«Lavori in corso» tra i banchi - Com’è cambiata la scuola e come cambierà secondo gli annunci del nuovo ministro.
Data: Venerdì, 22 settembre 2006 ore 01:18:57 CEST
Argomento: Rassegna stampa


E’ tempo di "restaurazione" scolastica. A pochi giorni dal rientro ufficiale, si fanno i conti con le correzioni (e le inversioni) di rotta: dalla riforma Moratti al modello Fioroni è passato pochissimo tempo, e di contro, la scuola ha cambiato faccia per l’ennesima volta. Novità diverse per aspetti e contenuti, ma tutte riconducibili alla volontà del nuovo ministro di viale Trastevere di passar sopra alla concezione "aziendale", introdotta tra i banchi tre anni fa dall’attuale sindachessa di Milano. Abrogare le norme già in atto non sarebbe stato possibile e avrebbe avuto effetti devastanti, quindi è stato scelto lo strumento della sospensione di alcuni aspetti "inapplicati o inapplicabili". Insomma, cambiare i pezzi di una macchina in corsa senza fermarla sembra essere la sfida intrapresa dal nuovo titolare del ministero.

Infanzia, stop agli anticipi. Attualmente la legge prevede la possibilità d’iscrivere al primo anno della scuola dell’infanzia anche un bambino che compia i 3 anni entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello d’ingresso. Le scuole dell’infanzia (ex materna e asilo) secondo il nuovo modello non potranno più accettare l’anticipo dei bambini nati nei primi due mesi dell’anno seguente a quello di riferimento. Anticipo che permetteva ai bimbi di due anni e mezzo di poter iniziare a frequentare la scuola, anche se questa non era e non è obbligatoria. Si ritorna dunque al passato e la nuova data ridiventa il 31 dicembre dell’anno effettivo di riferimento. Il ministro ha annunciato la proroga di un altro anno nell’applicazione dell’anticipo, finora inapplicato per le difficoltà incontrate dagli Enti locali. Resterà, dunque, sperimentale e soggetta allo stanziamento di fondi specifici. Altro capitolo, quello delle elementari: anche la "primina", che i più bravi potevano frequentare nell’ultimo anno d’asilo, per poi accede con un esame alla seconda (e anticipare di un anno l’iscrizione per fare un balzo in avanti), esaurirà la sua lunga storia. Primaria, tutor addio. Per la scuola primaria (ex scuola elementare) sparisce innanzitutto la figura del tutor, introdotta tra mille polemiche e aspramente contestata dai sindacati. Cioè quella dell’insegnante che, nello spirito della riforma, avrebbe dovuto fungere da coordinatore per l’orientamento e docente di riferimento per le famiglie e gli alunni. Le disposizioni del decreto di riforma del primo ciclo (decreto legislativo 59 del 2004) che istituiscono la figura del tutor e ne individuano i compiti sono state disapplicate con l’accordo sindacale avvenuto nell’estate 2006 (ai fini pratici, la disapplicazione ha lo stesso effetto dell’abrogazione). Quel docente che avrebbe dovuto coordinare il team degli insegnanti di una stessa classe e compilare il portfolio delle competenze, va in pensione. Alcuni insegnanti hanno fatto resistenza: in alcune scuole elementari, per esempio, si sono rifiutati di demolire i "moduli" e al tutor hanno sbarrato il passo, dicendo "no" al ritorno del maestro unico e alle gerarchie tra pari che avrebbero stravolto il loro compito. Ma la figura del tutor rimane solo sulla carta. Portfolio addio, torna la pagella. Cambia anche la valutazione degli studenti: saranno valutati da quest’anno tutti quanti alla fine dell’anno scolastico, come si fa da sempre, ma la votazione intermedia (alla fine del primo quadrimestre) sarà sostituita da una "raccolta di dati significativi a campionatura". E sparisce anche il Portfolio delle competenze, una specie di registro per ciascun alunno anche questo oggetto di annose controversie tra l’ex governo di centrodestra ed i sindacati. La valutazione del sistema della scuola, alla fine dell’anno scolastico 2006-2007, avverrà con metodi di indagine più mirati, mentre, all’inizio dell’anno scolastico, anche la verifica degli apprendimenti richiederà da ora in poi procedure più scientifiche e controllabili. "Ciò servirà a rendere l’analisi del funzionamento del sistema scolastico italiano più credibile, trasparente e in linea con metodi e parametri in uso a livello europeo". Solo a giugno quindi, allo scrutinio finale e decisivo, gli insegnanti della classe rileveranno le competenze disciplinari acquisite dall’alunno e la sua maturazione progressiva negli apprendimenti e nel viver la scuola, come consolidato da quando esiste la scuola moderna. Doppio canale e obbligo a 16 anni. Via al doppio canale? Parliamo del percorso liceale e del percorso professionale. Lo stop al secondo ciclo coinvolge anche l’avvio dei due percorsi distinti e di pari dignità, il primo più scolastico, il secondo affidato all’istruzione professionale. Proprio quest’ultimo sembra destinato a un brusco ridimensionamento, anche alla luce dell’intenzione espressa dall’Unione di aumentare l’obbligo scolastico ai 16 anni con l’introduzione di un biennio unico obbligatorio nella secondaria. Tra i decreti attuativi della legge 53, s’istituivano di fatto due percorsi diversi per le scuole superiori, confermando la struttura "duale", che dovrebbe essere costituita da due sistemi, ben divisi e separati: quello dei licei, che dura 5 anni e che dà accesso all’università, e quello dell’istruzione e della formazione professionale, che non dà accesso all’università ed è di competenza delle regioni. "Il tutto, costituiva una divisione di fatto tra formazione di serie A e di serie B, e stabiliva il destino dei ragazzi, costretti a scegliere il proprio percorso all’età di 12 anni e mezzo, in base al reddito". Inoltre, si parla di innalzare l’obbligo di istruzione, istituendo un primo biennio della scuola superiore, da un lato interrelato con la scuola media e dall’altro con una valenza orientativa rispetto ai percorsi successivi. In questo modo si supera la canalizzazione precoce prevista dalla legge Moratti. Nel programma si legge che il secondo ciclo di istruzione sarà in ogni caso quinquennale e si concluderà con un esame di Stato, con commissioni che saranno riviste e avranno una prevalente composizione esterna. Inoltre si parla di portare l’obbligo di formazione (diverso da quello dell’istruzione) fino a 18 anni, e prima di questa età si esclude qualsiasi lavoro che non sia formativo.

