L’ETERNA LOTTA DEI DOCENTI CONTRO LA FAME
Data: Luned́, 11 dicembre 2006 ore 21:26:42 CET
Argomento: Rassegna stampa


E’ passato un anno dalla scadenza del contratto dei lavoratori della scuola e nessuna alba si profila all’orizzonte delle trattative, tranne uno sbiadito squarcio autonomo tra le nuvole della protesta, mentre per illuminare il restante cielo si incominciano a propiziare danze alle divinità governative. Ma è stata sempre così la vita dei docenti? Hanno da sempre questi profeti della istruzione innalzato voti alle mistiche cappelle del Ministero per avere qualche obolo? A giudicare dalle cronache spulciate solo per caso su “La Sicilia” del 1951/52 pare proprio che la loro professione sia stata da sempre ritenuta sacrestana e i loro uffici meritevoli di solo qualche pacca sulla spalla. Ma andiamo a vedere come commentava il nostro giornale dell’intero marzo 1951 quelle richieste, riportando solo i titoli. In prima pagina si legge che i docenti stanno chiedendo aumenti al Governo De Gasperi il cui ministro della Pubblica Istruzione, Gonella, tiene duro. Gli annunci continuano, fino a quando il 18 maggio viene riportato: “Saranno punti i professori che non si presentano al lavoro”. Come può essere, ci chiediamo. Ed ecco il giorno dopo: ”I professori attendono che vengono soddisfatte le loro richieste”. Andiamo avanti fino al 24 giugno: “Non si riconosce agli statali il diritto di sciopero”, a cui fa seguito, dopo due giorni, un altro titolo: “Gli statali decisi a difendere il diritto di sciopero”. Sfogliamo ancora velocemente, convinti che si tratti ormai di giorni per la risoluzione della vertenza e invece il 16 gennaio del 1952 (sei mesi dopo) ci trafigge il titolo: ”Ancora sui miglioramenti agli statali: si discute”; e il 24: ”Riavviato il dibattito sugli statali”. A questo punto la curiosità ci prende. Il 26/2 abbiamo a caratteri cubitali: “Il nuovo aumento non sarà inferiore a 2.000 lire al mese.” Invece il primo febbraio: ”Da rifare la legge sui miglioramenti agli statali.” E il giorno appresso: ”Si dovrà rifare la legge”, e come se non bastasse questo titolo, il giorno appresso Antonio Prestinenza, il direttore del giornale, apre la prima pagina con un suo editoriale inquietante: “Diminuire lo stipendio agli statali”. Può essere, ci chiediamo, che il direttore si impantani contro un ceto sociale così devoto al suo foglio? E infatti dalla provocazione del titolo, passando al testo si capisce che la paventata inflazione conseguente agli aumenti non può fermare i giusti riconoscimenti. Intanto è già passato quasi un anno e nulla si è visto, mentre di sfuggita ci colpisce il titolo dell’8 febbraio: “Pugni a Montecitorio per l’ammissione di Grecia e Turchia nel Patto atlantico. Ingrao ha scatenato la tempesta”. Anche negli anni Cinquanta c’erano le botte al Parlamento? Ma ritorniamo agli statali i quali finalmente il 29 febbraio 1952 possono leggere: “Fra qualche giorno l’acconto agli statali, da 15.000 a 50.000 lire al mese”. Caspita, ecco perché non ci fu intesa quel 26 gennaio quando si proposero appena 2.000 lire. Ma è chiusa dunque la vertenza? Neanche a parlarne, perché ancora il 6 aprile si parla di possibile approvazione, finché il 1° maggio viene finalmente annunciato che entro il 10 dovrebbe succedere qualcosa di positivo sulla busta. Il respiro di sollievo per i colleghi del tempo è però distratto da un altro titolo che richiama l’odierna legge Bossi-Fini: “Occhi aperti alle frontiere contro gli espatri clandestini. Severa e segreta l’opera di repressione”. Il porto di Catania è diventato un colabrodo da cui un centinaio di nostri connazionali tenta di espatriare: chi l’avrebbe mai detto che fossimo trattati come oggi gli extracomunitari? E chi l’avrebbe mai detto che mezzo secolo addietro si discutesse di diritto di sciopero degli statali? Ma se un dubbio ci ha colpito, una sicura certezza l’avevamo: quella dell’eterna lotta per fame che gli insegnanti hanno dovuto da sempre sostenere contro tutti i Governi di questa singolare Repubblica.

PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)







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