IL MALESSERE DEI GIOVANI - Ragazzi «globali» e fragili
Data: Martedì, 19 dicembre 2006 ore 21:26:23 CET
Argomento: Rassegna stampa


E’ un'epoca di pensieri poco elaborati, dove tutto è bianco o nero, gioia o schifo, vita o morte.

Per amore o per espiare una colpa. I giovani si tolgono la vita in prossimità del Natale, una ricorrenza alla quale forse si è smesso di credere. Sono giorni duri quelli di festa, cupi per chi nell’animo ha l’angoscia della solitudine o il tormento del biasimo. Sentirsi falliti in quest’organizzazione sociale è un’onta insormontabile, che tuttavia non basta a spiegare i suicidi. E’ il valore della vita, quello che ciascuno di noi gli attribuisce un primo problema. E il valore dei singoli episodi che ci accadono nostro malgrado un altro. Per questo trasgredire per chi già si sente fallito e non lo mostra, può essere il pretesto per espiare tutto e chiedere scusa. Se la propria esistenza si ritiene possa essere un peso per persone che amiamo pur senza darlo a vedere, un gesto estremo può rappresentare l’azzeramento dei propri debiti. Eventi che disorientano E se si è riposto tutto in un rapporto, in un sentimento che ci piace chiamare "amore" ma magari è qualcosa di diverso, allora la fine di un legame, con tutte le sue modalità, può provocare la morte di qualcosa di dentro di noi. Qualcosa che ci sembra insostituibile, irrecuperabile. Esistenze fragili frastornate da eventi il cui impatto a prima vista sembrerebbe alla portata e che invece fa implodere il malessere che accompagna giorno dopo giorno molti ragazzi. E’ l’epoca delle passioni tristi, P legami", quelli che flebilmente sorreggono le esistenze sempre più esili di molti ragazzi "globali". Le crisi investono troppi giovani con una forza d’urto inaudita e sconquassano le poche certezze, i riferimenti zoppi e rendono invisibili gli interlocutori vicini eppure lontani. Il frastuono della tv E’ un’epoca di pensieri scarsamente elaborati, dove tutto è bianco o nero, gioia o schifo, vita o morte. E può bastare uno screzio, una delusione, una cavolata per convincersi che il futuro è solo una minaccia e trovare il pretesto per terminarla lì la propria esistenza. Non è immaginabile in quale polveriera vivano i ragazzi che ogni giorno incrociamo e salutiamo. Ed è assordante il frastuono stupido di feste che non insegnano più nulla, di servizi tv o serial su mondi dorati irraggiungibili che gettano sempre più nello sconforto chi si sente fallito, perdente, sfortunato per uno, due o persino cento prove andate male. Senza un futuro-speranza ogni pagliuzza è una trave che crolla addosso.

Roberto Cafiso (da www.lasicilia.it)

 

LA PSICHIATRA: «LA MORTE ATTRAVERSO TV E GIORNALI È MOLTO TEATRALIZZATA» «Il suicidio del diciasettenne che si è sparato un colpo di pistola è avvenuto in un’età di grande fragilità emozionale quale l’adolescenza. E per il ragazzo tutto è apparso più complicato. Di fondo c’è una grande voglia di trasgredire, come prendere l’auto del padre, dall’altra la difficoltà a gestire l’eventuale punizione per il danno provocato». Santa Raspanti, psichiatra, originaria di Nicosia commenta così la morte del ragazzo nell’Ennese. «Il tutto si inserisce in un contesto sociale nel quale la morte attraverso la tv e i giornali è molto teatralizzata - aggiunge - A volte in questa età chi pensa al suicidio lo fa da spettatore di una scena che potrebbe in qualche modo essere rielaborata e cambiata. Un gesto che può diventare un mezzo per farsi perdonare e comprendere dall’adulto».







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