PRECARI, LA TRISTEZZA DELLE CONVOCAZIONI
Data: Marted́, 29 agosto 2006 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Opinioni


PRECARI, LA TRISTEZZA DELLE CONVOCAZIONI

Qui regna la Tristezza. Sembra questo il messaggio che pervade quella grande aula che ogni anno ospita, in questa languida fine di agosto, le convocazioni dei docenti precari, all’affannosa ricerca di una cattedra.
Sono reduci da vacanze a metà, con la mente sempre sospesa tra il mare e il pensiero del futuro. Tra un’onda e l’altra monta anche una sottile angoscia, tipica di chi non sa mai, anno dopo anno, cosa sarà il domani, e dove sarà, in quale landa sperduta della Sicilia, tra quali alunni, in quali classi. Il sole è accecante, ma nell’animo c’è una zona d’ombra: la paura di un nuovo salto nel buio, come ad ogni inizio di anno scolastico. Già dimenticati sembrano i volti dei ragazzi con i quali si sono condivisi affettuosamente mesi e mesi di lezione. Il precariato impone la sua triste legge: dimenticare in fretta il passato, volgersi a un futuro incombente e misterioso. Il precariato detta le sue tristi condizioni: mai affezionarsi a nessuno e a nessuna cosa, si cambia, perdendo in un attimo ciò che faticosamente si era costruito. Senza rimpianti.
Poi arriva il giorno tanto atteso, le sospirate convocazioni. Hanno dormito male quella notte, in attesa spasmodica della mattina seguente. La notte è stata lunga, pesante è parso il lenzuolo che ricopriva il corpo incapace di trovare pace nel sonno. Dove finirò? E se mi toccasse una sede lontana? Tornerò a casa a bocca asciutta?
Poi, magari nello specchio dell’entrata, prima di varcare la soglia della propria abitazione, si guardano un attimo, si fissano per bene e si dicono: “Ma sono proprio io con questa faccia triste qui, quella persona che un tempo ha studiato con tanto amore e speranza e adesso va quasi a mendicare un posto di lavoro?”.
Non si rispondono però, quasi per una strana, egoistica pietà di loro stessi. Vanno via, si gettano di colpo nella calca dei loro simili che attendono una nomina. Si salutano affettuosamente, ormai si conoscono tutti da anni e si avvertono solidali compagni di sventura. Per tutto il tempo ascoltano, si muovono con facce spente verso il tavolo dei convocati, tremano dinanzi alla consapevolezza che per loro non ci sarà alcun posto di lavoro, si dannano dinanzi alla conquista di una sede lontana, gioiscono per un attimo e si abbracciano tra loro, se la sorte gli assegna un posto vicino vicino.
Ma è solo una macchia di colore in un mare di grigio. Siamo alle convocazioni dei docenti precari. Hic regnat Tristitia.

SILVANA LA PORTA






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