INSEGNARE E' FACILE... DIRIGERE E' DIFFICILE
Data: Venerd́, 23 giugno 2006 ore 00:20:00 CEST
Argomento: Opinioni


INSEGNARE E' FACILE,

DIRIGERE E' DIFFICILE

 

Chi sa, fa. E chi non sa … dirige.
 Quest’asserzione, consolatoria per chi è infastidito da prìncipi poco illuminati, è applicabile anche alla nostra condizione scolastica?
 Vediamo un po’. Il CCNL dei docenti prevede che due di noi possano collaborare col D.S. nel suo impegno di lavoro, assumendosi per delega incarichi di amministrazione e di gestione della scuola: si dà quindi per scontato che alcuni – ma anche tutti – siano in grado di farlo. Forse, allora, dirigere è facile… Comunque, non occorre aver conseguito una preparazione specifica, partecipato a corsi di formazione, a concorsi selettivi con commissioni competenti a valutare conoscenze ed abilità indispensabili per dirigere una scuola. Nei fatti (e in base al CCNL) basta avere la fiducia del Dirigente ed una certa disponibilità … e il gioco è fatto!
 Potremmo anche essere lusingati da questo riconoscimento implicito delle nostre capacità di accedere a mansioni superiori, visto che nessun ATA (neppure il DSGA) può essere nominato collaboratore del D.S.; e non è da sottovalutare la gratificazione economica che ne consegue, spesso cospicua (3000/6000 € annui, persino 10.000! anche) perché pretesa energicamente dal D.S. nella contrattazione con la RSU d’Istituto. A volte uno dei collaboratori è proprio un RSU … e qui accenno soltanto al conseguente e poco corretto conflitto d’interessi che si può generare.
 Ma è indispensabile la figura del collaboratore del D.S.? Sembra proprio di sì, perché tutto è diventato più complesso con la Razionalizzazione (più scuole raggruppate sotto una stessa Segreteria ed uno stesso D.S., spesso con la scelta di verticalizzare costituendo gli Istituti Comprensivi); è stata questa la premessa all’Autonomia scolastica ed alla conseguente uscita dei Direttori didattici e Presidi dal “comparto-scuola” per ottenere la qualifica di Dirigenti ed un Contratto di lavoro specifico (e, ovviamente, più favorevole ancora). Leggendo i fatti in ordine cronologico rovesciato: vuoi la Dirigenza? Devi occuparti di più insegnanti e di più studenti.
 Ottenuto ciò, si scopre che il lavoro è troppo faticoso: ci sono Istituti con molti plessi (anche 11, in certi casi che conosco) e le scuole autonome hanno compiti aggiunti rispetto alla vecchia organizzazione, difficili da rispettare anche per le Segreterie, a cui si chiedono procedure precise e attente a mille normative.
 Ed allora i docenti sono chiamati a soccorrere di questa scuola autonoma neonata e difficile da dirigere. Insegnare è facile: si preparano lezioni, si correggono compiti, si studiano strategie didattiche personalizzate in un battibaleno … ed avanza tanto tempo e tanta energia per improvvisarsi piccoli e volonterosi Dirigenti Scolastici. Noi lo vediamo bene, e sempre più, che senza il nostro pronto soccorso il Capo non ce la farebbe; e neanche la Segreteria, con tutte quelle scadenze da rispettare; e neanche i bidelli, che ora devono persino pulire la scuola. Le incombenze dei collaboratori del D.S., infatti, spaziano un po’ in tutti i campi.
 Si può essere lusingati anche del fatto che la faccenda non è reciproca: né il D.S. né il DSGA né i bidelli possono svolgere il lavoro nostro, di docenti: come mai? Allora, insegnare è più difficile? E noi, accettando altre mansioni - che credevamo superiori - invece ci declassiamo...?
 L’11 aprile ultimo scorso è stato firmato il Contratto Collettivo di Lavoro dei Dirigenti Scolastici. Non vorrei disconoscere l’equità dei loro compensi (stipendio tabellare annuo di € 40.129,98, a cui aggiungere la “retribuzione di posizione” e quella “di risultato”; arretrati calcolati intorno ad €10.000), ma inutilmente ho cercato nei 58 articoli che lo compongono un accenno alla necessità – per loro – di avere un aiuto nel lavoro da svolgere: non sarebbe stato più logico ed equo che i soldi per gli “indispensabili” collaboratori uscissero dal “loro” contratto e non dal “nostro”?
 Anche qui, non c’è reciprocità: possiamo noi accedere a qualche remunerazione ficcando la mano nella loro saccoccia? Pare proprio di no!
 A maggior chiarezza, aggiungo ancora che la “retribuzione di posizione” tiene conto delle oggettive caratteristiche delle istituzioni scolastiche: dimensione (numero alunni, insegnanti, ATA), complessità (pluralità di gradi di scuole, sede di Centri territoriali per adulti, corsi serali, sezioni presso ospedali o carceri, sezioni staccate o succursali, numero dei plessi), contesto territoriale (in zone di disagio socio-economico, piccole isole o zone di montagna). Ecco il capitolo di spesa a cui avrebbero potuto accedere i collaboratori del D.S. Ciò avrebbe implicato conseguenze positive per evitare lo “scaricabarile” (eufemisticamente definito “gestione più democratica”) da parte dei Dirigenti che, volendo tenere tutta la retribuzione di posizione per se stessi, si sarebbero dati da fare: più risolvono da sé i problemi e più incassano. Soprattutto sarebbe rimasta intatta la parte del Fondo d’Istituto che spetta agli insegnanti e che dovrebbe essere utilizzata per supportarli nel loro lavoro, non per svolgere parte di quello altrui.
 Si è a tal punto generalizzata l’idea dei “poveri Dirigenti” che, oltre ai due collaboratori, sono nate figure minori quali i coordinatori di plesso e di classe, i referenti, persino i responsabili di palestre/laboratori/aule informatiche … e molti lo fanno, convinti che altrimenti la scuola non funzionerebbe: hanno ragione. Ma uno scatto d’orgoglio ci potrebbe far decidere per una totale dedizione ai nostri doveri primari, che non sono impegni da poco!
 Noi sappiamo far tutto, anche questo è forse vero, persino potare le rose del giardino della scuola. Ma se le lasciassimo appassire sul cespuglio ed inselvatichire, qualcuno forse si accorgerebbe di loro e provvederebbe.
 Il nuovo Contratto per i docenti dovrà partire con la presentazione dell’atto di indirizzo del Ministero e delle piattaforme sindacali. Mi auguro che il nostro SAM-GILDA proponga una soluzione di buon senso per risolvere questo antipatico problema che ha generato conflitti nella scuola e poco rispetto del lavoro del docente.
 Osservo che nella Pubblica Amministrazione possono anche nascere nuove figure e nuove professioni, se riconosciute indispensabili, ma il reclutamento dovrebbe essere conseguente a bandi di concorsi pubblici o riservati, con titoli d’accesso particolari, graduatorie di merito ed inquadramento stipendiale preciso, non attraverso il sistema raffazzonato seguito finora.


Giuliana Bagliani






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