L'IMPIANTO DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
Data: Mercoledì, 05 luglio 2006 ore 01:00:03 CEST
Argomento: Rassegna stampa


L'impianto della Costituzione italiana
di Massimo Luciani*

 

La caratteristica più evidente della Costituzione repubblicana è la sua natura compromissoria. Negli ultimi anni, il termine 'compromesso' si è caricato di una valenza fortemente negativa, ma per quanto riguarda le costituzioni il fatto di uscire da un compromesso costituisce di regola la loro forza, non la loro debolezza. Solo se le varie forze politiche e civili si concedono vicendevolmente qualcosa statu nascenti, comprendendo ciascuna le ragioni delle altre, le regole fondamentali dell’ordinamento possono, poi, essere largamente condivise e legittimate da un robusto consenso.

 Il compromesso fra tre distinte culture politiche
Nel caso della nostra Costituzione il compromesso fu stretto principalmente fra tre distinte culture politiche e costituzionali: la liberale (erede della tradizione statutaria); la cattolica (segnata soprattutto dalle acquisizioni della dottrina sociale della Chiesa cattolica); la social-comunista (legata ai valori affermatisi con le lotte del movimento operaio). Fra queste tre culture vi erano numerosissimi punti di dissenso, ma almeno su due questioni sussisteva una sostanziale unità di posizioni.
 La prima era l'antifascismo: liberali, cattolici e social-comunisti erano stati – in forme e con modalità diverse – protagonisti della resistenza e della lotta di liberazione e avevano un obiettivo costituzionale comune: fondare un ordinamento radicalmente diverso da quello fascista, stabilendo valori agli antipodi di quelli che avevano portato l'Italia alla catastrofe. Certo, alcuni avrebbero voluto una sorta di 'ritorno allo Statuto', un recupero delle regole e dei valori costituzionali della monarchia pre-fascista, mentre altri (i più) puntavano alla costruzione di un ordinamento e di una società del tutto nuovi, non solo opposti al fascismo, ma capaci anche di fondare equilibri ben più avanzati di quelli realizzatisi fino al 1922. Nonostante la diversità di opinioni sugli obiettivi finali, tuttavia, la comune matrice antifascista restava salda e indiscussa.
 Un secondo punto comune stava nell'idea della centralità della persona umana. Anche qui le concezioni della 'persona' non coincidevano: all'individualismo liberale si opponevano il comunitarismo cattolico e l'umanesimo (specificamente) marxiano. Anche qui, però, vi era accordo sul fatto che con la Costituzione sarebbe nato un ordinamento che non avrebbe più conosciuto la subordinazione del singolo e dei gruppi alle esigenze di potenza dello Stato.

Qualità tecnica e accorto equilibrio dei valori
Il risultato del compromesso fra queste diverse culture è di altissima qualità. Lo è sul piano tecnico, perché la Costituzione, pur esibendo alcune incertezze e alcune soluzioni poco felici, fu nel complesso capace di risolvere brillantemente i gravi problemi istituzionali che si ponevano alla neonata democrazia italiana. E lo è sul piano politico e sociale, perché la Costituzione ha disegnato una tavola di valori complessa e articolata, che per lunghi anni non è stata messa in discussione da alcuna delle principali forze del paese.
 Proprio la qualità tecnica e l'accorto equilibrio dei valori ha consentito alla nostra Costituzione di sperimentare, tutto sommato, poche modificazioni nel corso del tempo. La più ambiziosa è stata senz'altro la riforma del Titolo V della Parte II (relativo ai rapporti fra lo Stato e le autonomie), introdotta dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 (una legge, va detto chiaramente, che aveva anche buone intenzioni, ma che non ha saputo realizzarle in modo efficace e tecnicamente soddisfacente). Solo negli ultimi anni alcune forze politiche di non secondaria importanza hanno cominciato a mettere in discussione l'impianto istituzionale disegnato dalla Carta (in alcuni casi la critica ha investito anche alcuni dei valori costituzionali fondamentali). Questo atteggiamento critico ha trovato la più concreta traduzione nell'approvazione di una legge di profonda riforma dell'intera Seconda Parte della Costituzione, che ha completamente cancellato e sostituito l'originario disegno dei Costituenti (indebolendo il Presidente della Repubblica; rafforzando nettamente il Presidente del Consiglio; cambiando i rapporti tra Camera e Senato e rendendo molto più complesso e farraginoso il procedimento legislativo). La riforma, tuttavia, non è entrata in vigore, in quanto è stato richiesto su di essa un referendum: sarà dunque il popolo italiano a decidere.

