LA CHIESA E L'USO DEL DIO DENARO
Data: Mercoledì, 09 agosto 2006 ore 09:15:43 CEST
Argomento: Rassegna stampa


While the Pope owns 51% of General Motors…recitava una famosa canzone di George Harrison. E se indubbiamente non possiamo supporre che il Vaticano abbia mai posseduto la maggioranza delle azioni della General Motors, certo è che le finanze della Chiesa hanno sempre offerto argomento di dibattito e congettura, affascinando negli ultimi decenni soprattutto il mondo del giornalismo. Adesso però nella collana diretta da Sergio Romano giunge nelle librerie un saggio di John F. Pollard (L’obolo di Pietro. Le finanze del papato moderno 1850-1950, Corbaccio, pp.364, € 22) che consegna questo tema alla storia, ricostruendo con scrupolo documentario e notevole acribia cento anni di vita del papato, tra miserie e splendori, vizi e virtù.
La tesi del libro è acuta, a tratti quasi sconvolgente: è solo guardando al denaro della Chiesa e alla sua utilizzazione che si può capire come la Santa Sede sia diventata un’istituzione moderna; e come velatamente abbia in realtà predicato bene e razzolato male. Da un lato, infatti, in risposta all’affermarsi del capitalismo industriale e finanziario, ha sempre sbandierato a gran voce un nutrito corpus di dottrine sociali, invitando i cattolici a mantenersi casti e cauti dinanzi al dio Denaro; dall’altro invece non ha esitato a compiere ardite speculazioni per conto dei suoi consulenti finanziari al fine di procurarsi forme di sostentamento economico.
E perché? Per un semplice obiettivo: adeguarsi alle regole della feroce modernità. Così la Chiesa nel corso dei decenni non a caso è diventata editrice di giornali e riviste, ha ricevuto capitali dallo Stato italiano con i patti Lateranensi  e li ha investiti all’estero, là dove l’economia era più florida, creando una solida rete finanziaria nel mondo e cercando sempre di evitare in patria qualunque forma di tassazione. Infine, dunque, scopriamo che il famoso obolo di Pietro, l’offerta dei fedeli, in parte non ha fatto che finanziare l’estendersi del raggio d’azione del papato in una dimensione planetaria, incrementando anche, ma non solo, gli aiuti destinati alle chiese locali più bisognose.
L’impressione finale, a conclusione di questo interessante e ben documentato saggio, è che alla Chiesa di Roma, guidata da un naturale istinto di sopravvivenza, ben si attagli un famoso camaleontico detto di Charles Maurice Talleyrand: “Voi mi scuserete: a cambiare non sono io, ma i tempi.”

Silvana La Porta






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