero pensiero, troviamo delle fondamentali differenze tra le due Dichiarazioni; infatti per i Paesi firmatari della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo si legge:
Articolo 18
Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.
Articolo 19
Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
mentre nella Dichiarazione islamica troviamo:
Art. 12 - Il diritto alla libertà di pensiero, di fede e di parola
1) Ogni persona ha il diritto di pensare e di credere, e di esprimere quello che pensa e crede, senza intromissione alcuna da parte di chicchessia, fino a che rimane nel quadro dei limiti generali che la Legge islamica prevede a questo proposito. Nessuno infatti ha il diritto di propagandare la menzogna o di diffondere ciò che potrebbe incoraggiare la turpitudine o offendere la Comunità islamica: «Se gli ipocriti, coloro che hanno un morbo nel cuore e coloro che spargono la sedizione non smettono, ti faremo scendere in guerra contro di loro e rimaranno ben poco nelle tue vicinanze. Maledetti! Ovunque li si troverà saranno presi e messi a morte» (Cor. 33, 60-61). ... 4) Nessun ostacolo potrà essere frapposto alla diffusione delle informazioni e delle verità certe, a meno che dalla loro diffusione non nasca qualche pericolo per la sicurezza della comunità naturale e per lo Stato: «Quando giunge loro una notizia rassicurante o allarmante, essi la divulgano; se l’avessero riferita all’Inviato di Dio e a quelli di loro che detengono l’autorità, per domandare il loro parere avrebbero saputo se era il caso di accettarla, perché di solito si fa riferimento alla loro opinione» (Cor. 4,83).
Per quanto riguarda i diritti economici e quelli dei lavoratori, molto spazio viene dedicato alla trattazione, con una codifica simile, ma ben più articolata, a quella degli Artt. 23 e 24 della Dichiarazione delle Nazioni Unite:
Art. 15 - I diritti economici ... 6) Per assicurare una saggia direzione dell’attività economica e per garantirne il sano funzionamento, l’Islam proibisce:
- la frode in tutte le sue forme: «Chi viene per frodare non è dei nostri» ( hadīth );
- l’alea, la mancanza di informazione e tutto ciò che potrebbe suscitare conflitti che non si potrebbero definire oggettivamente: «Il Profeta* ha vietato la vendita con il getto della pietra7 e la transazione indefinita» ( khabar ), «Il Profeta* ha vietato [di vendere] l’uva prima che sia matura (nera) e il grano prima che maturi» ( khabar ); ... - la costituzione di un monopolio e qualsiasi concorrenza sleale... - l’usura e qualsiasi altro profitto che sfrutta la situazione di altrui svantaggio... - la pubblicità mendace e ingannatrice...
7) Il rispetto dei superiori interessi della Comunità islamica e la fedeltà ai valori dell’Islam costituiscono la sola limitazione possibile all’attività economica della società musulmana.
Quindi non è un diritto economico il prestito di denaro remunerato da un tasso di interesse, così come la vendita di un bene non ancora definito, come i futures.
Per quanto riguarda il rapporto tra i sessi, troviamo: Art. 19 - Il diritto di fondare una famiglia
1) Il matrimonio, nel quadro islamico, è un diritto riconosciuto a ogni essere umano. È la via che la Legge islamica ha riconosciuto legittima per fondare una famiglia, assicurarsi una discendenza e conservarsi casti... Ognuno degli sposi ha dei diritti e dei doveri nei confronti dell’altro che la legge islamica ha definito con esattezza: «Le donne hanno dei diritti pari ai loro obblighi, secondo le buone convenienze. E gli uomini hanno tuttavia una certa supremazia su di loro» (Cor. 2, 228). Il padre deve provvedere all’educazione dei figli, da un punto di vista fisico, morale e religioso, in conformità alla fede e alla sua Legge religiosa. Egli ha la responsabilità di scegliere la direzione che vuole dare alla loro vita: «Ognuno di voi è un pastore; ognuno di voi è responsabile del suo gregge» ...
dove si vede anche come solo al padre spetti il diritto di guidare i figli verso le loro scelte di vita ed, essendone responsabile, di metterle anche in discussione; inoltre la donna viene subordinata all'uomo de iure "secondo le buone convenienze".
[modifica] Considerazioni e annotazioni a margine
Va comunque notato come questa analisi, basata sul confronto tra i due testi effettuato da una persona, sebbene con scrupolo ed attenzione, è sempre, appunto, una interpretazione personale, e non esime, vista la delicatezza dell'argomento e le implicazioni socio-politiche, qualunque lettore dall'obbligo morale di dare una sua propria personale interpretazione e valutazione basata su una attenta e rigorosa lettura dei due testi.
Varrà anche la pena ricordare che il termine ḥadīth si riferisce alla tradizioni riconosciute valide dalla giurisprudenza e dalla teologia islamica e che costituiscono, raccolte nella Sunna, parte integrante - per quanto sottoposte alla primazia del Corano - della Sharīˁa, ossia la Legge religiosa cui si riferisce il testo suesposto. Il khabar invece è una "notizia" o "informazione" storica, rilevante ma non giuridicamente cogente come la Sharīˁa.
[modifica] Collegamenti esterni
• http://www.islamitalia.it/italia/diritti.html
• http://www.studiperlapace.it/view_news_html?news_id=20050107184105
• (EN) http://en.wikipedia.org/wiki/Cairo_Declaration_on_Human_Rights_in_Islam
• (EN) http://www1.umn.edu/humanrts/instree/cairodeclaration.html
Dichiarazione Universale
dei Diritti dell’Uomo nell’Islam

(Questa dichiarazione è stata proclamata
il 19 settembre 1981 presso l’UNESCO a Parigi)
Traduzione e note di Hamza R. Piccardo

