INUTILE LA RIFORMA, L'ESAME DI MATURITA' E' MORTO
Data: Marted́, 08 agosto 2006 ore 00:20:00 CEST
Argomento: Opinioni


Maturità, accanimento terapeutico.

di Claudia Mancina, da La Stampa  del 7/8/2006

 

La scuola è stata uno dei temi principali della mobilitazione di opinione contro il governo Berlusconi. Saggiamente però il ministro Fioroni ha deciso di non costruire una alternativa globale alla riforma Moratti, ma di dedicarsi piuttosto a rimettere ordine nel corpaccione malato del sistema d'istruzione, sottoposto negli ultimi anni a vari e contrastanti interventi che lo hanno stressato e turbato.

La scuola vive di tempi lunghi, e se ogni governo fa la sua riforma, il risultato è mancanza di chiarezza sugli obiettivi e sui principi ispiratori, e quindi una crescente destabilizzazione. Di riforma della scuola si dovrà tornare a parlare, ma solo dopo che una buona gestione ministeriale l'avrà portata fuori dall'attuale stato di malessere. Perciò lascia perplessi l'idea di riformare ancora una volta (dopo Berlinguer e Moratti) l'esame di maturità. Sebbene la proposta del ministro contenga diversi elementi positivi, nella sostanza continua a girare intorno a un problema di difficile soluzione: disegnare un esame soddisfacente all'interno della forma tradizionale. Ma è proprio questa forma che non funziona.

Dal 1969, quando fu sostanzialmente alleggerito sulla scorta dell'ideologia antinozionistica del tempo, l'esame di maturità ha sofferto di una lacerante crisi di identità. Da una parte infatti la scuola e la società intera si aspettavano che conservasse il carattere solenne e paludato col quale era nato, come conclusione di un ciclo di studi destinato ai figli della borghesia. Dall'altra esigevano la fine del rigore e di qualsivoglia difficoltà contenutistica, da sostituirsi con una vaga idea di maturazione delle capacità personali e civili, il che in pratica significa capacità verbali e relazionali, e molto spesso pura retorica.


 Nella consapevolezza che l'esame aveva uno statuto provvisorio (una provvisorietà durata trent'anni), e nella crescente incertezza della scuola superiore sui propri reali obiettivi, la maturità è diventata un simulacro di se stessa, frustrante per i professori e spesso deludente per gli studenti. La riforma Berlinguer ha tentato uno svecchiamento e una razionalizzazione, solo in parte riuscite, e solo in parte accettate. Poi è venuta la Moratti con le sue commissioni interne (salvo il presidente), e la crisi di identità si è approfondita.

Ogni anno si lamenta il fatto che la quasi totalità degli esaminati viene promossa, dimenticando che una scuola efficiente la necessaria selezione ha tempo e modo di farla prima. Il punto non è quanti vengono promossi, ma come. Nel frattempo avviene che le più prestigiose università hanno cominciato a fare i test d'ingresso prima dell'esame: il che significa che la realtà ne sta decretando l'irrilevanza. E però si continua a inseguire il mito della maturità «seria». Ma di che serietà stiamo parlando? Siamo una società che alleva ragazzi fragili e iperprotetti, incapaci di tollerare gli scacchi o semplicemente le prove. L'esame di maturità, per chi cerca di vederlo com'è e non si culla nel ricordo della giovinezza, è oggi lo specchio di questa realtà. Dunque non saranno le commissioni miste, e non sarebbero nemmeno le commissioni totalmente esterne, a restaurane l'antico splendore. Ma la più profonda giustificazione dell'esame di maturità è quella che mette in evidenza il suo carattere simbolico e rituale: l'unico rito d'iniziazione che resti ai nostri giovani, si dice. Si chiede così alla scuola di svolgere un ruolo che non le compete. E' compito della scuola formare e valutare; offrire prove e gli strumenti per superarle. Non è suo compito offrire servizi da agenzia di socializzazione.

Sarebbe forse ora di smettere questo accanimento terapeutico: nella sua forma tradizionale, l'esame di maturità è morto. Perché non pensare a una forma radicalmente nuova (ma presente in molti Paesi nordici)? Per esempio: la metà dei crediti attribuiti sulla base del curriculum e di uno scrutinio finale; l'altra metà attribuiti sulla base di test corretti da un'agenzia di valutazione esterna.

Sento già le proteste: ma non si può fare a meno del colloquio! Ma la maturità non si può misurare con i test! Ma il passaggio dalla scuola alla vita! Ebbene, tutto ciò fa parte di una nobile ma ormai esaurita tradizione vetero-umanistica. Sarebbe ora di pensare che la scuola deve fare un mestiere limitato, insegnare i saperi e i metodi che si ritengono necessari alla cultura di base oggi; ma deve farlo bene. A questo scopo la retorica dell'esame di maturità non serve; servirebbe invece un più modesto e più efficiente sistema di accertamento dei risultati raggiunti.






Questo Articolo proviene da AetnaNet
http://www.aetnanet.org

L'URL per questa storia è:
http://www.aetnanet.org/scuola-news-5010.html