Si riparla di merito e di valutazione dei docenti. Berlinguer rilancia e passa il testimone a Fioroni
Data: Giovedì, 08 giugno 2006 ore 21:07:31 CEST
Argomento: Rassegna stampa




da Corriere della Sera
Sabato, 3 Giugno 2006
La situazione è più matura, la strada è obbligata

«La situazione è più matura, la strada è obbligata. Certo, il conservatorismo ideologico c’è ancora: ma nessun tabù resiste per l’eternità. Nemmeno quello del merito». Sono passati oltre sei anni da quel 17 febbraio in cui 320mila docenti - un insegnante su 3 - raccolsero l’invito allo sciopero di Gilda e Cobas contro il «concorsone» voluto dal ministro della Pubblica istruzione Luigi Berlinguer. Fu proprio sugli aumenti di merito che crollò il suo dicastero, ed è di questo che oggi il professor Berlinguer, dal 2002 consigliere del Csm, è chiamato a parlare. Una chiamata in causa estranea al mondo scolastico: è stato il governatore di Bankitalia Mario Draghi a invocare «nuove regole che premino il merito di docenti e ricercatori». Mancavano solo nome e cognome...

«...che poi sono stati fatti da Gaspare Barbiellini Amidei, nel suo intervento sul Corriere . E dico subito che nella scuola c’è sicuramente un problema di verifica meritocratica. Da ministro avevo tentato di affrontarlo con varie misure, anche se ad apparire fu solo il "concorsone", l’uso dei test come strumento di verifica. Riconosco, come ho fatto più volte, che il merito era giusto, il metodo sbagliato».
Prof e sindacati la attaccarono.
«In realtà Cgil, Cisl, Uil e Snals avevano sostenuto sia la proposta che lo strumento. Eravamo in contatto con tutte le forze in campo. Tutte, tranne due: Gilda e Cobas, che erano numericamente ininfluenti».
E invece guidarono la protesta.
«Da parte nostra ci fu una forte ingenuità. Da un lato c’era il fatto che solo una piccola parte avrebbe, in principio, goduto di vantaggi economici. Poi c’era la scelta di forme valutative diffuse nel mondo, ma non ancora mature in Italia. All’idea di un test che ne valutasse la preparazione, i professori si sentirono offesi. Ripeto, un errore di metodo».
Sbaglia, dunque, chi vede i docenti refrattari a ogni valutazione?
«È vero che all’inizio gli interessati non amano che li si valuti; però possono abituarsi, se si trovano strade giuste. Lo vedo nel Csm, dove sto sperimentando una valutazione dell’azione giudiziaria; l’ho visto a Siena, con il monitoraggio delle attività di ricerca. Sono d’accordo con Draghi sul fatto che servano "nuove regole". E c’è un’esperienza internazionale nell’elaborazione di parametri valutativi di cui fare tesoro».
Il Governatore ha anche parlato del ritardo accumulato dall’Italia nella diffusione dell’istruzione.
«Ma ha pure riconosciuto che negli ultimi 10 anni il divario rispetto ai Paesi più avanzati si è ridotto. Draghi poi osserva che il problema, oggi, è il livello medio del capitale di conoscenza: ma anche qui abbiamo fatto dei passi avanti, soprattutto per la "coda" del "serpente educativo". Resta una criticità nel livello medio e nelle eccellenze».
Come si recupera?
«Con il sostegno all’espansione scolastica, cui sono contrari alcuni tardogentiliani, di destra e sinistra. La scommessa sta nell’evitare l’alternativa tra merito e massa, e la strada è quella dell’autonomia, la più importante delle mie riforme: curricoli differenziati, diverse velocità. Poi, un’espansione delle tecnologie, cui i soliti fondamentalisti tardogentiliani sono ostili. Infine, la verifica costante della qualità attraverso vari strumenti di valutazione: una strada obbligata».
A proposito di fondamentalismi, Barbiellini Amidei dice di temere, ora, l’«eccesso demolitorio».


«Sono d’accordo: si cambi solo quel che la ragione suggerisce di cambiare. La destra ha avuto un unico obiettivo: abrogarmi , la damnatio memoriae . Gli abrogazionisti totalizzanti di oggi seguono la stessa linea. Ma due cose vanno assolutamente cancellate: la norma che manda alla formazione professionale i ragazzi dopo i 13 anni e la divisione tra licei di serie A e tecnici di serie B. Misure di stampo preweberiano, antistorico».
Cosa suggerisce, dunque, al nuovo ministro?
«Giuseppe Fioroni è una persona seria, un vero politico. I primi passi sono stati giusti. Sento del fondamentalismo laicistico in giro, della diffidenza verso di lui; e questo mi duole. Certo occorre un’affermazione più ampia della laicità, con il concorso dei laici, ma anche dei cattolici. E ritengo che Fioroni voglia innovare nella scuola, che è opera audace: il peso dei conservatorismi, in quel mondo e nei maîtres-à-penser che pontificano sui giornali, è di stampo neogentiliano, capace di frenare il cambiamento».
Non teme una «frenata» anche sulla questione merito?
«La frenata c’è già stata nei cinque anni passati. Ora bisogna creare nuovi stimoli, garantire incentivi, riaprire il dialogo con i sindacati. Forse all’epoca era prematuro, ma sono contento di avere aperto una strada. Su cui ora bisogna proseguire, con fermezza e determinazione. E con saggezza».
Gabriela Jacomella