PREAMBOLO
Da oltre quattordici secoli, l’Islam ha definito i Diritti dell’Uomo, nel loro insieme e nelle loro applicazioni, con una Legge divina. Tali diritti sono stati consolidati con un corollario di garanzie sufficienti ad assicurare la loro protezione. L’Islam ha plasmato la società che ha costruito, in conformità a principi e regole giuridiche che danno a questi diritti consistenza e stabilità.
L’Islam è l’ultimo dei Messaggi celesti, che il Signore dell’Universo ha fatto scendere sui Suoi Inviati — pace su di loro! — affinché li comunicassero a tutti gli uomini, per dirigerli e guidarli verso tutto ciò che garantisce loro una vita serena e dignitosa, dove regnano il diritto, il bene, la giustizia e la pace.
È per questo che i Musulmani hanno l’obbligo di estendere a tutti gli uomini l’invito ad abbracciare l’Islam (da’wa)1 per meglio adeguarsi all’ordine del loro Signore: «Sorga tra voi una comunità che inviti al bene, raccomandi le buone consuetudini e proibisca ciò che è riprovevole» (Corano 3, 104)2, per solidarizzarsi con tutta l’umanità e prestare un sincero contributo nell’intento di emendare il mondo dagli errori in cui si è perso e liberare i popoli da tutte le forme di oppressione che li angustiano.
È per questo che noi musulmani, pur nella diversità delle nostre origini etniche e geografiche,
• per la nostra condizione di servi di Dio, l’Unico, il Dominatore;
• per la nostra fede nel fatto che Egli è il Signore Sovrano di tutte le cose in questa vita terrena e nella vita eterna, che a Lui tutti ritorneremo e che solo Lui ha il diritto di guidare l’uomo verso il suo proprio bene e utilità, dopo averlo investito della Sua “luogotenenza” sulla terra e dopo aver messo al suo servizio tutto quello che esiste nell’Universo;
• per la nostra adesione al principio di unità dell’unica vera religione, la religione che hanno annunciato gli Inviati del nostro Signore, ognuno dei quali ha posto una pietra all’edificio comune che Iddio — esaltato sia il Nome Suo —ha coronato con la Missione di Muhammad*3, che fu come disse egli stesso «la pietra (ultima) e il sigillo dei Profeti» (hadith4 riferito dagli imam Bukhari e Muslim5);
• per la nostra convinzione che la mente umana non è in grado di concepire il percorso migliore dell’esistenza, se Iddio non la guida e non le concede la Sua rivelazione;
• per la chiara visione che abbiamo — illuminati dal nostro Libro degno di gloria — della posizione dell’uomo nell’Universo, del fine ultimo per il quale è stato creato e della sapienza che ha governato la sua creazione;
• per la nostra certezza che il Creatore ha colmato l’uomo della Sua Grazia concedendogli dignità, grandezza e preminenza su tutte le altre creature;
• per la conoscenza che abbiamo acquisito delle innumerevoli grazie di cui il Signore ha gratificato l’uomo;
• per la precisa concezione che abbiamo della Comunità Islamica, che incarna veramente l’unità dei musulmani nella varietà delle rispettive origini etniche e geografiche;
• per l’acuta conoscenza che abbiamo della corruzione e della situazione di peccato di cui soffre il mondo attuale;
• per la nostra ferma volontà di essere solidali nei confronti dell’intera società umana di cui facciamo parte;
• per la nostra decisione di realizzare la missione che ci è stata affidata di far giungere il Messaggio — responsabilità di cui l’Islam ci ha investiti — e per il nostro impegno a promuovere una vita migliore...
- una vita basata sulla virtù e libera da ogni vizio;
- una vita in cui l’aiuto reciproco sostituirà il rifiuto
dell’altro e la fratellanza prenderà il posto dell’inimicizia;
- una vita governata dalla cooperazione e dalla pace
piuttosto che dalla guerra e dai conflitti;
- una vita in cui l’uomo conoscerà finalmente il vero
senso della libertà, dell’eguaglianza, della fraternità,
della grandezza e della dignità, invece di soffocare
sotto il peso della schiavitù (‘ubudiyya) e della
discriminazione in nome della razza o della classe so-
ciale, della violenza e del disprezzo, una vita che
gli permetterebbe di assolvere alla sua vera missione
nel mondo: l’adorazione (‘ibada) del suo Creatore
— esaltato sia il Nome Suo — e realizzare la sua
opera di civiltà in tutto l’universo;
- una vita che permetterebbe all’uomo il godimento
delle grazie del suo Creatore e di esercitare la bontà
verso tutta l’umanità, poiché questa è la grande fami-
glia alla quale è legato dal profondo sentimento dell’u-
nità dell’origine comune, unità che ha generato gli
stretti rapporti di parentela tra tutti i figli di Adamo;

per tutto questo

noi musulmani, araldi dell’invito ad abbracciare la religione di Dio, all’alba del 15° secolo dell’Hegira6 proclamiamo questa Dichiarazione (Bayam) dei Diritti dell’Uomo, fatta in nome dell’Islam, a partire dal Corano nobilissimo e dalla purissima Tradizione profetica (Sunna)7.
Per queste loro origini, tali diritti hanno le caratteristiche di diritti eterni e non possono essere soppressi o corretti, abrogati o invalidati. Sono diritti indicati dal Creatore — lode a Lui — e nessuna creatura umana può annullarli o combatterli. Le garanzie che assicurano ad ognuno non possono essere cancellate né dalla volontà di un individuo che vi rinunciasse né dalla volontà di istituzioni che la società stessa ha creato, qualunque sia la loro origine e qualunque sia l’autorità di cui essa le avesse investite.
L’affermazione di questi diritti è condizione reale e preliminare per la costruzione di un’autentica società islamica:
1) una società in cui tutti gli uomini siano uguali, senza privilegi e senza discriminazioni tra gli individui a causa della loro origine, razza, sesso, colore, lingua e religione;
2) una società dove l’uguaglianza sia il titolo per godere dei diritti e sottostare ai doveri, uguaglianza che trova la sua fonte nell’unità della comune origine umana: «O uomini, vi abbiamo creato da un maschio e una femmina» (Cor. 49, 13) e nella nobiltà che il Creatore — esaltato sia il Nome Suo! — ha generosamente concesso all’umanità. «In verità abbiamo onorato i figli di Adamo, li abbiamo condotti sulla terra e sul mare e abbiamo concesso loro cibo eccellente e li abbiamo fatti primeggiare su molte delle Nostre creature» (Cor. 17, 70);
3) una società che costituisca la famiglia a suo nucleo fondamentale, circondandola della sua protezione, tenendola nella più alta considerazione e garantendole tutti i mezzi per la sua stabilità e il suo sviluppo.
4) una società in cui la libertà dell’uomo sia l’assoluto sinonimo del senso dato alla sua propria vita: libero dalla nascita, realizzerà se stesso in un clima di libertà, al riparo da ogni costrizione, da ogni pressione, da ogni svilimento e riduzione a una condizione di schiavitù;
5) una società in cui governanti e governati siano uguali davanti alla Legge islamica promulgata dal Creatore stesso — la Lode appartiene a Lui ! — senza privilegi e senza discriminazioni;
6) una società in cui il potere terreno sia considerato un «sacro pegno» affidato alla responsabilità dei governanti, affinché realizzino gli obiettivi definiti dalla Legge islamica e ciò con i mezzi stessi che questa Legge ha indicato per realizzare i suddetti obiettivi;
7) una società in cui ogni individuo creda che Iddio — e Lui solo — è il Padrone di tutto l’Universo, che tutto ciò che vi si trova è stato posto da Dio a servizio di tutte le creature come un dono della Sua generosità e nessuno potrà vantarne maggior diritto di un altro, e che ogni essere umano ha diritto ad una giusta parte di questo dono divino: «E vi ha sottomesso tutto quello che è nei cieli e sulla terra: tutto [proviene] da Lui» (Cor. 45, 13);
8) una società in cui le decisioni politiche sugli affari della Comunità islamica siano prese in base al principio della “consultazione” (shura) e dove le autorità incaricate di applicarle e di farle rispettare agiscano in conformità allo stesso principio: «coloro che [...] si consultano vicendevolmente su quel che li concerne» (Cor. 42, 38);
9) una società che offra a tutti parità di opportunità in modo tale che ogni individuo possa assumere delle responsabilità proporzionali alle sue capacità e alla sue attitudini, rispondendone, in questa vita, davanti alla comunità islamica e nell’altra vita davanti al suo Creatore: «Ognuno di voi è un pastore; ognuno di voi è responsabile del suo gregge» (hadith riferito nelle cinque sunan);
10) una società in cui governanti e governati si trovino su uno stesso piano di eguaglianza di fronte alla giustizia;
11) una società in cui ogni individuo vi si identifichi e senta quindi il diritto-dovere di denunciare alla giustizia (hisba) tutti coloro che abbiamo commesso un crimine contro i diritti della società stessa, sollecitando il sostegno degli altri uomini, che saranno quindi obbligati ad appoggiarlo non abbandonandolo nella difesa della giusta causa;
12) una società che rifiuti tutte le forme di oppressione e garantisca ad ogni individuo la sicurezza, la libertà, la dignità e la giustizia, tenuta com’è a difendere i diritti che la Legge di Dio ha attribuito agli uomini, impegnandosi ad applicare e badando a proteggere quegli stessi diritti che questa «Dichiarazione» proclama di fronte a tutto il mondo.
Note

1 Dawa: la chiamata, l’appello all’Islam.

2 I riferimenti coranici devono essere letti così: il primo numero in grassetto indica la Sura, l’altro, in chiaro, il versetto.

