In
sintesi, seguendo lo schema proposto da J. Ashwort, I. Papps e B. Thomas
,
esso può assumere diverse forme:
a) Buono d’un valore uguale per
tutti gli studenti della medesima età, che può essere scambiato contro il
pagamento totale o parziale della frequenza di una scuola, statale o non
statale, scelta dai genitori. Questi ultimi possono pagare un’integrazione
se lo desiderano, ma non sono rimborsati, se la frequenza possiede un costo
inferiore a quello del buono. Si tratta della proposta di Milton Friedman, che
ne ha fatto una prima presentazione nell’articolo Il ruolo del governo
nell’educazione
,
pubblicato nel
1955, e ne
ha sviluppato il concetto nell’opera Capitalismo e libertà
del
1962.
b)
Buono variabile in funzione del reddito dei genitori senza possibilità di
integrazioni. Gli studenti che hanno bisogni particolari (handicappati, con
difficoltà di apprendimento, ecc.) ricevono buoni di una valore superiore a
quello dei buoni di base. Questo è il modello proposto da Jenks nel
1970
.
c) Buono di valore variabile
che tiene conto del reddito dei genitori e dei bisogni educativi degli studenti;
i genitori però restano liberi di apportarvi un’integrazione.
d) Buono di valore uguale per
tutti gli studenti della medesima età, indipendentemente dal reddito dei
loro genitori o di ogni altra circostanza e senza possibilità di integrazione.
Un’altra forma, assimilabile al
buono, è quella evocata in Francia da Alain Madelin
con i “punti – istruzione”. Si tratta di un sistema che distribuirebbe
non buoni – scuola, ma punti – istruzione, che i genitori negozierebbero nella
scuola di loro scelta. Questi punti non avrebbero il medesimo valore, ma
varierebbero secondo i tipi di istruzione scelta. Il vantaggio di siffatto
sistema consisterebbe nella più grande flessibilità in ragione della possibilità
di utilizzare i punti in tempi differenti, in funzione dei bisogni.
Quale che sia la forma adoperata, il
buono – scuola può essere definito, cogliendo la caratteristica essenziale, come
un metodo di finanziamento dell’istruzione, che mira ad allargare la capacità di
scelta ed a migliorare l’allocazione delle risorse destinate all’istruzione.
Il termine utilizzato: buono -
scuola, rappresenta, con riguardo alla scuola, una specificazione dall’uso
sostantivato dell’aggettivo “buono”.
Quest’ultimo deriva dall’espressione
“buono per”, nel significato di “valevole per” (ottenere una
determinata prestazione), la quale, con le successive qualificazioni, è
adoperata tanto nel diritto privato – specie nel linguaggio commerciale – quanto
nel diritto pubblico, specialmente per i buoni del tesoro.
In via generale, avendo riguardo ai
requisiti oggettivi dei titoli o documenti nei quali viene usata la parola, il
termine buono appare: a) come titolo di legittimazione che dà
diritto alla prestazione del bene o servizio in esso indicato; b) come titolo di
obbligazione con cui una persona o ente promette una prestazione in danaro; c)
come documento commerciale che può avere tanto la natura di titolo di
legittimazione – come ad esempio il buono di imbarco e di sbarco – quanto quella
di titolo di obbligazione – come il buono di cassa – nonché quella di titolo
necessario per esercitare un diritto di natura diversa, come nel caso del buono
di opzione; d) come titolo di spesa nel caso dei buoni emessi dai funzionari
delegati per prelevamenti in proprio favore sulle somme ai medesimi accreditate
.
L’art.
2002 del
codice civile specifica che ai documenti di legittimazione e ai titoli impropri,
«che servono solo ad identificare l’avente diritto alla prestazione, o a
consentire il trasferimento del diritto senza l’osservanza delle forme proprie
della cessione», non si applicano le norme dettate dal titolo V, del libro
IV del medesimo codice, che disciplinano i titoli di credito
.
Il buono – scuola, appartiene alla
categoria o raggruppamento dei documenti (o titoli) di legittimazione
,
trattandosi di un titolo assolutamente non trasferibile, emesso a favore
dell’avente diritto, nominativamente identificato, al quale riconosce il diritto
alle prestazioni scolastiche, spendibile esclusivamente per usufruire delle
medesime prestazioni nelle scuole statali o non statali, esercitando il diritto
all’istruzione.