Aumenti di merito ai docenti, è scontro


da Corriere della Sera
Lunedì, 5 Giugno 2006
I sindacati si dividono sulla risposta a Luigi Berlinguer e riaprono la questione della riforma Moratti

I Cobas: il governo non sbagli come 6 anni fa. Cgil e Cisl: valutazione sì, ma servono risorse

ROMA - Per l’ex ministro dell’Istruzione, Luigi Berlinguer, i tempi sono maturi per tornare a parlare di verifica della qualità dei docenti. Ma per i sindacati, a sei anni di distanza dalla megaprotesta dei prof contro i quiz per separare i bravi dagli altri, il concetto di verifica del merito individuale continua a non avere senso. L’uscita di Berlinguer trova le sigle della scuola, ormai prive del collante dell’antimorattismo, poco convinte ma in disaccordo tra loro. L’agenda del nuovo governo sull’Istruzione - Fioroni ha scelto di studiare i problemi e non esternare - è ancora in bianco e già appaiono le prime incrinature tra i sindacati dopo un quinquennio di compattezza contro l’ex ministro. I Cobas a capo del movimento «Fermiamo la Moratti» accusano la Cgil di fare retromarcia sull’abrogazione della riforma, la Gilda è pronta allo scontro con gli altri sindacati se non otterrà un’area contrattuale separata per i docenti, ossia senza i bidelli. Posizioni divergenti anche in materia di merito, anzi di valorizzazione professionale, la formula più usata. Per Gilda e Cobas, i due sindacatini (8 e 5% di consenso) che sei anni fa hanno portato allo sciopero contro il «concorsone» propedeutico agli aumenti di merito un docente su tre, causando la caduta di Berlinguer, i tempi oggi non sono maturi. «È facile individuare il demerito - dice il coordinatore Rino Di Meglio -; è arduo, invece, determinare i meriti: nessuno ha trovato, per quanto ne so, un metodo. Servirebbe un’autorità indiscussa». «Errare è umano, perseverare è diabolico - dichiara Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas scuola -. Berlinguer allora sbagliò grazie ai consigli dei confederali, ma quando provò a concretizzare scoprì di non avere gli strumenti per misurare il merito e si mise contro la categoria che aveva capito come sarebbe andata a finire: 20% di bravi col bollino blu, 80% di meno bravi. La valutazione va fatta seguendo quotidianamente il lavoro del docente, non ci sono quiz né formule».
A sei anni di distanza il ricordo del «concorsone» scotta ancora tra confederali e autonomi. La mattina del 17 febbraio, Cgil (30% di consenso), Cisl (25) Uil (12) e Snals (19) per poche ore si trovarono quasi senza base: avevano aderito allo sciopero 320 mila docenti. Un segno della specificità della tradizione sindacale dei prof. «Più da colletti bianchi - osserva Alessandro Cavalli, docente universitario a Pavia, esperto di problemi dell’educazione - che da categoria operaia. La fedeltà non è assoluta, perché il loro lavoro ha un elevato grado di autonomia».
E difatti la reazione all’uscita berlingueriana sui «tempi maturi per il merito» è di estrema prudenza. In Europa nella valutazione interviene il preside, in quanto responsabile dei risultati dell’istituto. Berlinguer ipotizzò un concorso selettivo statale. Per confederali e Snals le parole d’ordine sono promozione della professionalità diffusa, valorizzazione, opportunità per tutti. Le emergenze 2006 per il leader della Cgil scuola e università, Enrico Panini, sono anzitutto le retribuzioni e il problema dei precari: «Si può affrontare anche la valutazione, purché ci siano le risorse. Ci vuole una proposta confederale aperta, in grado di misurarsi con una professionalità diffusa - la differenza non la fa il prof bravo ma il collettivo - da sottoporre a un referendum d’ingresso e uno finale». «Nessun tabù, d’accordo, ma non bisogna ripetere gli errori del passato - dichiara Francesco Scrima, segretario generale Cisl scuola -. Dare tanto a pochi non risolve il problema. La proposta deve essere un’opportunità offerta a tutti».

