Oggi il convegno infame voluto da Ahmadinejad per smentire l'Olocausto; insorge il mondo libero contro il fanatismo islamista dell'Iran
Data: Lunedì, 11 dicembre 2006 ore 14:23:43 CET
Argomento: Rassegna stampa


Oggi il convegno voluto da Ahmadinejad per ridiscutere l'Olocausto
Grande segretezza sui partecipanti. Sarebbero 63 di 30 diversi paesi
Alla conferenza di Teheran tra antisemiti e falchi del regime
di VANNA VANNUCCINI

Manouchehr Mohammadi, viceministro degli Esteri, è l'organizzatore della conferenza

TEHERAN - No, non ci saranno difficoltà per il visto, se lei vuole partecipare alla Conferenza internazionale sull'Olocausto, mi avevano detto all'ambasciata iraniana a Roma. Anzi, poiché lei sostiene che l'Olocausto è stato una, se non la più grande tragedia del Novecento, perché non manda un paper? Il presidente Ahmadinejad ha detto che l'Olocausto sarà finalmente un tema di dibattito serio, dopo che per 60 anni è stato considerato un crimine in Occidente senza che vi sia stata discussione seria nei media o nelle riunioni politiche e popolari. La conferenza, come ha spiegato il vice ministro degli Esteri Manucher Mohammadi "darà un'opportunità a tutti gli studiosi per far conoscere le loro opinioni in piena libertà".

C'era voluto un po' per spiegare che no, io non chiedevo un visto per "partecipare" alla conferenza, ma solo per osservare, da giornalista, un'iniziativa deprecata in tutto il mondo e fortissimamente voluta invece dal presidente Ahmadinejad, che vede nell'opposizione incendiaria contro Israele un modo per unificare i suoi obietivi strategici, guadagnare alleati tra le masse arabe e tenr fede al mandato ideologico khomeinista. Secondo Ahmadinejad lo sterminio organizzato di milioni di ebrei, compiuto dalla Germania nazista negli ultimi due anni della Seconda Guerra mondiale, sarebbe "una leggenda".

Il presidente parla di "una rete sionista"che in combutta con gli Stati Uniti ha manipolato la storia in modo da giustificare la colonizzazione della Palestina da parte dei sionisti e annientare il popolo tedesco nei sensi di colpa. Non a caso il titolo della conferenza è volutamente ambivalente: "Review of the Holocaust" si chiama, con un termine - review - che in inglese significa sia "studio" sia appunto "revisione".

Se anche a una semplice giornalista veniva offerto di partecipare come "studiosa dell'Olocausto" c'è da pensare che non sia stato facile per gli organizzatori trovare un numero adeguato di partecipanti - anche se di questi tempi la sfortunata equazione tra politica israeliana e solidarietà ebraica ha contribuito a far rinascere nuovi risentimenti antisemiti - soprattutto nel mondo islamico ma anche tra i radicali occidentali (di estrema destra e qualche volta anche di estrema sinistra). Comunque sia, il ministero degli Esteri ha ora ufficialmente annunciato che alla conferenza parteciperanno 63 "scienziati" di 30 paesi. I paesi sono stati resi noti (c'è, pare, anche l'Italia) ma i nomi degli scienziati no. Il motivo di tanta segretezza, è stato spiegato, era evitare che ai partecipanti venissero ritirati i passaporti dai loro democratici paesi come Germania o Austria dove i negazionisti - per esempio l'ex avvocato della Rote Armée Fraktion Horst Mahler o lo storico inglese David Irving, entrambi invitati - siedono in prigione. In Germania, vale la pena notarlo, in questo stesso momento nelle stazioni ferroviarie verrà aperta una mostra sulle deportazioni degli ebrei nei vagoni blindati della Deutsche Reichsbahn, le ferrovie del Reich.

I nomi li sapremo dunque, a sorpresa, all'inizio della conferenza. Ma anche la sede non è stata scelta a caso. L'Istituto del Ministero degli Esteri per gli Studi Politici e Internazionali che la ospita ha fama di un istituto rispettabile, dove si sono tenuti in passato convegni di prestigio accademico e diplomatico.
Elegantemente situato sulla via Aghai, che scende dal viale Niavaran, percorsa da uno dei tanti ruscelli che discendono dalle montagne dell'Alborz, è stato uno dei centri dove si è sviluppato il "Dialogo delle civiltà" voluto dal presidente riformatore Khatami. Nella libreria accanto all'ingresso del centro sono esposti in vetrina una "Enciclopedia della Democrazia", un volume sulla "Diplomazia digitale" e uno su "L'essenza e gli obietivi della teoria della relazioni internazionali". Nei giorni scorsi è stato aggiunto in prima fila anche un volume sull'Olocausto, accanto a un cartello dove è scritto a mano: abbiamo anche il Corano e il Mafatih (una raccolta di preghiere per le quali è famoso il Quarto Imam sciita).