Che è un diritto soggettivo pieno e
perfetto ed è finalizzato all’acquisizione di un bene, del quale Friedrich von
Hayek ne ha tratteggiato l’importanza e scolpito la portata: «La scienza è
forse il maggior bene che si possa avere, ma chi non la possiede ancora, spesso
non sa capirne il vantaggio. Ancor più importante, l’accesso alle fonti della
scienza necessaria per il funzionamento della società moderna presuppone la
conoscenza di talune tecniche – prima fra tutte il saper leggere – che la
persona deve acquisire prima di poter ben giudicare da sola cosa per lei sarà
vantaggioso. Sebbene il nostro appoggio alla causa della libertà si basi in gran
parte sull’opinione che la concorrenza è uno dei più potenti strumenti per la
diffusione delle conoscenze e che, abitualmente, dimostrerà il valore della
scienza a chi non la possiede, non c’è dubbio che mediante deliberati sforzi si
può accrescere l’utilizzazione delle conoscenze. L’ignoranza è una delle
principali ragioni per cui i tentativi degli uomini spesso non sono incanalati
in modo da essere più utili ai loro simili, e varie sono le ragioni per cui può
essere nell’interesse della comunità che la scienza sia portata a che ha un
incentivo per cercarla per sé o per fare qualche sacrificio per acquisirla.
Queste ragioni s’impongono particolarmente nel caso dei ragazzi, ma alcune di
esse sono altrettanto importanti per gli adulti
».
La fonte di tale diritto - il cui
riconoscimento è ritenuto tipico dello Stato “sociale”, tant’è
che viene annoverato espressamente nella maggior parte delle Costituzioni
contemporanee che esprimono questa forma di Stato - si rinviene nell’art.
34
della Costituzione, il quale
riconosce che lo stesso: «non è meramente formale (diritto ad ottenere
l’iscrizione nella scuola), ma è un diritto a godere dell’istruzione necessaria
“malgrado” ogni possibile ostacolo di ordine economico e sociale con cui i
singoli possono scontrarsi di fatto e vale per rendere gratuito tutto ciò che è
necessario per il suo soddisfacimento. La rimozione di tali ostacoli, in quanto
siano tali da impedire il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva
partecipazione di tutti all’organizzazione politica economica e sociale del
Paese, è già indicato quale compito della Repubblica dall’art.
3
Cost.; ma l’art.
34 ha
voluto che a sollecitare l’azione dei pubblici poteri all’adempimento di tale
compito fosse riconosciuto al cittadino, nel settore dell’istruzione, un vero e
proprio diritto soggettivo, tale da incidere sull’ordinamento stesso del
servizio
»
Infatti, il diritto all’istruzione
non si riduce al mero diritto all’iscrizione nella scuola, come preteso in
passato da una prospettazione ancorata alla visione dell’istruzione come fine
proprio ed esclusivo dello Stato, ma è «chiaramente, un diritto non soltanto
all’insegnamento, ma all’istruzione: e cioè a qualcosa di intrinsecamente
unitario, che non è suscettibile nel suo ambito tra “elemento primario” e
“prestazioni collaterali”, se non introducendo un fattore che si ricava solo
dalla tradizione, dal modo cioè con cui lo Stato ha organizzato sinora il
servizio, ma che non trova alcun fondamento giuridico
»
La gratuità
può ritenersi connaturata al diritto soggettivo del singolo ad essere istruito,
e rappresenta il modo tipico con il quale lo Stato deve intervenire per
assicurare l’effettività di siffatto diritto, che è originario e costitutivo
della persona umana, non solo nella scuola dell’obbligo, ma anche nei gradi
successivi, fino ai gradi più alti: l’istruzione, infatti, non è privilegio di
alcuni, ma un diritto di tutti
.
La sua misura deve coincidere con la
misura dell’istruzione, ossia col diritto del singolo ad essere istruito, nella
scuola di Stato o nella scuola non statale, posto che l’art. 3, comma 2, della
Costituzione, che demanda alla Repubblica il compito di rimuovere i
condizionamenti di natura economico – sociale, non contempla alcuna distinzione
né autorizza alcuna discriminazione.