3 Con l’asterisco si sottintende l’eulogia “Pace e benedizione su di Lui” che ogni Musulmano fa seguire alla citazione di Muhammad, Inviato di Dio.

4 Hadith: letteralmente discorso, detto dell’Inviato di Dio*.

5 Bukhari e Muslim: i due maggiori e più noti tradizionalisti musulmani, le loro raccolte di hadith costituiscono il corpus sul quale si è formata la scienza giuridica e la giurisprudenza islamiche.

6 Hegira: emigrazione di Muhammad e dei primi musulmani da Mecca a Medina, per sfuggire alle persecuzioni dei pagani. A partire dall’anno dell’Hegira, il 622 dopo Cristo, è iniziata l’era islamica (il 1989 corrisponde al 1410 a causa di uno scarto fra l’anno solare di 365/366 giorni e quello lunare (musulmano) di 354 giorni.

7 Sunna: letteramente Tradizione, indica il complesso dei detti (hadith) di Muhammad* e quelli (khabar) dei suoi compagni e loro successori, in merito a questioni dottinali, liturgiche e comportamentali. Dopo il Sublime Corano è la seconda fonte di riferimento dei musulmani.

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In nome di Dio, il Compassionevole, il Misericordioso
Art. 1 - Il diritto alla vita
1) La vita dell’uomo è sacra (muqaddasa) e nessuno può arrecargli danno: «chiunque uccida un uomo che non abbia ucciso a sua volta o che non abbia sparso la corruzione sulla terra, sarà come se avesse ucciso l’umanità intera. E chi ne abbia salvato uno, sarà come se avesse salvato tutta l’umanità» (Cor. 5, 32). Questa sacralità della vita potrà essere annullata solo dall’autorità della Legge islamica in conformità alle disposizioni specifìcamente previste a questo riguardo.

2) L’esistenza fisica e morale dell’essere umano è una di-mensione inviolabile che la Legge Islamica protegge durante la vita e dopo la morte; egli ha diritto che la sua spoglia mortale sia trattata con tutti i riguardi dovuti alla sua dignità e alla sua nobiltà: «Se uno di voi dà sepoltura a suo fratello, lo faccia nella maniera migliore» (hadith), così come si deve sorvolare sugli errori del defunto e sui suoi difetti personali: «Non parlate male dei morti, perché essi sono già arrivati dove i loro gesti li hanno condotti» (hadith).
Art. 2 - Il diritto alla libertà
1) La libertà dell’uomo è sacra (muqaddasa) come la sua vita — questo è il primo attributo che la natura gli riconosce appena nasce: «Ogni bambino nasce conforme al suo stato naturale (fitra)» (hadith). Questa libertà si riferisce allo “statu quo ante” e deve essere mantenuta; nessuno è autorizzato a lederla: «Come potreste ridurre in schiavitù gli uomini che le loro madri hanno generato liberi?» (hadith).
Bisogna quindi prevedere un complesso di garanzie capaci di proteggere la libertà degli individui. Essi potranno essere costretti o limitati solo dall’autorità della Legge islamica conformemente alle disposizioni previste a questo proposito.

2) Nessun popolo ha il diritto di ledere la libertà di un altro popolo. Il popolo vittima di un’aggressione ha il diritto di respingerla e di riconquistare la libertà con tutti i mezzi adeguati. «Chi si difende per aver subìto un torto non incorre in nessuna sanzione» (Cor. 42, 41). La società internazionale ha il dovere di sostenere tutti i popoli che lottano per la loro libertà, e questo è, per i Musulmani, un obbligo su cui non potrebbero transigere: «A coloro che sono stati aggrediti è data l’autorizzazione [di difendersi], perché certamente sono stati oppressi» (Cor. 22, 39); «[Essi sono] coloro che quando diamo loro potere sulla terra, assolvono all’orazione, versano la decima, raccomandano le buone consuetudini e proibiscono ciò che è riprovevole» (Cor. 22, 41).
Art. 3 - Il diritto all’uguaglianza
1) Tutti gli uomini sono uguali di fronte alla legge islamica: «Non c’è nessuna superiorità di un arabo su un non-arabo, né di un non-arabo su un arabo, né di un rosso su un nero, né di un nero su un rosso, a parte la devozione» (hadith) L’applicazione di questa legge non tollera nessuna discriminazione tra gli individui: «Se Fatima, la figlia di Muhammad, rubasse, le farei tagliare la mano» (hadith), e riconosce a tutti la stessa sostanziale protezione: «Il più debole di voi per me è il più forte fintanto che non gli faccio riconoscere il suo buon diritto e il più forte di voi, per Me è il più debole fintanto che non lo conduco a riconoscere agli altri il loro buon diritto» (hadith kudsi)1.

2) Tutti gli uomini hanno uguale valore (qima) umano: «Discendete tutti da Adamo, ed egli è stato creato dalla polvere» (hadith kudsi) e solo le opere determinano l’eccellenza degli uni sugli altri: «Ci saranno gradi [di merito] per ciascuno di loro in base a quello che avranno fatto» (Cor. 46, 19). Qualunque ideologia, legge o situazione che propugnasse la segregazione tra gli uomini in base al sesso, la razza, il colore, la lingua o la religione, sarebbe assolutamente contraria a questo principio islamico generale.

3) A ciascun individuo spetta un diritto d’uso delle risorse materiali della società attraverso un lavoro che sceglie con pari opportunità rispetto agli altri uomini: «Egli è Colui che vi ha fatto remissiva la terra: percorretela in lungo e in largo, e mangiate della Sua provvidenza» (Cor. 67, 15). Non è permessa nessuna discriminazione salariale quando lo sforzo e il lavoro prodotto sono uguali sia quantitativamente che qualitativamente: «Chi avrà fatto [anche solo] il peso di un atomo di bene lo vedrà, e chi avrà fatto [anche solo] il peso di un atomo di male lo vedrà» (Cor. 99, 7/8).
Art. 4 - Il diritto alla giustizia
1) Ogni individuo ha diritto di essere giudicato in conformità alla Legge islamica e che nessun’altra legge gli venga applicata: «Se siete discordi in qualcosa, fate riferimento ad Allah e al Messaggero» (Cor. 4, 59); «Giudica dunque tra di loro secondo quello che Allah ha rivelato e non indulgere alle loro passioni» (Cor. 5, 49).

