LA SCUOLA ITALIANA E' MALATA
Data: Domenica, 01 ottobre 2006 ore 09:19:24 CEST
Argomento: Opinioni


La scuola ammalata.

Tra i banchi maestri e professori troppo vecchi e pagati più che all'estero.
 Fioroni chiede a Padoa-Schioppa di spostare tre miliardi di bilancio
 sulle classi Il 96% del budget in stipendi agli insegnanti.
 Spesa totale in linea con l'UE, i risultati no.

 di Raffaello Masci da La Stampa  del 28 settembre 2006

 

La scuola è malata. Assorbe una cifra enorme per ottenere dei risultati estremamente deludenti. Spendiamo rispetto ai 30 paesi più sviluppati del pianeta all'incirca la stessa percentuale del prodotto interno lordo (media Ocse 3,8%, spesa italiana 3,6%). Ma quando lo stesso Ocse, con una rilevazione triennale che si chiama Pisa (Programme for international student assessment) va a rilevare i risultati dell'istruzione in tre aree considerate indicative della qualità della scuola (matematica, lettura, scienze), l'Italia fa un tonfo in classifica.

 Sia il ministro Berlinguer che il suo successore Letizia Moratti introdussero, con fatica e resistenze enormi, un sistema di valutazione che consentisse di fare un periodico check up del mastodonte scolastico e provare, di volta in volta, a correggere il tiro. La macchina così allestita oggi esiste, si chiama Invalsi (Istituto nazionale di valutazione del servizio scolastico) è affidata ad un illustre scienziato - il professor Giacomo Elias - ma è tenuta sostanzialmente a bagnomaria. E il ministro Fioroni, per cercare l'ennesima cura, ieri ha provato a convincere il ministero a dirottare tre miliardi di spesa pubblica alle scuole affinché gestiscano autonomamente servizi, pulizie e supplenze brevi, con la possibilità di reinvestire eventuali resti.

SCOLARITÀ. L'istruzione ha avuto il grande merito di alfabetizzare gli italiani, al 60% senza titolo di studio negli anni ‘50. Ma oggi, se ci confrontiamo con i nostri omologhi facciamo una figura pessima. Nella fascia d'età under 35, in Italia ci sono 64 diplomati su 100, quando la Germania ne ha 85, la Francia 80, l'Inghilterra 70, la Spagna 61, la Grecia 72 e la media Ocse è di 77. Peggio ancora per i laureati nella stessa fascia di età: la media Ocse è di 31, la Francia ne ha 38, la Germania 23, l'Inghilterra 38, la Spagna 38 e la Grecia 25.

SPESA. Si dice che spendiamo poco. E' una questione controversa: spendiamo per l'intero sistema della formazione il 5,3% del Pil, contro la media Ue del 6,1%, ma dentro c'è tutto l'investimento sul sapere. Se osserviamo solo il «segmento» scuola, invece, i dati sono più vicini: spendiamo il 3,6% del Pil contro il 3,8% della media dei paesi sviluppati. Ma la spesa per studente è molto superiore alla media Ocse, con 7.366 dollari per la primaria (media Ocse 5.450) e 7.938 per le secondarie (Ocse 6.962). In termini assoluti il budget dell'Istruzione è di 40 miliardi di euro l'anno ma il 96% serve a pagare gli stipendi. «Spendiamo male - dice Attilio Oliva, presidente di Treelle, uno dei centri studi più importanti in materia di formazione - negli ultimi dieci anni gli studenti sono scesi da un milione a settecentomila, ma invece di ridurre gradualmente il numero dei docenti e investire di più nella qualità dell'istruzione, ci siamo inventato il modulo dei tre maestri. Senza dire che continuiamo a mantenere plessi scolastici per pochissimi allievi in luoghi facilmente raggiungibili da uno scuolabus, solo per far piacere ai vari campanili».

QUALITÀ. Le reiterate indagini Pisa, dal ‘97 in avanti, pongono sistematicamente l'Italia in fondo alle classifiche. Posto come valore 500 la media Ocse, nella lettura i nostri quindicenni arrivano a 476, nella matematica a 466, nelle scienze a 486. Alla sufficienza, mai. Nella graduatoria dei 30 paesi erano per la lettura al 20° posto nel 2000 e sono scesi al 26° nel 2003, in matematica erano al 23° e sono scesi al 26°, in scienze sono rimasti fermi, al 22° posto.

POCA SCIENZA. Grave la crisi dell'istruzione tecnica, che dal 1990 ad oggi è passata dal 45% al 34,2% dell'utenza scolastica. Vani gli sforzi della Moratti. Secondo i pedagogisti per invertire la tendenza occorrerebbe modificare strutturalmente i «curricula» e dare molte più ore a matematica e scienze rispetto alle discipline umanistiche. Ma qui si aprirebbe un problema sindacale enorme: che cosa potrebbero fare tutti i docenti di lettere? E tutti quelli che sono in graduatoria? «Abbiamo tanti docenti di lettere e filosofia nelle graduatorie - disse una volta l'ex sottosegretario all'Istruzione Valentina Aprea - che ci basterebbero per coprire gli organici fino al 2050».

DOCENTI. I giovani talenti sono tenuti fuori dalla scuola italiana se è vero che tra gli insegnati di ruolo solo il 2% hanno meno di 29 anni contro una media Ocse del 12%. La metà degli insegnanti (49,8%) ha più di 50 anni e un altro 4% sfiora i 60. La professione insegnante non attira più chi abbia ambizioni di carriera: il divario tra stipendio iniziale e finale è inferiore al 25%, non esistono progressioni di merito ma solo di anzianità e il divario tra le retribuzioni di un docente italiano e uno europeo è, in media, del 15%. Il rapporto docenti-allievi è fortemente squilibrato. Nell'istruzione primaria siamo a 10,7 studenti per insegnante, il più basso tra i paesi Ocse, dove la media è di 16,9. Alle superiori la musica non cambia: da noi 11 ragazzi a docente, in area Ocse 13,3.







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