Tutti i citati principi sono stati
riproposti e rafforzati dalla Corte Costituzionale, la quale con sentenza del 29
maggio 2002 n. 219, nel dichiarare illegittime le norme che prevedevano il
divieto di accedere ai corsi di formazione specialistica a coloro che fossero
già in possesso di un diploma di specializzazione, ha affrontato ancora il
problema del diritto all’istruzione, chiarendo e ribadendo che: «Il diritto
allo studio comporta non solo il diritto di tutti di accedere gratuitamente alla
istruzione inferiore, ma altresì quello – in un sistema in cui “la scuola è
aperta a tutti” (articolo 34, primo comma, della Costituzione) – di accedere, in
base alle proprie capacità e ai propri meriti, ai “gradi più alti degli studi”
(articolo 34, terzo comma): espressione, quest’ultima, in cui deve ritenersi
incluso ogni livello e ogni ambito di formazione previsti dall’ordinamento. Il
legislatore, se può regolare l’accesso agli studi, anche orientandolo e
variamente incentivandolo o limitandolo in relazione a requisiti di capacità e
di merito, sempre in condizioni di eguaglianza, e anche in vista di obiettivi di
utilità sociale, non può, invece, puramente e semplicemente impedire tale
accesso sulla base di situazioni degli aspiranti che – come il possesso di
precedenti titoli di studio o professionali – non siano in alcun modo
riconducibili a requisiti negativi di capacità o di merito.
A tale diritto si ricollega altresì
quello di aspirare a svolgere, sulla base del possesso di requisiti di idoneità,
qualsiasi lavoro o professione, in un sistema che non solo assicuri la “tutela
del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni” (articolo 35, primo comma,
della Costituzione), ma consenta a tutti i cittadini di svolgere, appunto
“secondo le proprie possibilità e la propria scelta”, un’attività o una funzione
che concorra al progresso materiale o spirituale della società (articolo 4,
secondo comma, della Costituzione): ciò che a sua volta comporta, quando
l’accesso alla professione sia condizionato al superamento di un curriculum
formativo, il diritto di accedere a quest’ultimo in condizioni di eguaglianza.
Il diritto di studiare, nelle
strutture a ciò deputate, al fine di acquisire o di arricchire competenze anche
in funzione di una mobilità sociale e professionale, è d’altra parte strumento
essenziale perché sia assicurata a ciascuno, in una società aperta, la
possibilità di sviluppare la propria personalità, secondo i principi espressi
negli articoli 2, 3 e 4 della Costituzione»
Riguardato sotto diverso profilo, il
buono - scuola incorpora l’attribuzione assicurata dallo Stato, nell’ambito
delle norme generali sull’istruzione di cui all’art.
33,
comma
2,
della Costituzione
,
sotto forma di sussidio
,
che ha il connotato incrementativo della sfera giuridica privata, mediante
l’acquisizione di un vantaggio, conseguibile attraverso l’accesso ad un bene
sottratto alla loro disponibilità, quale il danaro pubblico,
strumentale all’assolvimento di una funzione di sostegno per l’esercizio di un
diritto civico inalienabile, che si presenta, in base al dettato costituzionale,
come una posizione soggettiva complessa, risultante dalla tutela e dal
riconoscimento di una molteplicità di diritti e libertà: innanzitutto il diritto
di apprendimento che appartiene al discente come destinatario e fruitore del
servizio scolastico e formativo; quindi, il diritto alla libertà di scelta
educativa e scolastica che spetta al discente, in concorso con la sua famiglia
che è titolare del diritto-dovere di educare ed istruire i figli, che è
legittima rappresentante dello studente minore e che, soprattutto, rientra tra
le formazioni sociali primarie nelle quali ciascuno sviluppa la propria
personalità; infine, il diritto alla libertà di istituire scuole, che è
condizione indispensabile per garantire l'esercizio della libera scelta nel
campo educativo, e che, in forza dell'articolo
33,
comma
3,
appartiene a chiunque, ente o privato ritenga di concorrere allo sviluppo
materiale e spirituale della Nazione.