2) Ogni individuo ha il diritto di difendersi personalmente contro ogni ingiustizia che dovesse colpirlo: «Allah non ama che venga conclamato il male, eccetto da parte di colui che lo ha subìto» (Cor. 4, 148), e alla stessa maniera ha il dovere di proteggere gli altri contro ogni ingiustizia con tutti i mezzi a sua disposizione: «Che ognuno di voi vada in aiuto a suo fratello, sia che sia stato responsabile o vittima di un’ingiustizia: se ne è stato responsabile per biasimarlo e impedirgli di andare oltre, se ne è stato vittima per aiutarlo» (hadith). Ogni individuo ha il diritto di fare ricorso ad un’adeguata istanza dell’autorità islamica affinché questa gli assicuri protezione e giustizia e allontani da lui il danno e l’ingiustizia che lo affligge. Ogni governante musulmano ha il dovere di costituire una siffatta istanza fornendole adeguate garanzie di imparzialità e indipendenza: «L’imam dispone di legioni di difensori che militano dietro di lui e garantiscono la sua protezione» (hadith).

3) Ogni individuo ha il diritto — e il dovere — di difendere il diritto di ogni altro individuo e quello della sua comunità naturale (hisba): «Volete sapere qual è il migliore dei testimoni? È quello che si presenta a testimoniare prima gli sia richiesto» (hadith).

4) Nessuno può negare a un individuo, e per nessun motivo, il diritto di difendersi personalmente: «Chi ha diritto è autorizzato a parlare» (hadith). «Quando i due querelanti sono seduti davanti a te, non emettere la sentenza prima di ascoltare il secondo come hai ascoltato il primo: è il metodo migliore affinché alla fine scaturisca una sentenza giusta» (hadith).

5) Nessuno ha il diritto di costringere un Musulmano ad obbedire ad una legge che sia contraria alla Legge islamica. Il Musulmano ha il diritto di rifiutare a che gli ordina una simile empietà, chiunque esso sia: «Se al Musulmano viene ordinato di peccare, non è tenuto né alla sottomissione né all’obbedienza» (hadith). In tal caso ha diritto alla solidarietà della sua comunità naturale, che rifiuta ugualmente di ottemperare ad un tale ordine, per rispetto della verità: «Ogni Musul-mano è il fratello di tutti gli altri Musulmani, non potrebbe essere ingiusto nei suoi confronti, non potrebbe consegnarlo ad altri» (hadith).
Art. 5 - Il diritto ad un processo giusto
1) L’innocenza è condizione originaria: «Tutti i membri della mia Comunità sono innocenti, a meno che l’errore non sia pubblico» (hadith). Questa presunzione di innocenza corrisponde quindi allo «statu quo ante» e deve rimanere tale, anche nei confronti di un imputato, fino a che esso non sia stato definitivamente riconosciuto colpevole da un tribunale che giudichi con equità.

2) Nessuna accusa potrà essere rivolta se il reato ascritto non è previsto in un testo della Legge islamica: «Non castigheremo alcun popolo senza prima inviar loro un messaggero» (Cor. 17, 15). Il Mu-sulmano non potrà essere scusato se ignora quello che deve sapere della sua religione. Tuttavia, se viene provata, la sua ignoranza po-trà essere presa in considerazione come «subha» (caso dubbio)2 per evitargli l’applicazione della pena corporale: «Non ci sarà colpa per voi per ciò che fate inavvertitamente, ma per quello che i vostri cuori fanno volontariamente» (Cor. 33, 5).

3) Nessuno potrà essere ritenuto responsabile di un crimine e quindi condannato ad una pena fintanto che la sua colpevolezza non sia stata accertata in base a prove irrefutabili e definitive, da-vanti a un tribunale in possesso di tutte le necessarie prerogative giuridiche e giudiziarie: «O credenti, se un malvagio vi reca una notizia, verificatela, affinché non portiate, per disinformazione, pregiudizio a qualcuno» (Cor. 49, 6); «La congettura non può nulla contro la verità» (Cor. 53, 28).

4) In nessun caso potranno essere inflitte pene più gravose di quelle previste dalla Legge islamica per ogni specifico crimine: «Ecco i limiti di Allah, non li sfiorate» (Cor. 2, 229). Uno dei princìpi della Legge islamica esige che si tenga conto delle circostanze attenuanti e del contesto in cui è stato commesso il crimine, e questo per evitare le pene previste dalla Legge: «Evitate ai Musulmani l’applicazione delle pene previste fino a che potrete farlo. Se trovate qualche scappatoia in favore dell’accusato rendetegli la libertà» (hadith).

5) Nessuno potrà essere ritenuto responsabile degli altrui crimini: «Nessuno porterà il peso di un altro» (Cor. 17, 15). Ogni essere umano è autonomamente responsabile delle sue azioni: «Ognuno è pegno di quello che si sarà guadagnato» (Cor. 52, 21). In nessun caso potranno essere attribuite le sue responsabilità ai suoi parenti, alleati, servitù e amici: «Ci guardi Allah dal prendere altri che colui presso il quale abbiamo ritrovato i nostri beni, ché in tal caso saremmo ingiusti!» (Cor. 12, 79).
Art. 6 - Il diritto alla protezione contro l’abuso di potere
Ogni individuo ha il diritto di essere protetto dall’abuso di potere. Nessuno potrà pretendere che fornisca spiegazioni su uno qualsiasi dei suoi atti, o una qualsiasi sua situazione, e non gli si potrà rivolgere la minima accusa se questa non sia basata su fondate convinzioni che presuppongano il suo coinvolgimento nei misfatti che gli sono contestati: «E quelli che ingiustamente offendono i credenti e le credenti si fan carico di calunnia e di evidente peccato» (Cor. 33, 58).
Art. 7 - Il diritto alla protezione dalla tortura
Nessuna persona ritenuta colpevole o sospettata di un delitto potrà essere sottoposta alla tortura: «Iddio torturerà (nell’ Al di Là) quelli che avranno torturato in questo mondo» (hadith), e nessuno potrà essere costretto ad ammettere un crimine che non ha commesso: tutto quello che è estorto con la costrizione è giuridicamente nullo: «Iddio perdona ai membri della mia Comunità tutte le sviste e le dimenticanze e tutto ciò che hanno fatto subendo una costrizione» (hadith). Qualunque sia il crimine commesso dall’individuo e qualunque sia la pena prevista dalla Legge islamica, la dignità dell’uomo e la sua nobiltà di «figlio di Adamo» devono essere sempre rispettate.
Art. 8 - Il diritto di ogni individuo alla protezione del suo onore e della sua reputazione
L’onore e la reputazione di un individuo sono valori sacri che nessuno è autorizzato a profanare: «Il vostro sangue, i vostri beni e il vostro onore sono inviolabili come lo sono questo giorno che state vivendo, questo mese che state trascorrendo, questa contrada nella quale vi trovate» (hadith). È vietato indagare sulla sua vita privata e cercare di diffamare la sua personalità psichica e morale: «Non vi spiate e non sparlate gli uni degli altri» (Cor. 49, 12); «Non diffamatevi a vicenda e non datevi nomignoli» (Cor. 49, 11).
Art. 9 - Il diritto d’asilo
1) Ogni Musulmano vittima di una persecuzione o di un’ingiustizia ha il diritto di rifugiarsi nel luogo in cui potrà essere sicuro all’interno delle frontiere della «Casa dell’Islam» (Dar al Islam)3. Questo è un diritto che l’Islam garantisce a tutti coloro che soffrono una persecuzione, di qualunque nazionalità, fede o colore. I Musulmani hanno il dovere di offrir loro protezione quando essi chiedono asilo: «E se qualche associatore ti chiede asilo, concediglielo affinché possa ascoltare la Parola di Allah, e poi rimandalo in sicurezza» (Cor. 9, 6).

