Monito dell'AIMC al nuovo ministro della P.I. Fioroni: operi con il cacciavite e non con l'accetta
Data: Venerdì, 09 giugno 2006 ore 19:19:51 CEST
Argomento: Associazioni



L’Associazione Italiana Maestri Cattolici
Al neo Ministro dell’Istruzione, on. Fioroni

Dal Consiglio Nazionale dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici (AIMC)

Prime note e sottolineature in avvio di Legislatura

• Pensare la scuola quale “luogo” di elaborazione di un proprio sapere, implica – come segno concreto di tale convinzione – di non ritenere possibile un azzeramento di percorsi/esperienze che essa ha realizzato. Il patrimonio della scuola, che la riforma Moratti ha rischiato di mortificare, ora si è ampliato: nel bene o nel male anche questi faticosi cinque anni hanno costruito esperienze, attivato riflessività, arricchito il “sapere” della scuola.

• L’idea, in più occasioni ribadita dal Presidente Prodi durante la campagna elettorale, del “ministro cacciavite” pare la via migliore per “smontare” alcuni pezzi, sostituirne altri, rafforzarne alcuni. Un processo certamente più lento rispetto al riscrivere ex novo, ma più rispettoso della scuola e soprattutto veicolativo di un messaggio implicito di cui si sente il bisogno: non è detto e non è necessario che ciascun Ministro ricominci come se si fosse all’anno zero, ma è possibile con saggezza e responsabilità mettere la scuola in postazione bipartisan, tutelandone lo sviluppo secondo la logica della continuità necessaria e della discontinuità opportuna che non può tradursi in attivazione di costanti fratture. La tela di Penelope fu segno di fedeltà e di costanza, ma non è una metafora applicabile alla scuola che ha invece bisogno di avere un progetto chiaro su di sé e di sentirsi veramente soggetto verso cui vale la pena esercitare attenzione responsabile e non oggetto di un nocivo tiro alla fune.

• Il criterio della gradualità è promettente. Troppo spesso abbiamo vissuto (e denunciato) situazioni in cui i tempi della politica non hanno tenuto conto dei tempi della scuola e ne abbiamo visto le conseguenze non certo positive. Quando si intende porre mano ad una “impresa umana” quale la scuola, la gradualità è proporzionale alla convinzione della serietà e rilevanza dell’operazione in questione. Una gradualità che:
- dà tempo alla scuola di comprendere quanto le si chiede e perché; molte volte nel recente passato decisioni improvvise l’hanno disorientata, negandole anche la possibilità di capire il senso complessivo di ciò che stava accadendo;
- è vissuta come condizione irrinunciabile per la negoziazione. Tempi brevi, anzi stretti mal si coniugano con decisioni che tanto più saranno promettenti e comprese quanto più frutto di confronto per portare a mediazione alta e a decisioni condivise voci plurali e quindi vivere in pienezza quei valori di democrazia, solidarietà, sussidiarietà su cui è fondata la nostra Repubblica;
- è pensata come processo, certamente non infinito, ma capace di consentire un ascolto della scuola e dei soggetti di sua rappresentanza per restituirle un legittimo protagonismo e per ridurre la distanza fra l’aula parlamentare e le aule dove la scuola ogni giorno si costruisce. A tale proposito e non con atteggiamento presuntuoso o corporativo, l’associazionismo professionale che si è posto “dalla parte” della scuola, può offrire (e desidera farlo) il proprio contributo di idee e di elaborazioni nate non a tavolino, ma dal basso, dai professionisti, dal sentire il respiro della scuola viva con i suoi sussulti di speranza e sospiri di rassegnazione.

• Un processo graduale di paziente “revisione” può favorire l’individuazione dei giusti canali di quell’idea regolativa che è l’autonomia che necessita urgentemente di passare da idea, appunto, ad azione. L’autonomia è snodo oltremodo interessante per l’operazione che ci si attende dal nuovo Governo: una scuola per tutti e per ciascuno come modalità concreta di perequazione; una scuola che si ri-comprende come comunità, con chiara identità e precisa mission sociale; una scuola in grado di prendere decisioni, entro precisi confini nazionalmente definiti, per rispondere adeguatamente alle istanze formative della singola persona e dei contesti; una scuola in interazione costruttiva con Enti locali e Regioni. Riscoprire il DPR 275 in tutta la sua ricchezza di aperture e potenzialità per una vera autonomia progettuale, organizzativa, didattica, di sperimentazione e di ricerca è, a nostro avviso, non solo strada percorribile perché l’autonomia possa finalmente essere pienamente esercitata, ma anche possibilità per apportare prime correzioni ad alcuni aspetti del processo riformatore in atto.