Al dialogo delle civiltà Khatami aveva specificatamente invitato anche "gli studiosi ebrei". Diceva che l'antisemitismo era stato un fenomeno unicamente occidentale che non aveva precedenti nel mondo islamico. Fu il primo - insieme all'amico e suo ministro dell'Interno Abdullah Nouri, poi processato dal Tribunale religioso per apostasia - a cambiare il tono della retorica del regime. Nel 2002, quando il principe saudita Abdullah propose il riconoscimento collettivo dello Stato d'Israele da parte di tutti gli Stati arabi se Israele si fosse ritirato dai territori occupati, Khatami prese l'iniziativa: "Onoreremo tutto quello che il popolo palestinese accetterà", disse e il suo ministro degli Esteri Kharrazi definì la proposta "la più generosa iniziativa di pace da parte degli Stati arabi". Una particolare combinazione di eventi interni (l'ascesa dei riformatori) ed esterni (il processo di pace che prometteva finalmente di progredire) spinse allora perfino il Leader supremo Khamenei a non opporsi al nuovo corso, modificando una politica che era stata uno dei pilastri del regime fin dalla rivoluzione.

Nell'opposizione a Israele Khomeini aveva infatti identificato un collante per unificare gli ayatollah, che da sempre consideravano lo Stato ebraico un'entità illegittima che aveva usurpato la sacra terra musulmana, e i rivoluzionari laici. Khomeini aveva denunciato lo Scià come "agente del sionismo"e durante la guerra contro l'Iraq i martiri che s'immolavano sulle mine di Saddam Hussein venivano definiti eroi che combattevano per Gerusalemme. "La via per Gerusalemme passa per Kerbala" era il motto.

E ora che la via per Gerusalemme non passa per Kerbala da dove passa? ha domandato ironicamente uno studente del politecnico Amir Kabir al capo negoziatore del dossier nucleare Ali Larijani quando questi, un mese fa, tenne agli studenti del politecnico una lezione sull'energia nucleare. Ormai perfino una domanda innocentemente ironica come quella sembra diventata impossibile.

Ieri mattina c'era allarme rosso nelle università di Teheran dopo che alcune centinaia di studenti del Politecnico avevano annunciato una protesta "per chiedere più libertà". Università circondate dalla polizia, vietatissimo a tutti l'ingresso, controlli ad ogni incrocio, traffico impazzito. Questo è l'Iran di oggi: un radicale alla presidenza, che sta accumulando sempre più potere; un'opposizione riformatrice senza speranza; e un complesso militare che aspira alle armi nucleari.

(11 dicembre 2006Intanto a Teheran si è aperta la conferenza sull'Olocausto

Iran: contestato il presidente Ahmadinejad Gli studenti all'università: «Morte al dittatore». Le prime critiche al capo dello Stato persiano dall'elezione nel giugno 2005

TEHERAN - Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad è stato contestato da alcuni studenti all'università di Teheran. Lo rende noto l'agenzia iraniana Fars. «Morte al dittatore», hanno urlato gli studenti tentando di attaccare la tribuna da dove Ahmadinejad stava pronunciando un discorso. La maggioranza degli studenti però, aggiunge la fonte, «hanno lanciato slogan a sostegno del presidente» quando ha risposto che «la minoranza che sostiene che non ci sia libertà di parola sta impedendo alla maggioranza di sentire il mio discorso». Tra i due gruppi sarebbe quindi scoppiata una rissa. Alcuni studenti hanno dato alle fiamme fotografie del presidente persiano mentre un gruppo di ragazze ha fatto cadere e mandato in pezzi una telecamera della televisione di Stato. Quando poi Ahmadinejad ha sottolineato «gli sforzi del governo per la giustizia e la lotta alla corruzione», diversi studenti gli hanno risposto gridando: «È una menzogna». È la prima contestazione ad Ahmadinejad dalla sua elezione nel giugno 2005.

Due rabbini con un religioso sciita discendente da Maometto (lo distingue il turbante nero) alla conferenza sull'Olocauto a Teheran (Ap)
CONFERENZA SULL'OLOCAUSTO - Intanto lunedì a Teheran si è aperta la conferenza sull'Olocausto organizzata dal governo iraniano per verificare se lo sterminio degli ebrei europei durante la seconda guerra mondiale è avvenuto veramente o è un'invenzione dagli stessi ebrei come sostiene il regime khomeinista. La conferenza è stata aspramente criticata dalla comunità internazionale e gli ambasciatori dell'Ue hanno declinato l'invito a partecipare. Sono presenti però storici e studiosi provenienti da una trentina di nazioni, secondo gli organizzatori. Vi sono anche cinque rabbini ultraortodossi che contestano l'esistenza stessa dello Stato di Israele. «Lo scopo di questa conferenza non è negare o confermare l'Olocausto», ha detto il ministro degli Esteri iraniano, Manouchehr Mottaki. «Lo scopo principale è dare un'opportunità agli studiosi che in Europa non possono esprimere liberamente le loro opinioni sull'Olocausto». Tra i partecipanti lo storico americano David Duke, ex deputato repubblicano della Louisiana e leader del Ku Klux Klan, e l'italiano Leonardo Clerici, nipote del fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti, e convertito da molti anni all'islam sciita. Invece all'avvocato palestinese israeliano Khaleb Kasab Mahmeed, che due anni fa ha inaugurato a Nazaret il primo museo arabo sull'Olocausto, non è stato confermato il visto di ingresso in Iran.
11 dicembre 2006

