Prodi presenta il suo programma al Senato della Repubblica- Poche righe sulla scuola
Data: Giovedì, 18 maggio 2006 ore 21:09:02 CEST
Argomento: Recensioni


La parte del discorso di Prodi rivolta alla scuola

Per il futuro dell'Italia e per il suo sviluppo l'istruzione rappresenta l'elemento chiave: non si torna a crescere senza investire mezzi ed energie intellettuali nella ricerca, nell'innovazione e nella scuola. Dobbiamo investire in conoscenza diffusa, in qualità ed efficacia dei percorsi formativi, cominciando dalla scuola dell'infanzia fino ai livelli più alti, restituendo valore e dignità ai percorsi formativi tecnici e creando nuovi centri di eccellenza. Noi siamo consapevoli che la scuola è una macchina complessa, che ha bisogno di un progetto condiviso e di un lungo periodo per dispiegare l'efficacia dalla sua azione educativa. Dopo dieci anni di riforme e controriforme è giunto il momento di mettere ordine, di fare il punto, di cambiare ciò che palesemente non funziona e ciò che appare sbagliato e di dare finalmente stabilità alla scuola, valorizzando appieno l'autonomia degli istituti e il ruolo e i sacrifici degli insegnanti. Sbagliata appare la liquidazione della formazione tecnico professionale: abbiamo bisogno di valorizzarla e di estenderla attraverso percorsi universitari brevi, attraverso istituzioni che diventino le scuole tecniche del ventunesimo secolo.
Ho già notato che si stanno intensificando in queste settimane segnali di uscita dalla stagnazione: ebbene, la ripresa economica sta evidenziando una mancanza di operai e tecnici specializzati in molti settori industriali che caratterizzano il sistema produttivo italiano. Solo la formazione e la specializzazione professionale possono riportare equilibrio tra domanda ed offerta di lavoro, limitando i nuovi flussi migratori. I nostri giovani devono ereditare ed accrescere la cultura industriale del Paese, il sistema scolastico e formativo è lo strumento che deve portare a questo obiettivo, riavvicinandosi al mondo della produzione. È necessario ricostituire quel binomio scuola tecnica impresa che è stato alla base della crescita industriale del Paese.
 

Fioroni, all’Istruzione il ruiniano che trattò sui transfughi del Polo

da Corriere della Sera
Giovedì, 18 Maggio 2006
Fioroni, all’Istruzione il ruiniano che trattò sui transfughi del Polo

Il sì alla parità tra scuole private e pubbliche: «Mai i Pacs»

