SCUOLA, UN LAVORATORE SU QUATTRO NON E' DI RUOLO
Data: Sabato, 13 maggio 2006 ore 00:20:00 CEST
Argomento: Opinioni


Un lavoratore su quattro non è di ruolo Il sindacato minaccia una stagione di scioperi
di NATALIA POGGI C’È un gigante coi piedi d’argilla in Italia ed è il mondo della scuola. Su un milione e 100 mila individui che vi lavorano, i precari sono 200 mila: 120 mila docenti e 80 mila amministrativi (personale Ata) cioè il 25% di tutto il personale e che, anche dopo contratti pluridecennali, non sono ancora di ruolo. Se, per assurdo, decidessero tutti insieme di incrociare le braccia, la baracca non andrebbe più avanti. In attesa che il nuovo ministro dell’Istruzione faccia il suo ingresso a Viale Trastevere, il sindacato autonomo Snals-Confsal ha chiamato a raccolta, ieri nella Capitale, rappresentanti territoriali e delegazioni di precari provenienti da tutto il paese: «Se il Governo non elimina in tempi rapidi il precariato nella scuola, se non arriveranno subito segnali positivi in questa direzione è inevitabile l'apertura di una stagione di scioperi». Il nuovo Esecutivo, dunque, è avvertito. «Così - ha spiegato il segretario generale della Confsal Marco Paolo Nigi alla platea affollata del centro congressi di Montecitorio - non si può lavorare con serenità, non si possono fare le riforme e tantomeno assicurare la continuità didattica». «La situazione si è aggravata negli ultimi 10 anni e ora è tale - ha spiegato ancora Nigi - che non si può più aspettare. Tra insegnanti e personale ausiliario, tecnico e amministrativo, nella scuola si contano al primo settembre 2006 circa 200.000 precari (120.000 professori e 80.000 Ata): come dire che 1 lavoratore su 4 è precario. Cifre preoccupanti se si considera che nell'intera pubblica amministrazione i lavoratori provvisori sono più o meno 300 mila. Un disagio non solo per la scuola ma anche per le famiglie». Lo Snals ha anche la ricetta per risolvere l’annosa questione: superamento del doppio organico, di fatto e di diritto (tutti devono lavorare dal primo settembre al 31 agosto) e conseguenti assunzioni a tempo indeterminato su tutti i posti disponibili. «Per sanare la situazione bastano 65 milioni di euro l'anno, una cifra irrisoria rispetto al bilancio della pubblica Istruzione» ha spiegato Nigi aggiungendo che, paradossalmente, un precario a tempo determinato ha un costo per l'amministrazione superiore a quello di un suo collega assunto a tempo indeterminato. Durante la mattinata si è riparlato della possibilità di congelare la ricostruzione della carriera «per agevolare il percorso, evitando così le misure tampone». In pratica i precari, pur di assicurarsi il posto fisso, sono disposti a rinviare, dilazionare o addirittura annullare gli scatti (che nella scuola si chiamano gradoni) di anzianità maturati negli anni di precariato. «Per chi ha lavorato vent’anni sono 100 euro lordi mensili in più - spiega Nigi - per gli altri molto meno. Per lo Stato forse una spesa notevole ma se si pensa che comunque è tenuto al versamento all'Inps dell'1,5% in più per i dipendenti con contratto a tempo determinato converrebbe sanare definitivamente la situazione con la nomina in ruolo di tutti gli attuali precari. Sarebbero sufficienti 70 milioni di euro». Insomma per lo Snals è arrivato il tempo di rivendicare questa priorità. Anche perchè le assunzioni attuate negli anni passati sono state superate dal numero dei pensionamenti. «Ci sono docenti precari che da vent’anni il 30 giugno diventano improvvisamente disoccupati e fino al 1 settembre non sanno che dove andranno a finire. Un anno qua, un anno là. Affinchè la scuola funzioni e le riforme possano essere applicate bisogna dare serenità ai lavoratori».

giovedì 11 maggio 2006










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