CARI DOCENTI...LETTERA DEL MINSTRO FIORONI AGLI INSEGNANTI
Data: Giovedì, 07 settembre 2006 ore 00:09:30 CEST
Argomento: Comunicati


Prot. n. 692                 Roma, 31 agosto 2006      A tutti i Dirigenti scolastici  A tutti i Docenti          Il mio augurio, per questo nuovo anno scolastico, è che il vostro lavoro possa  svolgersi in condizioni migliori, realizzando risultati più vicini agli obiettivi propri  di un sistema educativo moderno e di qualità.    E’ un augurio che devo rivolgere anche a me stesso, per le responsabilità che  ho assunto da qualche mese nel campo delle politiche scolastiche e  per le  difficoltà di varia natura che vi si sono accumulate negli anni.    Sono però convinto che significativi miglioramenti si possano fare abbastanza  facilmente, e in tempi relativamente rapidi. Attribuisco, in particolare, la  massima importanza al ristabilimento di una comunicazione diretta, di modalità  fluide ed efficaci di ascolto e di confronto con il personale della scuola; all’ avvio  di processi concreti e visibili di condivisione delle scelte; al  recupero di un  clima sereno e costruttivo, libero dalle tensioni e dalle incertezze degli ultimi  anni.     So bene che può suonare retorica l’affermazione – in ogni caso tutt’altro che  inedita – secondo cui nella scuola non si possono fare riforme, e neppure  modesti cambiamenti, senza il coinvolgimento e contro il parere degli  insegnanti. So anche che l’esperienza vi ha reso giustamente diffidenti nei  confronti di queste belle parole e di chi le pronuncia. Ma vi assicuro che farò il  possibile per non smentirle.     Abbiamo, del resto, una buona base da cui partire. Impegno educativo, qualità  professionale, capacità di innovazione, buoni collegamenti con il territorio sono  una risorsa diffusa, sebbene in modo ancora non omogeneo, nella scuola  italiana. Buona parte degli insegnanti, dei dirigenti scolastici, del personale nel  suo insieme, pur nella fatica di contesti organizzativi e di condizioni lavorative  spesso non adeguate alla complessità del compito, sa assumersene la  responsabilità: dando riscontri concreti all’autonomia scolastica e cogliendo le  opportunità offerte dalla possibilità di nuove alleanze con gli attori istituzionali,  sociali, economici del territorio. Ma è indubbio – lo sappiamo non solo dai dati  statistici e dai risultati delle indagini, ma soprattutto dalla realtà che si coglie in  presa diretta nel lavoro scolastico – che ci sono non poche criticità, di varia  origine e di diversa gravità, e che occorrerà risolverle Tra queste non sottovaluto affatto le difficoltà, le mortificazioni, i rischi di  demotivazione professionale che derivano da un riconoscimento sociale ed  economico inadeguato, da un precariato troppo consistente e di troppo lunga  durata, da dispositivi di formazione iniziale e continua non convincenti e nonefficaci. Sono temi complicati, talora anche controversi, che però meritano di  essere presi sul serio, approfonditi e avviati a soluzione: anche per recuperare  al lavoro docente una capacità di attrazione dei laureati migliori. Lo dobbiamo  alla scuola che verrà e alle prossime generazioni di studenti.    Ma alle politiche per il personale devono intrecciarsi altri interventi . Abbiamo la  necessità di rendere più inclusivo il nostro sistema educativo, coniugando  equità ed eccellenza e restituendogli capacità di contribuire fortemente a quella  mobilità sociale basata sulla serietà degli studi e sulla qualità dei risultati di cui  nel nostro paese c’è grandissimo bisogno; di assicurare a tutti gli allievi il  raggiungimento di standard di competenze più elevati, sia di base che  professionali; di mettere al centro le persone e lo sviluppo della capacità di  ognuno tramite la valorizzazione delle  attitudini, dei talenti, degli stili cognitivi e  delle strategie di apprendimento; di modernizzare il profilo culturale della  scuola, tenendo conto dei bisogni formativi di una società complessa e plurale  e delle trasformazioni del mondo del lavoro e delle professioni ma anche  dell’importanza di rivisitare e rilanciare in termini nuovi la  dimensione culturale  europea ; di adottare la logica dell’apprendimento lungo tutto il corso della vita  e dell’apprendere ad apprendere; di rendere trasparenti e scientificamente  valutabili i risultati dell’azione formativa; di rivalorizzare e sviluppare l’intero  comparto tecnico professionale, come richiesto dai processi di riqualificazione e  modernizzazione del nostro sistema economico-produttivo.     