2) La Sacra Casa di Dio che si trova alla Mecca, è un luogo di rifugio e di sicurezza per tutti gli uomini, e nessun Musulmano potrebbe opporsi a ciò: «Chi vi entra è al sicuro» (Cor. 3, 97); «Fa-cemmo della Casa un luogo di riunione e un rifugio per gli uomini» (Cor. 2, 125); «Chi vi risiede e chi vi si reca sono uguali» (Cor. 22, 25).
Art. 10 - I diritti delle minoranze
1) La condizione religiosa delle minoranze è fondata sul principio coranico: «Non c’è costrizione nella religione» (Cor. 2, 256).

2) La personalità civile e quella privata delle minoranze sono stabilite dalla Legge dell’Islam se i loro membri si rivolgono a noi per essere giudicati: «Se vengono da te, sii arbitro tra loro o allontanati. E se ti allontanerai, non potranno mai nuocerti in nulla. Se giudichi, fallo con giustizia» (Cor. 5, 42). Se non vorranno ricorrere al nostro giudizio, hanno l’obbligo di applicare le loro leggi religiose (sciara?i), in quanto esse, dal loro punto di vista, hanno un’origine divina: «Come mai potranno sceglierti come giudice, quando hanno la Torâh con il giudizio di Allah e dopo di ciò volgere le spalle?» (Cor. 5, 43); «Giudichi la gente del Vangelo in base a quello che Allah ha fatto scendere» (Cor. 5, 47).
Art. 11 - Il diritto a partecipare alla vita pubblica
1) Ogni individuo, membro della Comunità islamica, ha il di-ritto di essere informato su tutte le questioni che riguardano la vita della sua Comunità. Ha anche il dovere di partecipare, in base alle sue capacità e le sue inclinazioni, in conformità al principio della libera “consultazione” (sciura): «Coloro che si consultano vicendevolmente su quel che li concerne» (Cor. 42, 38). Ogni individuo membro della comunità islamica ha il diritto di assumere cariche e funzioni pubbliche, a condizione di possedere le necessarie capacità previste dalla Legge islamica. Questa idoneità non potrà essere li-mitata o diminuita in base a considerazioni attinenti la razza o la classe sociale: «Lo stesso sangue scorre in tutti i Musulmani, è per questo che saranno un tutto unico di fronte a chi volesse nuocere anche alla persona più umile che si sia messa sotto la loro protezione» (hadith).

2) Il principio della “libera consultazione” (sciura) sta alla base dei rapporti tra chi governa e la Comunità islamica. Essa ha il diritto di scegliere liberamente chi dovrà governarla, in conformità a questo principio. Essa ha il diritto di chiedere conto a coloro che la governano e di destituirli se si dovessero allontanare dalla Legge islamica: «Sono stato nominato vostro capo quando ancora non ci co-noscevamo. Se mi vedete nella verità sostenetemi; se mi vedete nell’errore, correggetemi. Obbeditemi fintanto che obbedirò a Dio e al Suo Inviato. Se dovesse succedermi di disobbedire loro, non potrò più chiedere di essere obbedito» (khabar)4.
Art. 12 - Il diritto alla libertà di pensiero, di fede e di parola
1) Ogni persona ha il diritto di pensare e di credere, e di esprimere quello che pensa e crede, senza intromissione alcuna da parte di chicchessia, fino a che rimane nel quadro dei limiti generali che la Legge islamica prevede a questo proposito. Nessuno infatti ha il diritto di propagandare la menzogna o di diffondere ciò che potrebbe incoraggiare la turpitudine o offendere la Comunità islamica: «Se gli ipocriti, coloro che hanno un morbo nel cuore e coloro che spargono la sedizione non smettono, ti faremo scendere in guerra contro di loro e rimaranno ben poco nelle tue vicinanze. Maledetti! Ovunque li si troverà saranno presi e messi a morte» (Cor. 33, 60-61).

2) Il libero pensiero che si applica alla ricerca della verità, non gode solo del diritto di farlo ma obbedisce anche ad un dovere: «Di’: “Ad una sola [cosa] vi esorto: state ritti per Allah, a coppie o singolarmente, e riflettete”» (Cor. 34, 46).

3) Ogni individuo ha il diritto e il dovere di proclamare che rifiuta e disapprova l’ingiustizia, e di combatterla senza temere di sfidare un potere che abusa della sua autorità, un governo che agisce iniquamente o un sistema tirannico. È questo il migliore «ji-had»5: «Chiesero all’Inviato di Dio: “qual è il miglior jihad?”. Rispose: “È proclamare la verità di fronte a un sovrano ingiusto”» (hadith).

4) Nessun ostacolo potrà essere frapposto alla diffusione delle informazioni e delle verità certe, a meno che dalla loro diffusione non nasca qualche pericolo per la sicurezza della comunità naturale e per lo Stato: «Quando giunge loro una notizia rassicurante o allarmante, essi la divulgano; se l’avessero riferita all’Inviato di Dio e a quelli di loro che detengono l’autorità, per domandare il loro parere avrebbero saputo se era il caso di accettarla, perché di solito si fa riferimento alla loro opinione» (Cor. 4,83).

5) Rispettare i sentimenti di coloro che, in materia religiosa, hanno opinioni diverse, è una delle virtù del Musulmano. Nessuno potrà quindi ridicolizzare le credenze degli altri o destare inimicizia sociale nei loro confronti: «Non insultate coloro che essi invocano all’infuori di Allah, ché non insultino Allah per ostilità e ignoranza. Abbiamo reso belle [agli occhi di ogni comunità] le loro proprie azioni. Ritorneranno poi tutti verso il loro Signore» (Cor. 6, 108).
Art. 13 - Il diritto alla libertà religiosa
Ogni individuo ha piena libertà di fede e di pratica religiosa conforme alla fede: «A voi la vostra religione, a me la mia» (Cor. 109, 6).
Art. 14 - Il diritto all’invito all’Islam (da?wa) e di far conoscere (balag) il suo Messaggio.
1) Ogni individuo ha il diritto di partecipare, solo o con altri, alla vita della sua comunità naturale, sul piano religioso, culturale, politico etc., così come ha il diritto di dar vita a istituzioni e dotarsi dei mezzi necessari all’esercizio di tale diritto: «Di’: “Ecco la mia via: invito ad Allah in tutta chiarezza, io stesso e coloro che mi seguono. Gloria ad Allah, non sono uno dei politeisti”» (Cor. 12, 108).

2) Ogni individuo ha il diritto e il dovere di «raccomandare il bene e condannare il male», e di esigere dalla società che crei le istituzioni che gli permettano di assumersi questa responsabilità per concorrere meglio alla realizzazione del bene e della pietà: «Possiate formare una Comunità che esorti gli uomini al bene: ordini quello che è lecito e proibisca l’ingiustizia» (Cor. 3, 104); «Incoraggiatevi l’un l’altro alla pietà e al timore di Dio» (Cor. 5, 2); «Quando gli uomini assistono ad un’ingiustizia senza reagire, Dio è pronto a colpirli tutti quanti con il Suo castigo» (hadith).
Art. 15 - I diritti economici
1) La natura (tabia), con tutte le sue ricchezze, appartiene a Dio — esaltato sia il Nome Suo —: «La sovranità sui cieli e sulla terra e su tutto quello che comprendono, appartiene a Dio» (Cor. 5, 120). Egli l’ha donata agli uomini e ha dato loro il diritto di usarla: «Ha messo a vostra disposizione quello che si trova nei cieli e sulla terra. Tutto viene da Lui» (Cor. 45, 13). Ha proibito di corromperla e di distruggerla: «Non defraudate gli uomini dei loro averi e non commettete violenze sulla terra corrompendola» (Cor. 26, 183). Nessuno ha il diritto di monopolizzarla e ledere il diritto d’uso di cui gli altri uomini dispongono per procurarsi i mezzi di sussistenza: «I doni del tuo Signore non sono negati a nessuno» (Cor. 17, 20).

