Che i cambiamenti climatici in atto stiano comportando un aumento degli eventi
meteorologici estremi è un dato di fatto, come ci ricordano le alluvioni che
negli anni scorsi hanno colpito con particolare intensità i paesi del centro
Europa. Allora si era trattato di eventi conseguenti a piogge particolarmente
intense e prolungate che avevano portato all’esondazione dei fiumi, ma il
pericolo potrebbe venire anche dal mare, a seguito dell’intensificarsi delle
tempeste nel Mare del Nord.
Questa possibilità, finora considerata più che altro uno scenario ipotetico è
stata presa molto sul serio dai ricercatori del
Politecnico di Delft, che –
proprio mentre il Governo dei Paesi Bassi dichiarava che il paese non era mai
stato così sicuro – hanno pubblicato
uno studio sulle conseguenze di nubifragi particolarmente intensi. Sulla
scorta dei dati dell’alluvione che colpì sia i Paesi Bassi sia le coste della
Gran Bretagna meridionale nel 1953, di quelli relativi a una tempesta che
imperversò in Giappone nel 1959 e dei più recenti dati relativi all’uragano
Katrina del 2005 è stato così elaborato un modello previsionale, secondo il
quale nel caso peggiore – con un innalzamento del livello del mare di quattro
metri e un superamento degli argini nelle zone più densamente popolate – sarebbe
a rischio il 20 per cento della popolazione di quelle aree, in considerazione
anche del fatto che, a fronte della possibilità di prevedere le tempeste del
Mare del Nord con un paio di giorni di anticipo, la rapida ed efficiente
evacuazione di circa due milioni di persone non appare una misura realistica.
L’unica misura efficace, dicono i ricercatori di Delft, è l’adeguamento e la
messa in migliore sicurezza di dighe e argini, il 24 per cento dei quali –
secondo la loro valutazione – è sicuramente inadeguato, mentre per un altro 32
per cento non è stato possibile valutarne a fondo l’affidabilità nelle
condizioni ipotizzate.
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