I CONFLITTI TRA INSEGNANTI SONO UN CATTIVO ESEMPIO
Data: Mercoledì, 03 gennaio 2007 ore 00:05:00 CET
Argomento: Comunicati


Le azioni dei docenti hanno riflessi sulla scolaresca,
 sui genitori e sul progetto educativo.

I conflitti tra insegnanti cattivo esempio.

(Cassazione 33084/2006.o).

 da  Cittadino Lex dell'1 gennaio 2007

 

Gli scontri tra professori nella scuola devono essere evitati in quanto le azioni dei docenti incidono sugli studenti, sui genitori e sul progetto educativo. Il monito viene dalla Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso di un insegnante di una scuola di Ortona condannato per ingiuria nei confronti di un collega che aveva chiamato i carabinieri perché una bidella aveva smarrito il cellulare. Secondo la Suprema Corte, specialmente in una organizzazione complessa come la scuola, dove le azioni di un docente hanno riflessi sulla scolaresca, sui genitori e sul progetto educativo, sono ben possibili opinioni diverse, ma “il confronto, anche aspro, tra le diverse opinioni deve avvenire in termini corretti senza inutili attacchi ingiuriosi alla persona del contraddittore”. In buona sostanza, sono proprio gli insegnanti a dover dare il buon esempio astenendosi da azioni che possano incidere negativamente sull’educazione e sulla formazione dei ragazzi.

 


Suprema Corte di Cassazione,
 Sezione Quinta Penale,
 sentenza n. 33084/2006
 (Presidente: R.L. Calabrese; Relatore: G. Marasca)

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 SEZIONE V PENALE

SENTENZA

Il Tribunale di Chieti, con decisione del 14 apr. 2005, in accoglimento dell’imputazione della parte civile, riformava la sentenza di primo grado e condannava alle pene di giustizia, oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile L.P., l’imputato G.C.

Quest’ultimo, dopo avere riepilogato i fatti, proponeva ricorso per cassazione denunciando la erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 599 co. II c.p. [1] e la manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata.

Spiegava il ricorrente che la reazione era dovuta al comportamento palesemente lesivo per l’ordine gerarchico in terno all’Istituto e per l’interesse dell’istituto del P.

Il motivo di ricorso è infondato.

Per l’a sussistenza della invocata esimente è necessario che nel comportamento della parte offesa sia ravvisabile un fatto ingiusto.

Secondo la giurisprudenza fatto ingiusto è quello che contrasta con norme di diritto e con regole di comportamento sociale.

Tali requisiti non sono ravvisabili nel comportamento dell’imputato che, venuto a conoscenza, nella sua qualità di professore e, quindi, di pubblico ufficiale, di un fatto costituente reato, ha ritenuto di avvisare i carabinieri.

Non è ravvisabile alcuna lesione dell’ordine gerarchico interno e nessuna lesione alle regole di convivenza tipiche di un istituto scolastico.

L’iniziativa del P. può essere stata più o meno opportuna, e la diversità di opinioni sul punto è pienamente legittima, ma di sicuro non può essere qualificata come ingiusta secondo i parametri indicati dalla giurisprudenza di legittimità.

Nemmeno è ravvisabile una esimente di carattere putativo, perché, come ha correttamente rilevato il Tribunale di Chieti, nel caso di specie l’errore dell’agente nel valutare la ingiustizia del fatto non appare ragionevole e logicamente plausibile; sembra, invero, trattarsi di un mero espediente difensivo.

In conclusione specialmente in una organizzazione complessa come la scuola, ove le azioni di un docente hanno riflessi sulla scolaresca, sui genitori e sul progetto educativo, sono ben possibili opinioni diverse, ma il confronto, anche aspro, tra le diverse opinioni deve avvenire in termini corretti senza inutili attacchi ingiuriosi alla persona del contraddittore.

Per tali ragioni il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato a pagare le spese del procedimento.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del procedimento.

 Roma, 3 mag. 2006.
NOTE

[1]  L’art. 599, secondo comma, del codice penale, stabilisce che "non è punibile chi ha commesso uno dei fatti preveduti dagli articoli 594 e 595 (ingiuria e diffamazione) nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso" (attenuante della c.d. "provocazione").


 Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2006.







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