Ha giurato, roseo e tondo, in vestito nero camicia bianca cravatta grigia. Poi è corso a controllare la lista dei sottosegretari della Margherita. Dopo la bella Melandri e il poco noto Paolo Ferrero, Beppe Fioroni è - con il troppo noto Pecoraro Scanio - il ministro più giovane: 47 anni. Ma è un finto giovane. Un giovane vecchio; e non solo perché la mole gli conferisce qualche anno in più, oltre che una naturale simpatia, espressa anche dagli occhi mobilissimi da serpentario. Beppe Fioroni significa Dc, Prima Repubblica (non per appartenenza ma per scelta), Andreotti, Marini, cardinali. Avversario della lista unitaria («Se Prodi vuole la conta facciamola, ma può essere l’anticamera della distruzione»), freddino verso l’Ulivo, non entusiasta del partito democratico, quello che verrà, è invece uomo di partito, quello che c’è. Responsabile enti locali della Margherita. L’uomo dei contatti estivi con i transfughi del centrodestra: Covello sì, Borriello no, Falanga forse, Verzaschi meglio all’Udeur. L’uomo che in Sicilia tratta con l’autonomista Lombardo, lavora fino all’ultimo per Latteri contro la Borsellino e vista perduta la partita tenta il colpo: «Non sarebbe meglio rinviarle, queste benedette primarie?». L’uomo che sul quotidiano della Margherita Europa esulta in campagna elettorale: «Stavolta il motore sono i partiti, non i candidati!». L’uomo che passa al Senato la notte precedente l’elezione di Marini, contribuendo a inventare l’ escamotage per scovare i franchi tiratori: «Allora, noi della Margherita votiamo "senatore Franco Marini", l’Udeur "Franco senatore Marini", i Ds "Franco Marini", l’Italia dei Valori "Marini Franco"...». L’organizzazione e l’apparato, la tekné politiké e il mestiere. Non c’è nulla di male: c’è bisogno di uomini come lui. È anche molto gentile nel tratto. Certo non è il più adatto a rappresentare la giovane Italia; in fondo è vecchiotto pure il criterio con cui è arrivato - lui, un medico - alla Pubblica Istruzione. Che potrebbe essere un po’ meno Pubblica.
Intervistato da Laura Cesaretti del Giornale , un mese fa Fioroni tratteggiava «una visione integrata del sistema scolastico, che garantisca pluralità e pari opportunità e doveri a scuola pubblica e privata». La legge sulla fecondazione assistita? «Prima di cambiarla va sperimentata a fondo. E in ogni caso va rispettato quel 76% che al referendum non è andato a votare». La legge sull’aborto? «Sì a un’indagine conoscitiva e sostegno economico alle madri che non vogliono abortire». I Pacs? «In Italia non ci saranno. Non serve un para-matrimonio. Ho due amiche lesbiche splendide, e sono le prime a dire che dei Pacs se ne fregano». Il testamento biologico? «Mai e poi mai sarà legalizzato un atto con cui si definisca la qualità della vita che merita di essere vissuta». Il divorzio breve? «Un Paese dove per sciogliere un matrimonio occorre meno tempo che per sciogliere un contratto d’affitto non è un Paese civile». La Rosa nel Pugno? «Ha la testa girata all’indietro, non guarda al futuro ma all’800».
È il ritorno all’Istruzione di un cattolico militante, a bilanciare la diessina Turco - peraltro cattolica - alla Sanità; dove sarebbe forse dovuto andare lui, angiologo, ricercatore al Gemelli e direttore-ombra del pronto soccorso parlamentare: se qualcuno tra i colleghi o i giornalisti politici (con cui ha ottimi rapporti) si sente poco bene, Fioroni ha sempre una parola tranquillizzante e una pasticca giusta. Con cardinali, vescovi, preti semplici Fioroni ha consuetudine fin da ragazzo. Capo-scout, dirigente dell’Agesci, iscritto alla gioventù democristiana, è cresciuto con Andreotti ed è diventato uomo con Marini (pur lavorando per il secondo contro il primo al Senato, ha comunque ribadito la sua stima per il Divo Giulio). Ha elogiato Marcello Pera quando annunciò l’astensione al referendum sulla fecondazione assistita («Ma diamoci una regolata! I vescovi non possono parlare in quanto vescovi, Pera deve stare zitto... di questo passo chi più potrà parlare?»). È amico della neosenatrice Binetti, la ruiniana di «Scienza e Vita», e in polemica con Rosy Bindi ha difeso la sua lettera aperta ai cattolici invitati a votare Unione senza temere per l’ortodossia. Tutto questo gli ha provocato nemici nel centrosinistra («Fioroni è un’integralista premiato per la sua militanza» scriveva ieri la Velina rossa del giornalista dalemiano - quasi un ossimoro - Pasquale Laurito), e amici nel centrodestra: così Michele Bonatesta di An comunica che «nonostante la battaglia politica ci abbia visto in schieramenti opposti, vi è sempre stata con Fioroni unità sui valori di fondo, dalla vita alla famiglia alla libertà di scelta educativa» (Giuseppe Valditara, che di An è responsabile per la scuola, lo stima meno: «Fioroni all’Istruzione è un esempio di vergognosa spartizione per motivazioni meramente di lottizzazione partitica»).
Sindaco di Viterbo a 31 anni (il più giovane sindaco di un capoluogo di provincia), deputato a 37, il neoministro è sbadato - a Montecitorio ha perso tre cappotti in cinque anni - ma spiritoso. Ha anche raccolto le sue battute polemiche in un libro, che nella copertina e nel titolo ricordava la confezione di un farmaco: «Insultatina 01. Contro maldicenze, dolori legislativi, accanimenti politici, sindromi da ribaltone», prestigiosa prefazione del leghista Alessandro Cè («Mi ha convinto supplicandomi: "Alessa’, famme un regalo de Natale bipartisan..."»). Vi si possono leggere freddure tipo «Berlusconi è come Noè: imbarca tutti», «Bossi è un virus che si aggira nella Casa delle Libertà» e anche «Meglio una mucca pazza che uno Speroni sano».
Quando però è ricevuto da Camillo Ruini, si ricompone. All’inizio accompagnava Marini (ad esempio quando nel ’99 in Laterano i capi del Ppi affrontarono per la prima volta il nodo della fecondazione assistita), ora è lui a portare dal cardinale gli amici di partito. Non del partito democratico; per quello si vedrà. Fioroni non vi si opporrà mai; si limiterà ad additarlo come approdo. C’è tempo. Tanto lui è il più giovane, e può aspettare.

Aldo Cazzullo 

All’Istruzione (pubblica?) un ministro legato al Vaticano

Comunicato-stampa

All’interno di una compagine governativa che si caratterizza per l’adesione alle politiche liberiste (Padoa Schioppa come simbolo più eclatante) e per lo strapotere DS-Margherita (ben 19 ministri su 25), risalta la “sorpresa” Fioroni.
Imposto con un diktat di Rutelli, che ha accantonato anche Rosy Bindi, costituisce una fortissima garanzia che Margherita e Ulivo hanno inteso dare alle gerarchie vaticane.
Rispondendo platealmente alle direttive dell’”impiccione” Camillo Ruini che pochi giorni fa aveva fissato i paletti al nuovo governo, in particolare per quel che riguarda la filosofia della scuola-parrocchia, Rutelli ha imposto al MIUR (da cui è stata scorporata Università e Ricerca), Giuseppe Fioroni, uomo fortemente permeato di valori cattolici e assai orgoglioso di essi e del suo legame con il Vaticano. Se a questo aggiungiamo che la Margherita è fortemente contraria alla cancellazione delle leggi Moratti, c’è di che essere allarmati.
Malgrado ciò, invitiamo il neo-ministro – che finora si è occupato di sanità ove, come nella vicenda della legge sulla procreazione assistita, ha fatto risaltare la sua “cattolicità” – a dare ascolto e soprattutto risposte positive alle richieste che, in questi anni di dura lotta contro la politica scolastica morattiana, il “popolo della scuola pubblica” ha espresso con forza: cancellazione immediata della controriforma Moratti, basta con la scuola-azienda e con i finanziamenti alle scuole private, massicci investimenti nella scuola pubblica, completa laicità dell’istruzione e fine delle ingerenze vaticane nell’insegnamento pubblico.
E, ministro Fioroni, contiamo a breve di venire sotto le finestre del “suo” ministero, che vorremmo ritornasse, di nome e di fatto, ad essere “della Pubblica Istruzione”, per segnalarle l’urgenza di fornire al “popolo della scuola pubblica” tali positive risposte.

Piero Bernocchi portavoce nazionale dei COBAS della scuola







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