MARIKA FALSAPERLA (da La Sicilia)

 

La maturità tornerà a «far paura»

 

L’esame cambierà per l’ennesima volta da quel 1923 in cui Giovanni Gentile lo introdusse alla fine del percorso di studi liceale, l’unico che permetteva l’accesso all’università. Allora la commissione era tutta d’insegnanti esterni, quattro gli scritti, un orale su tutte le materie. Cambiò nel ’40, nel ’51, nel ’69 quando arrivò il voto in sessantesimi, "resistendo" fino ad arrivare a qualche anno fa. E dopo aver beneficiato di una parentesi di tranquillità (commissioni interne, tesine, quizzoni), gli studenti - con il ministro Fioroni - dovranno di nuovo fare i conti con la paura e lo stress pre-esame: commissioni miste, presidenze effettive e non di carattere meramente notarile da affidate non solo a dirigenti scolastici ma anche a docenti universitari, un presidente per commissione, valorizzazione del curriculum ai fini della valutazione, ripristino di uno scrutinio finale basato sul "principio della positività" (sufficienze in tutte le materie nonché saldo dei debiti come condizioni necessarie per accedere agli esami) e giro di vite sui diplomifici, la cui normativa verrà sottoposta a maggior controllo. Le prime due prove scritte resteranno di competenza del ministero e non subiranno variazioni (la seconda prova scritta per gli istituti tecnici, professionali e artistici assumerà una connotazione più tecnica e laboratoriale), mentre cambia anche la terza prova scritta dell’esame finale: dall’anno prossimo, infatti, sarà redatta e impostata dagli stessi docenti dell’ultimo anno e poi proposta agli studenti maturandi. E si aspetteranno le classiche aperture delle buste e i sorteggi, mentre "task force" ispettive assicureranno il monitoraggio del regolare funzionamento degli istituti statali e paritari e, in particolare, verificheranno il corretto svolgimento degli esami di Stato. Il disegno di legge per modificare la maturità presenta aspetti interessanti e anche necessari: una diffusa esigenza di serietà, di maggior controllo sulla scuola statale e paritaria, una presa in considerazione degli alunni stranieri. Il ministro inoltre, ha anche manifestato l’intenzione di concordare con il ministro dell’Università nuove modalità di accesso agli studi universitari: modalità che tengano conto del curriculum dello studente e del risultato dell’esame di Stato. Per finire, il provvedimento prevede inoltre una delega al Governo che consentirà di realizzare, nell’ultimo anno di studi, dei percorsi di orientamento che permetteranno agli studenti di scegliere con maggiore consapevolezza il corso di laurea più idoneo alle loro caratteristiche e aspirazioni, con la partecipazione in aula anche di docenti universitari e dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica. E ancora, di valorizzare la qualità dei risultati scolastici raggiunti, assegnando per esempio una quota del punteggio degli esami di ammissione ai corsi universitari a numero programmato a quegli studenti che, nell’ultimo triennio e nell’esame di Stato, abbiano conseguito risultati scolastici di particolare rilievo. (da La Sicilia)







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