Il rapporto tra amministrazione e
beneficiari si esaurisce con tale irretrattabile erogazione, che non rientra nel
novero dei provvedimenti concessori, come
invece devesi ritenere per le sovvenzioni, che
vengono ricondotte allo schema funzionale delle concessioni, il cui
provvedimento viene emesso al termine di un procedimento amministrativo, che si
svolge sulla base di una valutazione “discrezionale” dell’amministrazione ed è
funzionalizzato all’accertamento dei requisiti soggettivi ed oggettivi per la
corresponsione del beneficio.
Il buono – scuola, nei termini prima
specificati, è un sussidio, che è accordato in base ad un accertamento
costitutivo, che
promana da atti vincolati, nel senso che l’amministrazione è tenuta ad emanarli,
qualora risulti accertata la sussistenza dei presupposti a cui la legge
subordina la loro emanazione.
In sostanza constatano, mediante il
compimento degli atti di accertamento - che costituisce un servizio pubblico,
cioè un dovere di prestazione della pubblica amministrazione verso i privati -
l’esistenza nei soggetti (nella specie: nei genitori o, in caso di maggiore età,
degli stessi studenti) di determinati requisiti, cui consegue l’acquisto della
situazione giuridica cristallizzata nel buono – scuola.
La posizione giuridica di questi
ultimi alla percezione del buono – scuola è sufficientemente specificata
nell’atto legislativo istitutivo, in ordine ai requisiti necessari e sufficienti
per l’ammissione alla sua percezione, mentre residua in capo all’amministrazione
esclusivamente un’attività di accertamento a contenuto vincolato della loro
esistenza, che,
peraltro, discende dal ruolo dello Stato in subiecta materia.
Un tale impostazione, oltre a
rispondere ai dati normativi, è coerente con l’impianto costituzionale
dell’istruzione non come fine dello Stato e, quindi come una pubblica funzione
,
bensì come servizio pubblico in senso oggettivo nonché con le previsioni degli
artt.
33
e
35
del Decreto legislativo
31
marzo
1998, n.
80
,
nei termini modificati ed ampliati dalla legge
21
luglio
2000, n.
205
,
che escludono il sussidio dal regime giuridico sostanziale e processuale delle
concessioni su beni o di servizi pubblici.
Per l’attribuzione del buono –
scuola, l’art.
12
della legge
7
agosto
1990, n.
241
impone all’amministrazione l’osservanza di criteri e modalità predeterminate,
anche in apposito regolamento, che si atteggiano a principio generale, in forza
del quale l'attività di erogazione della p.a. deve in ogni caso rispondere a
referenti oggettivi e pubblici, al fine di garantire il più alto livello di
trasparenza della azione amministrativa, mentre l’art.
34,
comma
3,
del Decreto del Presidente della Repubblica
29
settembre
1973, n.
601
esclude che possa essere assoggettato a tassazione
.
Le modalità concrete di
attribuzione del sussidio, attraverso una procedura tipicizzata di tipo
automatico, analogamente a quanto previsto dall’art.
4,
comma
1,
del Decreto legislativo
31
marzo
1998, n.
123, «qualora
non risulti necessaria, per l’attuazione degli interventi, un’attività
istruttoria di carattere tecnico, economico e finanziario del programma di spesa»,
possono essere varie ed assumere la forma diretta, qualora il buono – scuola, al
pari di un voucher, venga rimesso ai genitori o aventi diritto e da
questi presentato all’istituzione scolastica prescelta, unitamente alla domanda
di iscrizione alla scuola; ovvero la forma indiretta, qualora determini una
attribuzione patrimoniale alla scuola prescelta, corrispondente all’importo del
buono, a seguito della comunicazione della manifestazione di volontà espressa
dai medesimi genitori o aventi diritto al momento dell’iscrizione
.
In questa visione, che da risalto al
pluralismo voluto dalla Costituzione e pone in rilevo i profili di autonomia e
libertà delle istituzioni scolastiche per lo svolgimento di un servizio pubblico
in senso oggettivo, a favore degli aventi diritto, ogni singola scuola nasce da
un patto educativo tra genitori (titolari originari della domanda educativa e
del diritto – dovere di educare e di istruire i figli) e gestori (enti e
privati, titolari dell’offerta formativa), del quale patto e del servizio
dell’istruzione erogato è garante lo Stato, e trovano concreta attuazione i
principi costituzionali di parità e libertà e di efficienza dei servizi pubblici
collettivi.