SI' AI CELLULARI A SCUOLA, ORDINE DEL MINISTERO
Data: Giovedì, 11 maggio 2006 ore 00:10:00 CEST
Argomento: Normativa Utile


da Corriere della Sera
Mercoledì, 10 Maggio 2006

Sì ai cellulari a scuola, ordine del ministero

Busto, stop al tentativo di zittire i telefonini in classe. «Procedure vietate»

VARESE - L'Italia è una repubblica fondata sul telefonino. Persino i tentativo di limitarne l’uso in un luogo come le aule scolastiche, durante le ore di lezione, ha fatto naufragio. È successo in una scuola superiore di Busto Arsizio, l’istituto tecnico commerciale «Tosi», dove l’installazione di un apparato elettronico in grado di zittire i cellulari è stata stoppata (con minaccia di sanzioni) dal ministero delle comunicazioni. Parente stretto di quell’altro ministero - la pubblica istruzione - che con una circolare di qualche anno fa aveva invitato i presidi a mettere un po' d’ordine nel traffico di suonerie ed sms dei loro ragazzi.

PROBLEMA - «Peccato, è stato impedito il tentativo di introdurre una novità nel mondo della scuola italiana. Quello dei telefonino in classe, del resto, è ormai un problema: non solo per il corretto svolgimento di lezioni o esami, ma anche perché i cellulari sono un elemento che distrae fortemente i ragazzi» si rammarica Benedetto Di Rienzo, preside del «Tosi», il cui esperimento - di breve durata - aveva fatto guadagnare alla scuola bustese fama mondiale. «Non sto scherzando - dice il dirigente scolastico - abbiamo raccolto su Internet un’ottantina di segnalazioni che ci riguardano provenienti da Stati Uniti, Brasile, Paesi arabi, persino dal sito di un giornale del Vietnam». Cosa aveva combinato il «Tosi» per guadagnarsi tanta attenzione? In occasione della maturità del 2004, per evitare suggerimenti provenienti dall’esterno e copiature grazie a cellulari o altri congegni aveva installato nell’edificio un’apparecchiatura, chiamata «jammer» che oscura il segnale dei telefonini.


MOSSAD - «La ditta che forniva il jammer - racconta il professor Di Rienzo - era segnalata dal ministero della pubblica istruzione. Decidemmo l'installazione in via sperimentale, ma con la prospettiva di mantenere il dispositivo per sempre. L’efficacia era fuori discussione, del resto si tratta di un brevetto messo a punto e usato anche dal Mossad, i servizi segreti di Israele; nessun pericolo invece per l’inquinamento elettromagnetico: le emissioni di onde del jammer sono inferiori a quelle di un telefonino». Del tentativo messo in atto a Busto Arsizio ne parlano giornali e tv, la notizia circola anche su Internet e accende discussioni su tanti forum. «È lì che sono cominciate le prime contrarietà - dice ancora il preside - che per la verità non sono mai giunte da famiglie o professori che hanno a che fare con la nostra scuola. Comunque ci accusavano di ostacolare il diritto alla libera comunicazione o di impedire ai genitori di vigilare sui figli». L'invadenza del cellulare nelle aule è argomento vivo nel mondo della scuola, tanto che già nel 2001 una circolare dell’allora ministro Berlinguer invitava i presidi a mettere un argine al fenomeno.


GOVERNO - Invece è stato proprio il governo a porre fine all’esperienza. Al «Tosi» è arrivata una lettera firmata dalla dottoressa Eva Spina, dirigente del Ministero delle comunicazioni. «A seguito di verifiche effettuate su siti web da questo dicastero - esordisce la missiva - è emerso l'uso di jammers... è stato sancito l'assoluto divieto di pubblicità, vendita e utilizzo di tali apparecchiature su tutto il territorio comunitario in quanto considerate interferenti del normale traffico telefonico... L’inadempienza a quanto affermato comporta procedure sanzionatorie».
Insomma, stop all'esperimento e obbedienza al criterio del libero cellulare in libero Stato, anche mentre il prof è impegnato a spiegare le leggi della termodinamica. «Non siamo certo contro la tecnologia - conclude Di Rienzo - ma per un suo uso corretto: ormai è dimostrato che il telefonino distrae. Una volta, mentre il docente spiegava, i ragazzi prendevano appunti, oggi molti di loro si limitano a fotografare quel che l’insegnante scrive alla lavagna. Volevamo dare un segnale educativo, hanno prevalso altri interessi».

Claudio Del Frate










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