E’ tempo di "restaurazione" scolastica. A
pochi giorni dal rientro ufficiale, si fanno
i conti con le correzioni (e le inversioni)
di rotta: dalla riforma Moratti al modello
Fioroni è passato pochissimo tempo,
e di contro, la scuola ha cambiato
faccia per l’ennesima volta. Novità diverse
per aspetti e contenuti, ma tutte riconducibili
alla volontà del nuovo ministro
di viale Trastevere di passar sopra
alla concezione "aziendale", introdotta
tra i banchi tre anni fa dall’attuale sindachessa
di Milano. Abrogare le norme già
in atto non sarebbe stato possibile e
avrebbe avuto effetti devastanti, quindi
è stato scelto lo strumento della sospensione
di alcuni aspetti "inapplicati o
inapplicabili". Insomma, cambiare i pezzi
di una macchina in corsa senza fermarla
sembra essere la sfida intrapresa
dal nuovo titolare del ministero.
Infanzia, stop agli anticipi. Attualmente la
legge prevede la possibilità d’iscrivere al
primo anno della scuola dell’infanzia
anche un bambino che compia i 3 anni
entro il 30 aprile dell’anno successivo a
quello d’ingresso. Le scuole dell’infanzia
(ex materna e asilo) secondo il nuovo
modello non potranno più accettare
l’anticipo dei bambini nati nei primi due
mesi dell’anno seguente a quello di riferimento.
Anticipo che permetteva ai
bimbi di due anni e mezzo di poter iniziare
a frequentare la scuola, anche se
questa non era e non è obbligatoria. Si ritorna
dunque al passato e la nuova data
ridiventa il 31 dicembre dell’anno effettivo
di riferimento. Il ministro ha annunciato
la proroga di un altro anno nell’applicazione
dell’anticipo, finora inapplicato
per le difficoltà incontrate dagli
Enti locali. Resterà, dunque, sperimentale
e soggetta allo stanziamento di fondi
specifici.
Altro capitolo, quello delle elementari:
anche la "primina", che i più bravi potevano
frequentare nell’ultimo anno d’asilo,
per poi accede con un esame alla seconda
(e anticipare di un anno l’iscrizione
per fare un balzo in avanti), esaurirà
la sua lunga storia.
Primaria, tutor addio. Per la scuola primaria
(ex scuola elementare) sparisce
innanzitutto la figura del tutor, introdotta
tra mille polemiche e aspramente
contestata dai sindacati. Cioè quella dell’insegnante
che, nello spirito della riforma,
avrebbe dovuto fungere da coordinatore
per l’orientamento e docente di
riferimento per le famiglie e gli alunni.
Le disposizioni del decreto di riforma
del primo ciclo (decreto legislativo 59
del 2004) che istituiscono la figura del
tutor e ne individuano i compiti sono
state disapplicate con l’accordo sindacale
avvenuto nell’estate 2006 (ai fini pratici,
la disapplicazione ha lo stesso effetto
dell’abrogazione). Quel docente che
avrebbe dovuto coordinare il team degli
insegnanti di una stessa classe e compilare
il portfolio delle competenze, va in
pensione. Alcuni insegnanti hanno fatto
resistenza: in alcune scuole elementari,
per esempio, si sono rifiutati di demolire
i "moduli" e al tutor hanno sbarrato il
passo, dicendo "no" al ritorno del maestro
unico e alle gerarchie tra pari che
avrebbero stravolto il loro compito. Ma
la figura del tutor rimane solo sulla carta.
Portfolio addio, torna la pagella. Cambia
anche la valutazione degli studenti: saranno
valutati da quest’anno tutti quanti
alla fine dell’anno scolastico, come si fa
da sempre, ma la votazione intermedia
(alla fine del primo quadrimestre) sarà
sostituita da una "raccolta di dati significativi
a campionatura". E sparisce anche
il Portfolio delle competenze, una
specie di registro per ciascun alunno
anche questo oggetto di annose controversie
tra l’ex governo di centrodestra ed
i sindacati. La valutazione del sistema
della scuola, alla fine dell’anno scolastico
2006-2007, avverrà con metodi di
indagine più mirati, mentre, all’inizio
dell’anno scolastico, anche la verifica
degli apprendimenti richiederà da ora in
poi procedure più scientifiche e controllabili.
"Ciò servirà a rendere l’analisi
del funzionamento del sistema scolastico
italiano più credibile, trasparente e
in linea con metodi e parametri in uso a
livello europeo". Solo a giugno quindi,
allo scrutinio finale e decisivo, gli insegnanti
della classe rileveranno le competenze
disciplinari acquisite dall’alunno
e la sua maturazione progressiva negli
apprendimenti e nel viver la scuola,
come consolidato da quando esiste la
scuola moderna.
Doppio canale e obbligo a 16 anni. Via al
doppio canale? Parliamo del percorso liceale
e del percorso professionale. Lo
stop al secondo ciclo coinvolge anche
l’avvio dei due percorsi distinti e di pari
dignità, il primo più scolastico, il secondo
affidato all’istruzione professionale.