2) Tutti gli uomini hanno il diritto di lavorare e produrre per assicurarsi la sopravvivenza con tutti i mezzi riconosciuti leciti dalla Legge: «Non c’è animale sulla terra a cui Dio non provveda» (Cor. 11, 6); «Camminate dunque sulla sua estensione [della terra] e mangiate ciò che Iddio vi accorda per la vostra sopravvivenza» (Cor. 67, 15).
3) La proprietà privata è legittima, sia essa individuale o in partecipazione comunitaria e di conseguenza ogni essere umano ha il diritto di appropriarsi di tutto ciò che ha acquisito con il suo sforzo e il suo lavoro: «In verità è Lui che provvede ai bisogni dell’uomo e che lo arricchisce» (Cor. 53, 48).
Anche la proprietà pubblica è legittima e deve essere finalizzata all’interesse generale della Comunità islamica nel suo insieme: «Il bottino che Dio ha concesso al Suo Messaggero sulle genti delle città, appartiene a Dio, al Suo Messaggero, alla sua famiglia, agli orfani, ai poveri, ai viandanti, affinché non sia attribuito a quelli di voi che sono già ricchi» (Cor. 59, 7).

4) Nella Comunità islamica i poveri hanno un preciso diritto sui beni dei ricchi, diritto codificato dall’istituzione della «Zakat»6 (l’elemosina legale): «[...] quelli che sui loro beni prelevano una parte obbligatoria a favore del mendicante e di chi è sprovvisto di ogni cosa» (Cor. 70, 24/25). Questo è un diritto che nessuno potrebbe diminuire o abolire, o anche solo sottomettere all’autorizzazione di coloro che governano, anche se per applicarlo fosse necessario combattere apertamente coloro che vi si oppongono: «Giuro in Nome di Dio che se qualcuno mi rifiutasse il tributo che versava all’Inviato di Dio*, li combatterò fino a che non pagheranno tutto il dovuto (khabar) di Abu Bakr — che Iddio sia soddisfatto di lui)».

5) Mettere a disposizione della Comunità islamica le fonti di ricchezza e i mezzi di produzione è un obbligo che nessuno può trascurare o minimizzare: «Nessun pastore, al quale Dio ha affidato la cura di un gregge e che egli non lo abbia circondato della sua più solerte attenzione, non sentirà il profumo del Paradiso» (hadith). D’altra parte nessuno può sfruttare le risorse della terra in un modo che la Legge islamica proibisce o che potrebbe nuocere all’interesse generale della comunità naturale.

6) Per assicurare una saggia direzione dell’attività economica e per garantirne il sano funzionamento, l’Islam proibisce:
- la frode in tutte le sue forme: «Chi viene per frodare non è dei nostri» (hadith);
- l’alea, la mancanza di informazione e tutto ciò che potrebbe suscitare conflitti che non si potrebbero definire oggettivamente: «Il Profeta* ha vietato la vendita con il getto della pietra7 e la transazione indefinita» (khabar), «Il Profeta* ha vietato [di vendere] l’uva prima che sia matura (nera) e il grano prima che maturi» (khabar);
- lo sfruttamento e la frode reciproca nelle operazioni di scambio di prodotti: «Guai ai frodatori! Quando comprano esigono dagli altri misure ben piene; quando misurano o pesano per gli altri truffano» (Cor. 83, 1/3);
- la costituzione di un monopolio e qualsiasi concorrenza sleale: «Solo il peccatore monopolizza» (hadith);
- l’usura e qualsiasi altro profitto che sfrutta la situazione di altrui svantaggio: «Dio ha permesso la vendita e ha proibito l’usura»8 (Cor. 2, 275);
- la pubblicità mendace e ingannatrice: «Le due parti di una transazione hanno il diritto di opzione fino a che non si siano separate: se sono sinceri e onesti il loro contratto è benedetto da Dio, se invece sono bugiardi e truffatori, il loro commercio non sarà benedetto» (hadith).

7) Il rispetto dei superiori interessi della Comunità islamica e la fedeltà ai valori dell’Islam costituiscono la sola limitazione possibile all’attività economica della società musulmana.
Art. 16 - Il diritto alla protezione della proprietà
Non si può espropriare un individuo della proprietà che ha acquisito con mezzi leciti a meno che ciò non avvenga per ragioni di interesse generale: «Non consumate tra voi le vostre sostanze» (Cor. 2, 188); in caso di esproprio motivato deve essere versato un congruo indennizzo: «Chi, in questa vita, si approprierà di una terra sul quale non ha nessun diritto, nel Giorno della Resurrezione si vedrà sepolto sotto di essa, fino ad avere sopra di sé sette Terre» (hadith). Il carattere di inviolabilità della proprietà pubblica è ancora maggiore e le pene riservate a chiunque la danneggi sono, di conseguenza, più severe, in quanto è un pregiudizio che colpisce tutta la comunità naturale e un’empietà contro la Comunità islamica nel suo insieme: «Chi viene assunto per un certo lavoro e ci deruba fosse anche solo del valore di un ago, sarà considerato un truffatore e dovrà renderne conto nel Giorno della resurrezione» (hadith); «Un giorno gli dissero: “O Inviato di Dio, il tale è morto martire”. “Invece no!”, rispose. “L’ho visto all’Inferno avvolto in un mantello che aveva rubato” e poi disse: “Umar, alzati e proclama: ‘solo i veri credenti entreranno in Paradiso’ (tre volte)”» (hadith).
Art. 17 - I diritti e i doveri dei lavoratori
Il lavoro è un ideale che l’Islam ha elevato nella società che ha voluto costruire: «Di’: “Agite”» (Cor. 9, 105). E, se è vero che ogni lavoro deve essere fatto nel migliore dei modi: «Chi deve eseguire un lavoro lo faccia bene: ecco quello che Dio ama» (hadith), è altrettanto vero che ogni lavoratore gode di questi diritti:
a) ricevere il salario relativo alla sua fatica, senza limitazioni e senza ritardi: «Pagate l’operaio prima che gli si sia asciugato il sudore sulla fronte!» (hadith);
b) godere di un reddito che gli permetta una vita decente, proporzionalmente allo sforzo compiuto: «Ci saranno dei livelli diversi per ognuno di loro, in base a quello che hanno fatto» (Cor. 46, 19);
c) godere del rispetto per la sua persona da parte di tutta la società: «Agite! Iddio vedrà le vostre azioni, e così il Suo Inviato e gli altri credenti» (Cor. 9, 105); «Dio ama il credente che esercita una professione» (hadith);
d) essere protetto da ogni inganno e ogni sfruttamento: «Dice Iddio: ci sono tre generi di individui di cui sarò nemico nel Giorno della Resurrezione: chi inganna gli altri giurando in Mio Nome, chi vendendo un bene a un uomo libero froda sul prezzo, chi assume un lavoratore e rifiuta di pagarlo dopo che quello ha compiuto il lavoro stabilito» (hadith Kudsi).
Art. 18 - Il diritto dell’individuo ad avere la sua giusta parte dei beni necessari alla vita
Ogni individuo ha il diritto di avere una giusta parte dei beni necessari alla vita: cibo, bevande, abbigliamento, alloggio e tutte le cure richieste per il mantenimento della sua salute fisica e tutti i beni necessari alla sua salute morale e materiale: scienza, conoscenza e cultura, all’interno del quadro che viene proposto dalle risorse della Comunità Islamica. L’obbligo, che in questo settore ricade su di essa, comprende tutti i beni che l’individuo non potrebbe procurarsi in maniera autonoma: «Il Profeta è più legato ai credenti che loro a loro stessi» (Cor. 33, 6).
Art. 19 - Il diritto di fondare una famiglia
1) Il matrimonio, nel quadro islamico, è un diritto riconosciuto a ogni essere umano. È la via che la Legge islamica ha riconosciuto legittima per fondare una famiglia, assicurarsi una discendenza e conservarsi casti: «O uomini! Temete il vostro Signore che vi ha creati da un solo essere, poi da esso ha creato la sua sposa e da questa coppia ha generato un gran numero di uomini e di donne» (Cor. 4, 1). Ognuno degli sposi ha dei diritti e dei doveri nei confronti dell’altro che la Legge islamica ha definito con esattezza: «Le donne hanno dei diritti pari ai loro obblighi, secondo le buone convenienze. E gli uomini hanno tuttavia una certa supremazia su di loro» (Cor. 2, 228). Il padre deve provvedere all’educazione dei figli, da un punto di vista fisico, morale e religioso, in conformità alla fede e alla sua Legge religiosa. Egli ha la responsabilità di scegliere la direzione che vuole dare alla loro vita: «Ognuno di voi è un pastore; ognuno di voi è responsabile del suo gregge» (hadith).

