ADDIO CLASSICI, NESSUNO SAPRA' LEGGERVI PIU'
Data: Mercoledì, 04 ottobre 2006 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Opinioni


ADDIO CLASSICI, NESSUNO SAPRA’ LEGGERVI PIU’


Dunque c’è un problema piccolo piccolo, quasi un’inezia, uno di quei fastidi leggeri leggeri che però ti si insinuano in mente, ti punzecchiano e subdoli, subdoli, non ti lasciano più.
Il punto di partenza è: i ragazzi di oggi leggono poco e male. Anzi dirò di più: non è che non vogliano proprio leggere, il fatto è che non sanno leggere. Quindi, quando leggono, vogliono una cosina semplice semplice, di quella che non crea problemi, che li porta dritti alla fine del libro con un pizzico di soddisfazione. E hanno pienamente ragione. Ve lo immaginate noi adulti a fruire di un testo nel quale metà delle parole non si capiscono…o si capiscono a metà…o si interpretano molto liberamente e in modo approssimativo? Dunque è un diritto sacrosanto offrire parole comprensibili. Dunque bisogna dare ai giovani testi accessibili ai loro gusti, alla loro età, ma soprattutto alla loro ormai scarsa (di chi sia la colpa nessuno ancora l’ha ben capito) competenza linguistica.
Ma è qui, giunti all’ovvia conclusione, che scatta qual pensierino fastidioso di cui parlavo. Perché nei secoli, senza volerlo, si è accumulata una letteratura straordinaria, espressione di mondi diversi, ognuna specchio dei suoi tempi e del popolo che l’ha prodotta. E caso vuole che tale straordinario patrimonio sia scritto in una lingua non proprio colloquiale, accessibile, immediatamente fruibile. Anzi è proprio il contrario: per leggere un classico ci vuole molta, ma molta fatica. E preparazione. E conoscenza approfondita dei termini e dei concetti cui quei termini rimandano.
E così li vedo tutti lì, tutti insieme, da tutte le nazioni convenuti. Proust, Gide, Tolstoj, Dostoevskij, la Woolf, Joyce, Pirandello, Svevo. Morti lì, soli, ormai senza lettori, un ammasso di parole divenute inconsistenti, destinate a non schiudere più nessun mondo. Finiti così, senza più destinatari, senza più interlocutori. Defunti perché nessuno saprà più leggerli. E noi, ultimi estimatori, ci sentiremo terribilmente soli, orfani di un patrimonio che non riusciamo più a trasmettere alle nuove generazioni.
Ecco dunque cos’era quel pensiero fastidioso. Non era una quisquilia, no. Era presentire, ci si perdoni la brutalità, semplicemente la morte di un’intera grandiosa civiltà.

SILVANA LA PORTA






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