Proprio quest’ultimo sembra destinato a
un brusco ridimensionamento, anche
alla luce dell’intenzione espressa dall’Unione
di aumentare l’obbligo scolastico
ai 16 anni con l’introduzione di un
biennio unico obbligatorio nella secondaria.
Tra i decreti attuativi della legge
53, s’istituivano di fatto due percorsi diversi
per le scuole superiori, confermando
la struttura "duale", che dovrebbe
essere costituita da due sistemi, ben divisi
e separati: quello dei licei, che dura
5 anni e che dà accesso all’università, e
quello dell’istruzione e della formazione
professionale, che non dà accesso all’università
ed è di competenza delle regioni.
"Il tutto, costituiva una divisione di
fatto tra formazione di serie A e di serie
B, e stabiliva il destino dei ragazzi, costretti
a scegliere il proprio percorso all’età
di 12 anni e mezzo, in base al reddito".
Inoltre, si parla di innalzare l’obbligo
di istruzione, istituendo un primo
biennio della scuola superiore, da un lato
interrelato con la scuola media e dall’altro
con una valenza orientativa rispetto
ai percorsi successivi. In questo
modo si supera la canalizzazione precoce
prevista dalla legge Moratti. Nel programma
si legge che il secondo ciclo di
istruzione sarà in ogni caso quinquennale
e si concluderà con un esame di Stato,
con commissioni che saranno riviste e
avranno una prevalente composizione
esterna. Inoltre si parla di portare l’obbligo
di formazione (diverso da quello dell’istruzione)
fino a 18 anni, e prima di
questa età si esclude qualsiasi lavoro
che non sia formativo.
MARIKA FALSAPERLA (da La Sicilia)
La maturità tornerà a «far paura»
L’esame cambierà per l’ennesima volta da quel 1923 in cui Giovanni
Gentile lo introdusse alla fine del percorso di studi liceale, l’unico che
permetteva l’accesso all’università. Allora la commissione era tutta
d’insegnanti esterni, quattro gli scritti, un orale su tutte le materie.
Cambiò nel ’40, nel ’51, nel ’69 quando arrivò il voto in sessantesimi,
"resistendo" fino ad arrivare a qualche anno fa. E dopo aver beneficiato
di una parentesi di tranquillità (commissioni interne, tesine, quizzoni),
gli studenti - con il ministro Fioroni - dovranno di nuovo fare i conti
con la paura e lo stress pre-esame: commissioni miste, presidenze
effettive e non di carattere meramente notarile da affidate non solo a
dirigenti scolastici ma anche a docenti universitari, un presidente per
commissione, valorizzazione del curriculum ai fini della valutazione,
ripristino di uno scrutinio finale basato sul "principio della positività"
(sufficienze in tutte le materie nonché saldo dei debiti come
condizioni necessarie per accedere agli esami) e giro di vite sui
diplomifici, la cui normativa verrà sottoposta a maggior controllo.
Le prime due prove scritte resteranno di competenza del ministero e
non subiranno variazioni (la seconda prova scritta per gli istituti
tecnici, professionali e artistici assumerà una connotazione più tecnica
e laboratoriale), mentre cambia anche la terza prova scritta
dell’esame finale: dall’anno prossimo, infatti, sarà redatta e impostata
dagli stessi docenti dell’ultimo anno e poi proposta agli studenti
maturandi. E si aspetteranno le classiche aperture delle buste e i
sorteggi, mentre "task force" ispettive assicureranno il monitoraggio
del regolare funzionamento degli istituti statali e paritari e, in
particolare, verificheranno il corretto svolgimento degli esami di Stato.
Il disegno di legge per modificare la maturità presenta aspetti
interessanti e anche necessari: una diffusa esigenza di serietà, di
maggior controllo sulla scuola statale e paritaria, una presa in
considerazione degli alunni stranieri. Il ministro inoltre, ha anche
manifestato l’intenzione di concordare con il ministro dell’Università
nuove modalità di accesso agli studi universitari: modalità che
tengano conto del curriculum dello studente e del risultato dell’esame
di Stato.
Per finire, il provvedimento prevede inoltre una delega al Governo che
consentirà di realizzare, nell’ultimo anno di studi, dei percorsi di
orientamento che permetteranno agli studenti di scegliere con
maggiore consapevolezza il corso di laurea più idoneo alle loro
caratteristiche e aspirazioni, con la partecipazione in aula anche di
docenti universitari e dell’alta formazione artistica, musicale e
coreutica. E ancora, di valorizzare la qualità dei risultati scolastici
raggiunti, assegnando per esempio una quota del punteggio degli
esami di ammissione ai corsi universitari a numero programmato a
quegli studenti che, nell’ultimo triennio e nell’esame di Stato,
abbiano conseguito risultati scolastici di particolare rilievo. (da La Sicilia)