2) Ognuno degli sposi ha diritto al rispetto dell’altro e alla considerazione dei sentimenti che prova e della funzione che assolve, in un clima di amicizia e di misericordia reciproci: «Uno dei Suoi Segni è che Egli ha creato da voi stessi delle spose affinché riposiate con loro, e ha voluto l’amore e la compassione tra di voi» (Cor. 30, 21).

3) Il marito ha l’obbligo di assicurare il mantenimento (nafaqa) alla moglie e ai figli senza lesinare per avarizia: «Chi ha mezzi abbondanti provveda con larghezza. Chi possiede solo lo stretto necessario dia in proporzione a ciò che Dio gli ha concesso» (Cor. 65, 7).

4) Ogni bambino ha il diritto di essere educato, istruito e preparato alla vita nel migliore dei modi possibile, da parte dei suoi genitori: «Di’: “Mio Signore, sii misericordioso verso di loro come loro lo sono stati verso di me, allevandomi quando ero bambino”» (Cor. 17,24). Non si devono far lavorare i bambini in tenera età, e non gli si devono imporre incombenze troppo gravose, ostacolando la loro crescita fisica e annullando il loro diritto al gioco e allo studio.

5) Se i genitori non hanno la possibilità di far fronte alle esigenze del bambino, la responsabilità su di lui viene assunta dalla società e, in tal caso, il suo mantenimento è a carico della “Cassa comune” (Bayt al-mal) dei Musulmani (il Pubblico Erario): «Sono per ogni credente, un alleato piu legato a loro che loro stessi: se qualcuno di voi morisse lasciando un debito o un familiare senza risorse, saranno a mio carico. Se invece lascia qualche bene, spetteranno ai suoi eredi» (hadith).

6) Ogni membro della famiglia ha diritto a ricevere quello che gli permette di far fronte ai suoi bisogni: beni materiali, protezione, affetto, già dalla sua prima infanzia e anche quando è vecchio e inabile. I genitori hanno il diritto di esigere, dai loro figli, che assolvano al dovere di mantenerli e di occuparsi di loro fisicamente e moralmente: «La tua persona e i tuoi beni appartengono a tuo padre» (hadith).

7) La condizione materna ha il diritto di essere circondata di particolari premure da parte di tutta la famiglia: «“O Inviato di Dio*”, gli chiesero, “qual è la persona a cui devo maggior assistenza?”. “Tua madre” rispose. “E dopo di lei?”. “Tua madre” rispose ancora. “E dopo chi?”. Per la terza volta rispose: “Tua madre”, e aggiunse: “e poi tuo padre”» (hadith).

8) Le responsabilità della famiglia sono suddivise (sciarika) tra i tutti i suoi membri, ognuno nella misura delle sue forze e delle caratteristiche della sua costituzione. È una responsabilità che va ben al di là del semplice rapporto tra genitori e figli: comprende tutti i parenti sia uomini che donne: «“O Inviato di Dio*, chi è la persona più degna del mio rispetto?”. “È tua madre”, rispose, “ancora tua madre e sempre tua madre; poi tuo padre e gli altri parenti in ordine decrescente”» (hadith).

9) I figli, sia maschi che femmine, non potranno essere costretti al matrimonio con una persona per la quale non sentono inclinazione: «Una giovane serva, ancora vergine, venne dal Profeta* a protestare perché suo padre l’aveva sposata contro la sua volontà. L’Inviato di Dio * le riconobbe il diritto di opzione (hiyar)» (hadith).
Art. 20 - I diritti della donna sposata
La donna sposata gode dei seguenti diritti:
a) vivere con il marito dove egli ha fissato il suo domicilio: «Fate abitare le vostre donne nel luogo in cui vivete» (Cor. 65, 6);
b) essere mantenuta, secondo il buon uso, fintanto che dura il matrimonio, e durante il periodo di ritiro legale9 (idda) consecutivo alla rottura in caso di ripudio (talaq): «Gli uomini hanno autorità sulle donne in virtù della preferenza che Iddio ha loro concesso su quelle, e a causa delle spese che sostengono per il loro mantenimento» (Cor. 4, 34); «Se sono incinte provvedete ai loro bisogni fino al momento del parto» (Cor. 65, 6); inoltre devono ricevere dal padre le spese di mantenimento dei figli che sono stati loro affidati (hadana) sempre in proporzione ai suoi redditi: «Se allattano un figlio vostro, versate loro un compenso» (Cor. 65, 6);
c) la donna sposata ha diritto al mantenimento quale che sia la sua situazione finanziaria e ricchezza personale;
d) la donna sposata ha diritto di sollecitare dal suo sposo un accordo amichevole per mettere fine al vincolo matrimoniale che li unisce, versando un riscatto (hul): «Se temete di non potere obbedire alle Leggi di Dio, non sarà male per nessuno dei due se la sposa offre un riscatto» (Cor. 2, 229). Inoltre ha il diritto di presentarsi di fronte alla giustizia per chiedere il divorzio nel quadro delle norme previste dalla Legge islamica;
e) la donna sposata ha diritto all’eredità di suo marito insieme ai di lui genitori, figli e parenti stretti: «se non avete figli, alle vostre spose spetta un quarto di quello che lascerete. Se avete un figlio spetterà loro un ottavo» (Cor. 4, 12);
f) gli sposi hanno il dovere della reciproca riservatezza, di non divulgare nulla dei loro segreti intimi, di non denunciare i difetti fisici e le debolezze morali. Questo diritto deve essere particolarmente rispettato durante e dopo il ripudio o il divorzio: «Non dimenticate la generosità gli uni verso gli altri» (Cor. 2, 237).
Art. 21 - Il diritto all’educazione
1) I bambini hanno il diritto di ricevere dai loro genitori un’educazione sana, e i genitori devono essere trattati con pietà filiale e cortesia: «Il tuo Signore ha ordinato che non adoriate altri che Lui, e ha prescritto la bontà verso vostro padre e vostra madre. Se uno di loro o entrambi diventano vecchi presso di te non dir loro “uff”, non li rimproverare, parla loro con dolcezza. Inclina verso di loro, con bontà, l’ala della tenerezza e di’: “Signore! Abbi pietà di loro come l’hanno avuta con me allevandomi quando ero bambino”» (Cor. 17, 23/24).