Giulio Benedetti

GILDA Milano: Comunicato 7 giugno 2006

Carriere dei docenti: ovvero, apparecchiare con l’argenteria quando manca il necessario da mettere a tavola

“Servo­no nuove regole che premino il merito di docenti e ricercatori”, afferma il Governatore della Banca d’Italia nella sua relazione e rispunta il tormentone politico-sociale-sindacale che va avanti da più di un decennio: la carriera dei docenti.

Gasparre Barbiellini Amidei chiede, dalle colonne del Corriere della Sera di venerdì 2 giugno, se “rientrerà nel campo delle cose rea­lizzabili l'adozione, finalmente, del cri­terio del merito per premiare chi fra i .docenti più si impegna e più frutti rac­coglie? “e afferma che “chi ci ha provato finora ha sempre fallito. Anche Luigi Berlin­guer dovette fermarsi davanti a un no intriso di conservatorismo ideologico”. Lo stesso Berlinguer dichiara che la questione del merito, affrontata quando egli era ministro, era giusta, ma il metodo era sbagliato, per questo Gilda e Cobas il 17 febbraio 2000 riuscirono a mobilitare gli insegnanti e a bloccare il famoso “concorsone”.

La lotta dei docenti del 17 febbraio 2000, che seppellì il concorsone di Berlinguer, è una tappa storica che segna il sentire dei docenti. Il ministro Luigi Berlin­guer non fu fermato da un “un no intriso di conservatorismo ideologico”, come afferma Amidei., ma da un no dei docenti che prevedevano il danno, ancorché l’inutilità di dare la “patente” di bravi insegnanti al venti per cento di loro. Un coro di no degli insegnanti che in 320mila -un insegnante su 3 - raccolsero l’invito allo sciopero di Gilda e Cobas e scesero in piazza.

Tutte le componenti associative, politiche e sindacali debbono considerare quell’evento quando intendono avanzare proposte di carriera.

Da dove nasce questa “esigenza” di carriera per gli insegnanti? Non certo dai docenti. Allora ci si chiede perché far fare carriera a chi non la chiede?

Certo, se ai non addetti ai lavori si dice che occorre premiare “ i docenti più bravi”, allora la gente comprende e , magari, condivide. Tuttavia è un’ adesione astratta, che non entra nel merito del carattere peculiare della professione docente. Per comprendere questa peculiarità può servire confrontare il lavoro che si svolge a scuola con il mondo produttivo. Nel mondo produttivo, l’obiettivo è quello del profitto attraverso una maggiore produttività e qualità del bene prodotto. Nella scuola, il “profitto” consiste nella maggiore quantità di cittadini che arrivano ad un titolo di studio (lotta alla dispersione scolastica) e soprattutto la maggiore preparazione degli studenti. Su quest’ultimo punto, tutti concordano che per avere uno studente preparato si devono incontrare due condizioni fondamentali: il docente bravo e lo studente ricettivo, che studia. Ora, applichiamo questo ragionamento alla classe, dove ci sono 25/30 studenti e dove entrano 10/12 docenti di diverse discipline. Per avere un buon prodotto, cioè studenti con un buon livello di preparazione, oltre alla capacità e alla volontà degli studenti, occorre che tutti gli insegnanti siano bravi e preparati. Nel caso che solo alcuni docenti rientrino nella sfera dei più bravi, avremmo un “prodotto” studente carente.

Fatte queste considerazioni resta la difficoltà nel trovare un metodo oggettivo per determinare il merito del docente. E’ più facile, invece, individuare il demerito.

Ma, a parte il legittimo dibattito sulla questione della carriera dei docenti, la storia si ripete e una domanda sorge spontanea: come mai, ogni volta che nel Paese emergono problemi economici rispunta la voglia di introdurre verifiche meritocratiche dei docenti?

Insomma si vuole apparecchiare con l’argenteria quando manca il necessario da mettere a tavola.

L’ultimo contratto è stato firmato con due anni di ritardo. Il contratto attuale è scaduto da sei mesi e non si parla né di rinnovo né di “vacanza contrattuale” prevista dalle stesse norme contrattuali.

Quale interesse dovrebbero avere gli insegnanti per una ipotetica carriera riservata a pochi se non vengono rispettate le scadenze contrattuali? Può forse interessare una carriera a chi da anni –circa 120mila- viene assunto a settembre e licenziato a giugno?

Quale fiducia dovrebbero nutrire gli insegnanti se non viene concesso loro nemmeno un’area di contrattazione specifica senza costi aggiuntivi per il bilancio dello Stato?

Angelo Scebba
(Coordinatore Gilda Milano)







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