SE NATALE NON FINISCE TUTTO IN UNA NOTTE
Data: Sabato, 30 dicembre 2006 ore 00:05:00 CET
Argomento: Opinioni


La notte di Natale, all'una e un quarto, pioveva in modo disperato. Benchè fosse la vigilia era una notte che pareva un pozzo oscuro, buia e infinita, senza riscatto.
 Ma era la vigilia, appunto, e per strada, specialmente in centro, c'erano tante macchine. Si rientra a casa dopo la festa, i bambini che dormono nel sedile di dietro, i regali tutti nel cofano. Ci sono anche coppie, sono state dai suoceri, parenti o amici, forse in chiesa per la Messa. C'è chi lamenta lo stress da shopping, chi il consumismo, chi è deluso del regalo appena scartato, chi ha mangiato troppo. Qualche donna si sfila i tacchi scomodi, guardi l'orologio, il cielo, i vetri appannati. Sei al semaforo nel centro di Catania, angolo tra viale Raffaello Sanzio e via Giuffrida. Dietro il vetro, sotto la pioggia, due immigrati ridono con le mani pieni di cose, si avvicinano al finestrino e ti sventolano davanti, su e giù, un cappello e un piccolo Babbo Natale. Hanno un berretto con la visiera, un giubbotto, ma non basta, la pioggia picchia come in una rissa, il vento strattona, ma loro restano lì, e chissà perchè ridono, che si sono detti, o gli è successo, in questa notte strana.
 E' rosso, sei fermo e ti chiedi se è mai possibile che a qualcuno, all'una e un quarto di notte, tornando a casa sua, venga in mente di comprarsi un pupazzino di Babbo Natale. Quanti cappelli rossi e pupazzi si possono vendere nel cuore della notte per giustificare la fatica, la solitudine, la pioggia addosso, tutto il tempo in piedi dietro i vetri, davanti a gente che è così stanca che non ti risponde neppure, e non ti guarda, e figuriamoci se ha voglia di cercare spiccioli in tasca? Nessuno risponde, infatti. Sposti lo sguardo, quei due ti fanno stare male.
 Non bisogna pensare a loro, ai disperati, ai poveri, ai clandestini, il giorno di Natale. Non devi sentirti in colpa perché sei al caldo, all'asciutto, e mangi i tortellini in brodo coi tuoi cari, i bambini che giocano sul tappeto, il camino acceso, il presepe con la stella che suona, l'albero finto che pare vero. Non puoi sentirti in colpa un giorno, quel giorno all'anno in cui è giusto sentirsi migliori, e devi illuderti, o fingere, di essere buono. La carità, la beneficenza, la befana per gli sfortunati, le tombole per i senzatetto. Già. Ti metti il cuore a posto e non ci pensi più per tutto l'anno. Come se fosse diverso, per loro, stare sotto la pioggia il 24 dicembre o il 9 novembre, e il 10 febbraio. Loro sono lì ogni notte, tra pupazzini e fazzoletti, com'è che li vediamo, e commiseriamo, solo il 24?




ELVIRA SEMINARA






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