 Garantire i diritti sociali di tutti i cittadini
Se, ora, ci chiediamo come l'ispirazione di fondo della Costituzione si sia tradotta in concrete norme giuridiche, possiamo indicare almeno i seguenti punti fondamentali.
 Anzitutto, la Costituzione non commette l'errore di disegnare un modello di 'ideale' società futura, ma (ferme restando la preclusione per il fascismo e la scelta definitiva per la forma repubblicana dello Stato) lascia liberi i cittadini italiani di perseguire gli obiettivi ritenuti più opportuni. Nelle norme costituzionali, tuttavia, si trovano indicati sia la direzione generale nella quale ci si deve incamminare, sia il metodo da utilizzare. È in particolare il secondo comma dell'art. 3 ("È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese") che, in questa prospettiva, si segnala come la previsione più significativa: la Costituzione sa bene che l'eguaglianza formale conta poco se non ci si adopera per ridurre o cancellare le diseguaglianze di fatto, sicché impone a tutta la Repubblica di agire in questo senso.
 La scelta di fondo operata dall'art. 3 si riflette nelle numerose norme costituzionali che garantiscono ai cittadini (e anche agli stranieri residenti nel nostro territorio) significativi diritti sociali, dall'istruzione alla salute, dal lavoro alla tutela previdenziale. Per il soddisfacimento di questi diritti la Costituzione impone a tutti "l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale" (art. 2).

 I diritti di libertà e le differenze con lo Statuto albertino
Il ricco catalogo dei diritti sociali differenzia notevolmente la Costituzione dallo Statuto albertino, ma profonde diversità tra le due Carte si avvertono anche sul terreno dei diritti di libertà, visto che le garanzie costituzionali sono molto più consistenti di quelle statutarie. Basta pensare al fatto che le riunioni in luogo pubblico erano, nello Statuto, "intieramente" assoggettate "alle leggi di polizia", mentre l'art. 17 Cost. consente all'autorità di pubblica sicurezza soltanto di vietarle o di scioglierle per "comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica". Oppure alla libertà di associazione, fortemente tutelata dall'art. 18 Cost. e priva di un esplicito riconoscimento da parte dello Statuto.
 Anche sul piano dei diritti economici le novità contenute nella Costituzione sono evidenti, come dimostra il fatto che l'iniziativa economica è garantita in modo più efficace della proprietà e che la proprietà stessa ha perduto il carattere di 'inviolabilità' che possedeva stando al testo dello Statuto.

L'opzione parlamentarista
Sul piano delle soluzioni istituzionali, infine, sembra necessario segnalare anzitutto la scelta convinta in favore della forma di governo parlamentare. Nonostante il favore di qualcuno, la stragrande maggioranza dei Costituenti fu contro il presidenzialismo e in ogni caso contro qualunque forma di personalizzazione del potere politico. La forte opzione parlamentarista, tuttavia, non sottintendeva un'idea di onnipotenza delle assemblee rappresentative: il referendum abrogativo su leggi anche nazionali (vera novità rivoluzionaria della Costituzione italiana, che costituisce quasi un unicum nel panorama delle democrazie contemporanee) e il controllo di costituzionalità sulle leggi e sugli atti legislativi stanno lì a dimostrarlo.

Le autonomie territoriali
Molto significativa anche l'attenzione per le autonomie territoriali. La Costituzione, oltre a garantire l'autonomia degli enti locali, ha creato le Regioni, concedendo loro autonomia anche legislativa. L'avvento delle Regioni (e il loro graduale potenziamento) ha ovviamente determinato contrasti, talora seri, con lo Stato. Tali contrasti hanno trovato soluzione grazie alla giurisprudenza della Corte costituzionale, che in questa materia, soprattutto negli ultimi anni, ha conosciuto un notevolissimo sviluppo.

 *Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Roma La Sapienza






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