Risultato: famiglie e ragazzi si trovano di fronte ad un vero e proprio labirinto. Che fare? Che cosa scegliere?
Data: Giovedì, 11 gennaio 2007 ore 15:45:16 CET
Argomento: Istituzioni Scolastiche


dal " Messaggero " di ANNA MARIA SERSALE

ROMA -  Un dilemma di non facile soluzione, le cui ragioni storiche affondano nell’eterna diatriba che agita l’Italia: è preferibile la formazione umanistico letteraria o, invece, quella tecnico-scientifica? Seneca o Galileo? Virgilio o Einstein? Certo, parliamo dei due canali blasonati dell’istruzione, quelli che fino al Sessantotto sono stati gli unici che davano l’ammissione all’università. Poi, con il vento della contestazione, tutti gli indirizzi sono stati abilitati ad aprire le porte delle facoltà.
Ma quali sono le differenze tra i due licei? A chi vanno le preferenze? Lo scientifico sta registrando un vero e proprio boom. Le élite, comunque, mandano i loro figli al classico. Gli riconoscono un primato, quello di una scuola che forma «i cervelli migliori». Vero o falso? Gli esperti dicono che non c’è una risposta da tagliare con il coltello, l’argomento è complesso. Ma vediamo che cosa ne dice uno degli studiosi della materia: «Le differenze potrebbero essere minime - sostiene Gaetano Domenici, ordinario di Pedagogia a Roma Tre - anche se poi un primato del classico c’è, è innegabile. Se vogliamo fare una gerarchia il classico resta la scuola migliore. Lo dimostrano anche tutte le indagini internazionali sui livelli di istruzione “in uscita”. Mettono il classico al primo posto, con i risultati migliori perché tratta poche materie, con un approfondimento inusuale. Subito dopo segue lo scientifico. Certo, sono i migliori, c’è una autoselezione in partenza. Però il liceo è la scuola d’eccellenza, forma ragazzi dotati di spirito critico, rigorosi e flessibili, capaci di acquisire conoscenze spendibili per tutto l’arco della vita e in grado di apprendere da soli». E proprio dai licei la Normale di Pisa pesca i talenti migliori: «Circa il 45 per cento dei ragazzi che selezioniamo - racconta Salvatore Settis, direttore della prestigiosa università - proviene dal classico, un 40% dallo scientifico, il resto da altre scuole».
Dunque, due strade solo apparentemente paritarie. Con classico e scientifico che si fanno la guerra, con il primo che da anni usa le sperimentazioni per diventare un po’ meno classico e assomigliare di più allo scientifico, con sezioni che abbandonano il greco e rafforzano la matematica o che sacrificano il latino a vantaggio delle lingue moderne. Lo scientifico, invece, è rimasto più ingessato se si eccettua la corsa all’informatica.
Intanto, il ministro Giuseppe Fioroni frena: «Non ci sono solo i licei, occorre valorizzare gli istituti tecnici e professionali che hanno un ruolo importante». Una voce in difesa si leva anche dal mondo confindustriale: «I tecnici sono stati la bandiera della rinascita dell’Italia - afferma Attilio Oliva, vicepresidente della Luiss e membro del Comitato tecnico di Confindustria - A loro si deve il miracolo economico che è seguito negli Anni Sessanta e che gli stranieri ci hanno invidiato. E poi, basta con i luoghi comuni. Questi istituti danno anche una buona cultura generale».
E le famiglie? Per loro l’assillo resta. Oltre ai licei, che al momento hanno in tutto quattro indirizzi (comprendendo il linguistico e l’artistico), il rivolo di specializzazioni disorienta. Sommando gli istituti tecnici, i professionali e gli istituti d’arte il bilancio è di 100 indirizzi tondi tondi. Se a questi aggiungiamo i 176 progetti assistiti (tra cui Brocca, Michelangelo, Aretusa, Leonardo e vari altri) si sfiora quota 300. Di più. L’autonomia permette anche i progetti spontanei, decisi dai singoli istituti. Risultato: famiglie e ragazzi si trovano di fronte ad un vero e proprio labirinto.
Che fare? Che cosa scegliere? Valgono di più un’inclinazione, una passione, o un profilo professionale ipoteticamente “sicuro” per gli sbocchi lavorativi? «E’ bene seguire le vocazioni e sentire la scuola come strumento per il “long life learning”», avverte Gigliola Corduas, presidente della Fnism, la Federazione nazionale degli insegnanti delle superiori. L’ago della bilancia lo sposta Enrico Predazzi, ex presidente della Conferenza nazionale dei presidi delle facoltà scientifiche: «Il Paese ha bisogno di giovani che scelgano studi scientifici, si può anche venire dal classico, che spesso forma i migliori, ma poi è importante sapere che l’Italia ha bisogno di incrementare le scienze».







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