Comune di Catania: Servizi a domanda individuale: aliquota al 32,42%
Data: Giovedì, 07 settembre 2006 ore 20:09:20 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Servizi a domanda individuale: aliquota al 32,42%

Oggi il commissario ad acta per il bilancio chiederà le carte agli uffici

Catania 7.9.2006 La delibera con la quale il Comune dovrebbe ripianare i debiti dell'Amt - 22 milioni di euro, secondo le indiscrezioni, ma potrebbero essere di più - non è stata depositata. L'amministrazione ha preparato un maxiemendamento nel quale è detto come e dove reperirà le somme necessarie e a questo si accompagna un documento che impegna l'Amt ha rimodulare il proprio bilancio. Un atto che il presidente Sineri ha chiesto di sottoporre al consiglio d'amministrazIone dell'Amt, ma è evidente che all'interno della maggioranza non si sia ancora raggiunto un accordo sullo spinoso problema. Così il Consiglio comunale, in assenza della delibera, non ha potuto affrontare la questione, ancora una volta non per sua responsabilità. Nonostante ciò il presidente Roberto Commercio ha inserito il punto all'ordine del giorno della seduta di lunedì prossimo, dopo la discussione sul Prg, e in quella di martedì.
Intanto stamattina il dottor Carlo Turriciano, nominato commissario ad acta per l'approvazione del bilancio, chiederà le carte al presidente del Consiglio comunale che contrattacca. «Spiegherò - dice Roberto Commercio - che Catania è un'anomalia nel panorama italiano perché non ci sono altre grandi città nelle quali il bilancio preventivo viene approvato a fine anno, come fosse un consuntivo. E questo significa che il Consiglio è espropriato della possibilità di programmare per la città. Gli dirò che ci sono delle responsabilità da individuare e gli chiederò di farsi garante delle prerogative del Consiglio».
Nella tarda notte di martedì scorso il Consiglio ha discusso e approvato, a maggioranza, la delibera relativa ai servizi a domanda individuale (refezione scolastica, asili nido, piscine, mercati etc.) per i quali l'amministrazione ha previsto una spesa complessiva di 10 milioni e 379 mila euro contro un ricavo, proveniente dalle tariffe, di 3 milioni 365 mila euro, somma pari al 32,42% della spesa complessiva. Percentuale, questa relativa al contributo complessivo degli utenti, che ha suscitato le contestazioni del centrosinistra.
Finora le passate amministrazioni hanno sempre previsto una quota di ricavi da tariffe pari al 36% del totale della spesa, come prevede la legge che indica questa quota di introiti come quella minima da garantire. Ora l'assessore al Bilancio Caruso ha previsto una quota inferiore - il 32,42% - sostenendo che una legge del 1994 lo consente ai Comuni per i quali non è stato dichiarato il dissesto finanziario. Situazione verso la quale il Comune di Catania inclina pericolosamente, hanno obiettato le opposizioni secondo le quali, data la difficile situazione finanziaria, il divario tra spese e ricavi dovrebbe essere comunque ridotto. «Un'obiezione - dice Saro D'Agata dei Ds - avanzata anche dai revisori del conti, cioè dal massimo organo di controllo. E' chiaro che per i servizi di rilevanza sociale, quali gli asili nido e la refezione scolastica, le aliquote non devono essere aumentate, ma si può fare, e di molto, fino al 100% dei costi e anche oltre, per i servizi che possono essere concorrenziali con i privati, quali l'espurgo pozzi neri e i trasporti funebri. Il problema è che questi sono settori sensibili nei quali l'amministrazione non vuole esporsi».
P. L.
 

Il caso degli asili nido 14.000 euro a bimbo

Servizi del Comune . Quasi 300 operatori per 700 utenti Il contributo complessivo delle famiglie è del 3,66%

Pinella Leocata
Catania 7.9.2006. Che gli asili nido siano insufficienti a rispondere al bisogno delle famiglie catanesi è cosa nota da tempo. Meno noto, invece, è quanto l'amministrazione di città spende per ogni bambino accolto nei propri asili nido: 14.000 euro l'anno per ogni piccolo per 10 mesi di servizio, contro i 4-5.000 euro l'anno che le famiglie pagano alle strutture private per un servizio di 11 mesi l'anno. Un'enormità e un divario enorme, per quanto attiene i costi, tra la gestione pubblica e quella privata.
A sollevare il caso la notte di martedì scorso in Consiglio comunale - in occasione dell'approvazione della delibera relativa ai servizi a domanda individuale - il consigliere Fabio Fatuzzo (An) che aveva già cercato, invano, di affrontare il problema quando era assessore alla Pubblica istruzione della prima Giunta Scapagnini. Fatuzzo sostiene che il servizio asili nido è a rischio perché costa troppo alla collettività e perché le casse comunali, ormai vuote, non possono più sopportare sprechi, come è avvenuto finora. «Serve una razionalizzazione del servizio», ha ripetuto più volte, spiegando anche il perché e il come.
Innanzitutto i dati. Per gli asili nido il Comune spende ogni anno 8 milioni e mezzo di euro dei quali 5.951.576 per il personale e 2.601.632 per beni e servizi. Di contro ricava dalle rette 331.000 euro. Un'inezia. Ora, poiché quello degli asili nido è un servizio di grande rilevanza sociale, è dato per scontato che sia a perdere tant'è che la legge prevede che per gli asili nido, a differenza degli altri servizi a domanda individuale, la quota del contributo dei cittadini (che deve essere pari, complessivamente, almeno al 36% dei costi), vada calcolata sulla metà della spesa totale. Questo significa che il contributo complessivo degli utenti deve equivalere, di fatto, almeno al 18% anzicché al 36% della spesa. Ma se si guardano i dati catanesi è evidente che i 331.000 euro l'anno di ricavato equivalgano al 3,66% del totale, o al 7%, se calcolato sulla metà della spesa. Una quota ben lontana, dunque, dal minimo previsto per legge.
Di qui la parola d'ordine del consigliere Fatuzzo: «razionalizzare». E razionalizzare, a suo avviso, significa innanzitutto utilizzare tutte le facilitazioni previste dalla legge regionale che dà contributi per i cosiddetti «micro asili», cioè asili di caseggiato o aziendali. La Sifi, per esempio, ha avviato la procedura in tal senso. «Questo - dice Fatuzzo - consentirebbe di rispondere meglio al bisogno e di ridurre i costi. Altro fronte d'intervento è quello di una più razionale distribuzione degli asili sul territorio perché, finora, si è guardato più alle aspettative dei lavoratori che ai bisogni dell'utente cosicché ci sono più asili nido in centro, con pochi bambini e molte educatrici, che in periferia dove le educatrici preferiscono non andare». La legge dice che il rapporto bambini/educatori deve essere di 1 a 6, mentre quello bambini/ausiliari di 1 a 10. «I bambini che frequentano i nidi comunali - sottolinea il consigliere Fatuzzo - sono circa 700, accuditi da circa 200 educatrici e da 120 ausiliarie. Questo vuol dire che ci sono oltre 300 lavoratori per 700 bambini, un rapporto quasi di 1 a 2: insostenibile, tanto più in una situazione di difficoltà economica dei Comuni. Questo significa che, se non si razionalizza, il Comune, poiché si tratta di un servizio a domanda individuale, e dunque non obbligatorio, potrebbe essere costretto a sospenderlo».







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