CATTIVI CAPI, DIPENDENTI IN FUGA: ECCO LA BADBOSSOLOGY
Data: Marted́, 12 dicembre 2006 ore 08:40:18 CET
Argomento: Recensioni


Alla Sda Bocconi, la scuola di direzione aziendale dell'ateneo milanese, un gruppo di Manager che lavorano in aziende quali Hewlett Packard, Shell, McKinsey si incontrano per trovare la soluzione al problema badbossology : 'proteggere le persone e le aziende dai cattivi capi'. Badbossology può provocare l'aumento del cortisolo, l'ormone dello stress, con conseguente morte delle cellule in un'area del cervello chiamata ippocampo e con effetti devastanti sul benessere. Gabriella Jacomella tratta il problema in un articolo ... (da edscuola.it, da Corriere)

 

 

da Corriere
Martedì, 12 Dicembre 2006

Cattivi capi, dipendenti in fuga: ecco il badbossology

«Uno su due ha problemi con il boss»
Ricerche, libri e corsi alla Bocconi: le regole per sopravvivere

Sostantivo: badbossology. Significato: «proteggere le persone e le aziende dai cattivi capi». Si scrive in inglese, si legge in italiano. Oltre 33 mila voci su Google (e un sito, badbossology.com), decine di testimonianze tra i banchi della Sda Bocconi, la scuola di direzione aziendale dell'ateneo milanese. Che al saper essere leader dedica corsi e giornate di studio, da «gestire un team» a «come allenarsi al mestiere di capo». Perché saper comandare è sempre più difficile. E le fughe da manager impossibili, sempre più numerose.

TENDENZA IN AUMENTO — Capi che mentono e manipolano, dirigenti che non coinvolgono e non delegano, amministratori che non sanno chiedere scusa e non lodano mai o «fanno battute anche nei contesti più seri, e io non so come reagire»... Basta una domanda e i manager riuniti nelle aule della Bocconi — gente che lavora in colossi come Hewlett Packard, Shell, McKinsey — danno la stura a un elenco di rimostranze, (auto) critiche, delusioni. I nomi sono off limits; ma il senso è inequivocabile. In azienda, l'aria è cambiata. Le cifre lo confermano, in America i ricercatori della Marshall School of Business hanno calcolato che il numero di impiegati maltrattati dal boss almeno una volta alla settimana è passato dal 20% del 1998 al 48% del 2005. È dall'alto che vengono gli atteggiamenti più incivili: dipendenti messi alla berlina, email grondanti disprezzo. Lo racconta un sondaggio online su 1.100 colletti bianchi realizzato da un'azienda di consulenza inglese. Titolo del Financial Times: «I capi che "non hanno tempo per essere gentili"». Il rischio è serio: «Un capo sgradevole — scrive Richard Conniff in Chi è seduto sulla sedia del capo? (Sperling&Kupfer) — può provocare l'aumento del cortisolo, l'ormone dello stress». E «la presenza cronica di livelli di cortisolo elevati può causare la morte delle cellule in un'area del cervello chiamata ippocampo, con effetti devastanti sul benessere».

CHI FUGGE E CHI RESTA — Un boss «difficile», insomma, non conviene a nessuno. Neanche al capo. Che, nella giungla della City, rischia di essere morso dalla sua stessa preda: come quel banchiere che si è beccato una causa da 11 milioni di sterline (16 milioni di euro) da una dipendente tiranneggiata. Gli identikit dei leader «che possono rovinarvi la vita» elaborati dalle psicoterapiste Katherine Crowley e Kathi Elster, autrici di Working with you is killing me («Lavorare con te mi sta uccidendo»), vanno dal «ladro di idee» — ricordate Sigourney Weaver in Una donna in carriera? — all'incontentabile. In Italia, il capo «difficile» corrisponde quasi sempre a un profilo: l'egocentrico dispotico, «che tratta le persone come bimbi scemi — spiega Beatrice Bauer, psicologa alla Sda Bocconi —. Gli stranieri non potrebbero mai lavorare in un ambiente così top-down, di comando e controllo». La buona notizia è che sopravvivere si può: «basta avere un'alternativa. Aggiornarsi, fare almeno due colloqui di lavoro all'anno». «A me è capitato un capo a cui non andava bene nulla di quello che facevo, un incubo», racconta una giovane manager dell'information technology. «Come ho risolto il problema? Ho aspettato che se ne andasse». Se lavorare con te mi uccide, forse è meglio smettere. Prima che sia tardi.

GABRIELLA JACOMELLA  

 







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