• Certamente la scuola secondaria si pone come prioritaria all’attenzione del decisore politico per più di un motivo: dall’essere ancora terreno poco contaminato dal processo riformatore dove quindi c’è più da costruire che da smontare, al suo costituirsi come campo a cui più occhi legittimamente guardano: dalla scuola, al mon do del lavoro, all’Università. Lo comprendiamo bene e siamo convinti della sua importanza. Ciò non toglie che si debba avere lo sguardo anche a ciò che precede, secondo la logica di un percorso unitario 3-19 anni. La scuola dell’infanzia e il ciclo primario sono “in riforma” da oltre un decennio. Sono state ora protagoniste e ora oggetto di cambiamenti di non poco conto (dai Programmi del ’79 della media a quelli dell’85 dell’elementare, dagli Orientamenti del ’91 alla Legge 148, dall’avvio della Riforma Berlinguer-De Mauro alla Riforma Moratti). Hanno retto all’urto, ma hanno più di un motivo di scontentezza che occorre non relegare nel dimenticatoio. Qualche aggiustamento è necessario e atteso. Qualche rivisitazione e chiarificazione sono opportune, ad esempio: un’azione sul Decreto 59 che ha posto impropri paletti alla stessa autonomia delle scuole come la questione del tutor; una chiarezza relativa agli orari e alle quote; una riconsiderazione degli organici riportandoli ad organici funzionali ai progetti educativi di scuola; una revisione delle Indicazioni dopo consultazione di chi le ha “testate” con il recupero di un pensiero chiaro su come si pensa la scuola e sul valore che ad essa si attribuisce.

• L’autonomia scolastica ha necessità di vedere assicurate condizioni di esercizio. Si tratta di investimento in risorse finanziarie ed umane, di riconoscimento di tempi per la ricerca, di rivisitazione generale del carico di impegno lavorativo per chi nella scuola opera. Quanto si potrà e si vorrà investire sulla scuola? Dalle prime risposte concrete, pur nella consapevolezza della non facile congiuntura generale del Paese, che si daranno a questo interrogativo potrà essere valutata la credibilità – che noi ci auguriamo piena – di molte dichiarazioni che abbiamo sentito sulla scuola e sulla sua importanza.

• Un’ultima sottolineatura: il 1° settembre – che non è poi così lontano – un nuovo anno scolastico prenderà avvio. È di tutta evidenza che non è pensabile, proprio in nome di quella gradualità di cui dicevamo e della convinzione che un azzeramento è nocivo, riaprire i battenti con l’“operazione cacciavite” compiuta. Certo però la scuola si aspetta alcuni primi segnali che la facciano risalire in necessaria autostima e in credito sociale e le consentano un certo rasserenamento. Segnali a sostegno di una scuola che, proprio valorizzando l’autonomia, fa ricerca; che lavora allo sviluppo del sé professionale; che è capace di organizzare, organizzarsi e gestirsi in funzione di una offerta formativa che ha responsabilmente messo a punto. Tutto questo è possibile e, a nostro avviso, è la strada per cominciare a arginare e superare negatività e pesantezze, eliminare elementi generativi di conflittualità, come pure riorientare alcune possibilità presenti e fare chiarezza intorno ad alcuni punti complessi e controversi. Ciò cominciando a chiamare in causa la scuola per quello che ha già come riconoscimento formale, ma che dalla Bassanini in poi, non ha ancora visto reali condizioni di fattibilità. Segnali, a partire dalle condizioni necessarie per attivare quella scuola vera che è comunità educativa che elabora un suo sapere, luogo di ricerca, contesto vitale per docenti, dirigenti scolastici, famiglie e studenti.


Roma, 21 maggio 2006 Il Consiglio Nazionale AIMC
 







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