E’
un'epoca di pensieri poco elaborati, dove tutto è bianco o nero, gioia o schifo,
vita o morte.
Per amore o per espiare una colpa.
I giovani si tolgono la vita in
prossimità del Natale, una ricorrenza
alla quale forse si è smesso
di credere.
Sono giorni duri quelli di festa, cupi
per chi nell’animo ha l’angoscia
della solitudine o il tormento del biasimo.
Sentirsi falliti in quest’organizzazione
sociale è un’onta insormontabile,
che tuttavia non basta a spiegare
i suicidi.
E’ il valore della vita, quello che ciascuno
di noi gli attribuisce un primo
problema. E il valore dei singoli episodi
che ci accadono nostro malgrado
un altro.
Per questo trasgredire per chi già si
sente fallito e non lo mostra, può essere
il pretesto per espiare tutto e chiedere
scusa. Se la propria esistenza si
ritiene possa essere un peso per persone
che amiamo pur senza darlo a
vedere, un gesto estremo può rappresentare
l’azzeramento dei propri debiti.
Eventi che disorientano
E se si è riposto tutto in un rapporto,
in un sentimento che ci piace chiamare
"amore" ma magari è qualcosa di
diverso, allora la fine di un legame,
con tutte le sue modalità, può provocare
la morte di qualcosa di dentro di
noi. Qualcosa che ci sembra insostituibile,
irrecuperabile.
Esistenze fragili frastornate da
eventi il cui impatto a prima vista
sembrerebbe alla portata e che invece
fa implodere il malessere che accompagna
giorno dopo giorno molti
ragazzi. E’ l’epoca delle passioni tristi,
P
legami",
quelli che flebilmente sorreggono
le esistenze sempre più esili di
molti ragazzi "globali".
Le crisi investono troppi giovani con
una forza d’urto inaudita e sconquassano
le poche certezze, i riferimenti
zoppi e rendono invisibili gli interlocutori
vicini eppure lontani.
Il frastuono della tv
E’ un’epoca di pensieri scarsamente
elaborati, dove tutto è bianco o nero,
gioia o schifo, vita o morte. E può bastare
uno screzio, una delusione, una
cavolata per convincersi che il futuro
è solo una minaccia e trovare il pretesto
per terminarla lì la propria esistenza.
Non è immaginabile in quale
polveriera vivano i ragazzi che ogni
giorno incrociamo e salutiamo.
Ed è assordante il frastuono stupido
di feste che non insegnano più nulla,
di servizi tv o serial su mondi dorati
irraggiungibili che gettano sempre
più nello sconforto chi si sente fallito,
perdente, sfortunato per uno, due o
persino cento prove andate male.
Senza un futuro-speranza ogni pagliuzza è una trave che crolla addosso.
Roberto Cafiso (da www.lasicilia.it)
LA PSICHIATRA:
«LA MORTE
ATTRAVERSO
TV E GIORNALI
È MOLTO TEATRALIZZATA»
«Il suicidio del
diciasettenne che si è
sparato un colpo di
pistola è avvenuto in
un’età di grande fragilità
emozionale quale
l’adolescenza. E per il
ragazzo tutto è apparso
più complicato. Di fondo
c’è una grande voglia di
trasgredire, come
prendere l’auto del
padre, dall’altra la
difficoltà a gestire
l’eventuale punizione per
il danno provocato».
Santa Raspanti,
psichiatra, originaria di
Nicosia commenta così la
morte del ragazzo
nell’Ennese. «Il tutto si
inserisce in un contesto
sociale nel quale la morte
attraverso la tv e i giornali
è molto teatralizzata -
aggiunge - A volte in
questa età chi pensa al
suicidio lo fa da
spettatore di una scena
che potrebbe in qualche
modo essere rielaborata e
cambiata. Un gesto che
può diventare un mezzo
per farsi perdonare e
comprendere
dall’adulto».