Un lungo elenco di obiettivi,  che vanno dalle scuole per l’infanzia ai centri per  l’educazione degli adulti, molti dei quali sono già al centro delle numerose  buone pratiche che attraversano l’intero sistema. Ma come procedere? Con  quale metodo?     Molti insegnanti e molti dirigenti scolastici, pur augurandosi cambiamenti anche  profondi e capaci di rispondere alle sfide di una nuova cittadinanza e di una  rinnovata umanizzazione della nostra società,  temono che si riproducano  ancora una volta situazioni di incertezza e di difficoltà.  Le politiche che  impostano e non concludono, che fanno innovazioni senza verifiche, che  privilegiano obiettivi distruttivi invece che costruttivi, che corrono dietro alle  ideologie invece che a ciò che si può concretamente migliorare. L’esperienza  degli ultimi anni brucia ancora, molti sono disorientati, molti chiedono solo  semplificazioni, molti desiderano addirittura che tutto resti fermo, almeno per un  giro.      Vorrei rassicurarli. Ci sono modifiche urgenti e fondamentali che devono essere  fatte: ma prima di ogni modifica, ci sarà lo spazio per l’ascolto del mondo della  scuola, per i confronti con l’associazionismo professionale, con le  organizzazioni sindacali di categoria, con le parti sociali. Non per rimandare  le  decisioni più difficili o le scelte più controverse, non per alimentare ancora la  perversa logica dei rinvii che non giova alla credibilità del sistema educativo edel lavoro che vi si svolge, ma per decidere a ragion veduta, misurandosi sia  con le opinioni che con i fatti, verificando le condizioni di concreta agibilità  del  cambiamento, destinando le  risorse necessarie.    Non c’è bisogno, insomma, di altri punti e a capo, né di elaborare l’ennesima  riforma organica e complessiva da consegnare alla storia. Le trasformazionivere richiedono tempi lunghi e distesi, sperimentazioni e verifiche sul campo, la  capacità e la pazienza degli aggiustamenti in itinere. Il quadro dell’autonomia  scolastica, del resto, consente un’innovazione che ha il suo fulcro principale  nelle stesse istituzioni scolastiche. Le numerose buone pratiche sono il  materiale principale da cui muovere.     La via che intendo percorrere è quella dell’attivazione di processi di  trasformazione condivisi, rimuovendo ciò che li ostacola e mettendo in campo  quanto occorre perché possano realizzarsi compiutamente, sostenendo le  situazioni più deboli in modo da superare quell’innovazione a chiazze di  leopardo che caratterizza la scuola italiana: non è di una moltiplicazione  ulteriore di situazioni di eccellenza che abbiamo bisogno, ma di un  miglioramento medio che investa in modo omogeneo l’intero sistema.    Abbiamo, come quadro di riferimento, le indicazioni della Commissione  Europea e gli obiettivi condivisi dai paesi membri. E come bussola una  Costituzione, recentemente confermata dal voto popolare, che fa dell’istruzione  un diritto universalistico, non condizionabile da situazioni  sociali e soggettive, e  neppure dal risiedere nell’una o nell’altra area regionale. Quello stesso testo  costituzionale fa dell’obbligo della Repubblica di assicurare a tutti  il diritto  all’istruzione una funzione pubblica, un concetto e un valore a cui tengo molto.   La scuola, con il suo lavoro di ogni giorno e la sua presenza in ogni luogo è il  cantiere della piena cittadinanza. Abbiamo, inoltre, una cultura istituzionale e  sociale, sedimentata in norme, che affida al sistema educativo compiti di  importanza fondamentale per lo sviluppo della democrazia, di un’etica pubblica  laica, di una cultura comunitaria e solidaristica.    Non ci mancano, quindi, i principi da cui far discendere le politiche. Occorrono  però azioni conseguenti, a partire dalla definizione di obiettivi formativi e di  standard di competenze  cui possa ancorarsi la progettazione curriculare, la  valutazione scientifica dei risultati, la validità nazionale ed europea dei titoli di  studio e delle qualifiche. Il lavoro che abbiamo di fronte è, dunque, molto  importante. Negli ultimi tre mesi sono stati già fatti alcuni passi, ma è solo dalle  prossime settimane, con le scuole riaperte e la possibilità del confronto con il  suo personale, che si entrerà davvero nel vivo.    Accompagno questa lettera con una “Nota di indirizzo” che ha lo scopo di  fornire alcuni orientamenti generali in una situazione di riforma che è, ancora, di  “cantiere aperto”. Mi auguro che la Nota aiuti a costruire, in questa fase di avvio  del nuovo anno scolastico, un clima di serenità, di fiducia, di impegno.    Buon lavoro a tutti noi, e ancora auguri     

   Giuseppe Fioroni  Ministro della Pubblica Istruzione









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