Teheran, la clamorosa protesta di giovani che hanno dato fuoco
a immagini del presidente. Tafferugli con i sostenitori del regime
Ahmadinejad contestato all'università
Un gruppo di studenti: "Morte al tiranno"
Oggi la conferenza revisionista sull'Olocausto voluta dal regime



TEHERAN - Clamorosa protesta nella capitale iraniana in coincidenza con la conferenza revisionista sull'Olocausto voluta dal regime: un gruppo di studenti ha contestato Mahmoud Ahmadinejad all'università Amir Kabir. Secondo l'agenzia semiufficiale Fars, i ragazzi hanno scandito slogan contro il presidente, pesanti come "Morte al dittatore", e hanno tentato di attaccare la tribuna dalla quale Ahmadinejad stava tenendo un discorso. Un portavoce presidenziale ha in un secondo momento riferito che decine di studenti hanno dato fuoco a immagini di Ahmadinejad e hanno lanciato mortaretti per interrompere il comizio. L'agenzia Fars dal canto suo sottolinea che la maggioranza degli studenti "ha invece lanciato slogan a sostegno del presidente". E tra i due gruppi sarebbe scoppiata una rissa.

A quel punto il leader iraniano ha replicato: "Tutti dovrebbero sapere che io sono pronto a essere bruciato sulla via della vera libertà, dell'indipendenza e della giustizia". Poi ha definito una mera "minoranza oppressiva" i critici del regime: "Lo sparuto drappello di individui che sostengono ci sia oppressione in Iran sono in realtà essi a creare oppressione, impendendo alla maggioranza dei compagni di sentire le mie parole. E' un gruppo minoritario, sostiene che non c'è libertà di espressione ma poi non permette che tutti gli altri ascoltino", ha tagliato corto Ahmedinejad.

I contestatori hanno ancora tentato di raggiungere il podio degli oratori ma, respinti dagli avversari, non ci sono riusciti. Il leader iraniano ha così potuto concludere il suo intervento.

L'episodio si è verificato all'indomani di un raduno di protesta tenuto sempre nel medesimo ateneo dove, secondo l'agenzia di stampa studentesca 'Isna', centinaia di studenti avevano denunciato il giro di vite imposto dal governo contro un'associazione universitraria di tendenze filo-riformistiche. Stando ancora alla 'Isna', mercoledì scorso inoltre all'Università di Teheran tra i duemila e i tremila giovani avevano inscenato una manifestazione in occasione della Giornata dello Studente, intonando slogan come "Sì alla libertà, no al dispotismo!".

La conferenza sulla Shoah. E come detto coincide con la conferenza sull'Olocausto voluta da Ahmadinejad per dimostrare che il genocidio degli ebrei in realtà non sarebbe che "un'invenzione". Una posizione più volte affermata dal presidente iraniano che ha portato a forti tensioni con la comunità internazionale.

Alla conferenza partecipano una sessantina di sedicenti esperti iraniani e stranieri dalle tendenze revisionistiche, tra cui il francese Robert Faurisson, che ha sempre negato l'esistenza delle camere a gas con cui i nazisti sterminavano i prigionieri rinchiusi nei lager e due mesi fa fu condannato in patria a tre mesi di carcere con la condizionale. Atteso inoltre l'australiano Fredrick Toeben, autore di uno studio intitolato "L'Olocausto: un'arma per uccidere".

Ci sono anche alcuni rabbini: "Siamo venuti per portare il punto di vista degli ebrei ortodossi - ha detto il rabbino britannico Ahron Cohen - Sicuramente diciamo che l'Olocausto c'è stato... Ma in nessun modo può essere utilizzato come giustificazione per perpetrare atti ingiusti contro i palestinesi".

Il discorso di apertura è stato affidato a Manouchehr Mottaki, ministro degli Esteri della Repubblica Islamica: "Lo scopo di questa conferenza non è negare o confermare l'Olocausto. L'obiettivo più importante è creare un'opportunità per i pensatori che in Europa non possono esprimere le loro posizioni sull'Olocausto".

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