2) L’istruzione è un diritto per tutti. La ricerca della conoscenza è anche un obbligo per tutti, uomini e donne: «La ricerca della conoscenza è un precetto divino imposto a tutti i Musulmani e a tutte le Musulmane» (hadith). Chi non ha istruzione può esigere che colui che è istruito gli comunichi il suo sapere: «Quando Dio stipulò l’alleanza con coloro ai quali è stata data la Scrittura, disse loro: “Lo spiegherete agli uomini, non lo nasconderete”, ma essi lo gettarono dietro le loro spalle, e lo vendettero a vil prezzo. Che affare detestabile!» (Cor. 3, 187); «Che il testimone riferisca a chi era assente» (hadith).

3) La società ha l’obbligo di garantire ad ogni individuo pari opportunità per istruirsi e svilupparsi: «Quando Dio ama qualcuno, gli concede inclinazione per le scienze religiose. Io non faccio altro che diffonderle, ma è Dio — esaltato sia il Nome Suo — che le dà» (hadith). Ogni individuo ha il diritto di scegliere quello che risponde meglio alle sue attitudini e capacità: «Ognuno riesce in ciò per cui è stato creato!» (hadith).
Art. 22 - Il diritto di ognuno alla protezione della vita privata
I segreti più profondi degli esseri umani possono essere conosciuti solo dal loro Creatore: «Non ho penetrato i segreti del suo cuore?» (hadith). La loro vita privata è un sacro bene che nessuno è autorizzato a violare: «Non spiatevi» (Cor. 49, 12); «Voi che avete proclamato il vostro Islam con le labbra mentre il vostro cuore è ancora ribelle alla fede, non danneggiate i Musulmani, non copriteli di vergogna e non andate a svelare le loro nudità. Iddio metterà a nudo chi cerca di mettere a nudo suo fratello Musulmano; e quello di cui Dio svelerà la nudità la vedrà esposta a tutti, fosse anche nel profondo della sua tomba» (hadith).
Art. 23 - Il diritto alla libertà di movimento e di residenza
1) Ogni individuo ha diritto al movimento e agli spostamenti a partire dal luogo della sua residenza, per poi ritornarvi. Ha il diritto di viaggiare, di emigrare lontano dal suo paese e di ritornarvi in seguito senza che gli vengano posti limiti e ostacoli: «È Lui che vi ha sottomesso la terra. Camminate dunque sulla sua estensione e mangiate ciò che Iddio vi accorda per la vostra sopravvivenza» (Cor. 67, 15); «Di’: “Viaggiate sulla terra, vedrete quale è stata la fine dei calunniatori”» (Cor. 6, 11); «La terra di Dio non è abbastanza vasta per permettervi di emigrare?» (Cor. 4, 97).

2) Nessuno può costringere un individuo a lasciare il suo paese o ad allontanarsene, se non ci sia un valido motivo previsto dalla Legge islamica: «Ti chiederanno della guerra durante i mesi sacri; di’: “Combattere in questi mesi è un grave peccato, ma distogliere gli uomini dalla via di Dio, essere empi nei Suoi confronti e verso la sacra Ka’aba, cacciare i suoi abitanti, tutto questo davanti a Dio è ancora più grave”» (Cor. 2, 217).

3) La “Casa dell’Islam” (Dar al-Islam) è una sola. È la patria di ogni Musulmano: nessuno può ostacolare i suoi spostamenti con barriere geografiche o frontiere politiche. Ogni paese musulmano ha il dovere di accogliere il Musulmano che vi emigri o vi giunga, come un fratello accoglie un altro fratello: «Quelli che si erano stabiliti prima di loro in questa dimora e nella fede, amano coloro che emigrano verso di loro. Non sentono nel cuore nessuna invidia per quello che è stato dato a questi emigrati. Li preferiscono a loro stessi nonostante la loro povertà. Quelli che si proteggono dalla loro stessa avarizia, quelli saranno i fortunati» (Cor. 59, 9).

Sia Lode a Dio Signore del creato


Note

1 Hadith kudsi: lett. “Discorso Santo”, è l’insieme delle rivelazioni date da Dio — Esaltato sia il Nome Suo dal Profeta Muhammad* — che però, per ordine divino, non fanno parte del Corano.

2 Questa è una caratteristica estremamente garantista della legislazione islamica: l’assoluta certezza della prova e l’assenza di qualsiasi dubbio sono indispensabili per l’applicazione della pena.

3 La Casa dell’Islam è un concetto politico-teologico in base al quale per i musulmani non esistono frontiere e Stati che possano separare i credenti. Ogni luogo abitato da musulmani è la casa del credente.

4 Khabar: racconto di un episodio della vita del Profeta Muhammad* fatto da uno dei suoi Compagni (Sahaba) o da uno dei Successori (Tabi’in).

5 Jihad: lo sforzo sulla via di Dio. È un obbligo per tutti i musulmani puberi e sani di mente, nelle condizioni previste dalla Legge Islamica.

6 Zakat: elemosina legale, decima. Il radicale trilittere che sta alla base di questa parola implica un concetto di purificazione: purificazione dei beni materiali, attraverso il riconoscimento dei diritti dei poveri e della comunità sui propri beni. Il pagamento della Zakat, insieme alla «shahada» (affermazione dell’unicità di Dio e della missione profetica di Mu-hammad), la «salah» (preghiera rituale, cinque volte al giorno), «saum ramadan» (il digiuno diurno durante il mese di Ramadan) e l’«hajj» (il pellegrinaggio alla Santa Ka’aba alla Mecca), costituisce la struttura (i pilastri) dell’Islam.

7 Sta ad indicare una vendita aleatoria o in cui le condizioni non siano state sufficientemente definite.

8 Usura (Riba): con questo termine si intendono l’interesse sul denaro, le transazioni scorrette sui prodotti alimentari e sui metalli preziosi e tutte le forme di speculazione commerciale scorrette.

9 Idda: il ritiro legale che la donna deve osservare in seguito a vedovanza o divorzio; dura da uno a quattro mesi, a seconda della condizione della donna e della ragione che l’ha determinata.


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In verità nella creazione dei cieli e della terra
e nell'alternarsi della notte e del giorno
ci sono certamente segni per coloro che hanno intelletto
(Corano Al-'Imran III, 190)
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Edizioni Al Hikma

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