Alcune
Sedi provinciali hanno chiesto chiarimenti in merito ai termini prescrizionali
del diritto all’indennità di buonuscita, considerato che talvolta le
Amministrazioni statali trasmettono la documentazione necessaria alla
riliquidazione delle prestazioni (mod. PL/2) anche a distanza di dieci o più
anni dall’avvenuta risoluzione del rapporto di lavoro.
Stanno ad esempio
pervenendo all’Istituto richieste di riliquidazione per l’applicazione dei
benefici previsti dagli artt. 43 e 43 del R.D. 1290/1922, come integrato dalla
legge n. 539/1950, relativi a personale cessato dal servizio fin dal 1986.
Come è noto, l’art. 20 del
DPR 29.12.1973, n. 1032, dispone che il diritto alla buonuscita da parte dell’ex
iscritto o dei suoi aventi causa si prescrive nel termine di cinque anni
dalla data in cui è sorto.
In caso di riliquidazione
della prestazione, pertanto, fermo restando il termine quinquennale di
prescrizione, la questione non può che riguardare l’individuazione del “dies a
quo” da prendere a riferimento per il computo di detto termine.
Secondo un indirizzo
giurisprudenziale ormai risalente nel tempo, e in base al quale l’Istituto ha
diramato la lettera circolare n. 974/M del 20 maggio 1999, nell’ipotesi in cui
“per fatto dell’Amministrazione fosse intercorso un notevole intervallo di
tempo tra il sorgere del diritto ed il concreto suo riconoscimento in capo al
soggetto attraverso l’intermediazione di un atto amministrativo adottato
d’ufficio” il “dies a quo” per la prescrizione del diritto andava computato
dalla data di assunzione di tale ultimo atto.
Nel corso degli ultimi
anni, però, tale orientamento è stato superato e la più recente giurisprudenza
non attribuisce più rilievo decisivo a momenti diversi e distinti da quello
genetico che determina il sorgere del diritto.
In particolare, il
Consiglio di Stato, in caso di benefici economici riconosciuti da un D.P.R., ha
fissato il termine prescrizionale dal momento della sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale, indipendentemente dalla adozione dei necessari atti
successivi da parte dell’Amministrazione di appartenenza dell’iscritto.
Tanto premesso, e
considerato che l’Istituto non può rinunciare ad eccepire l’intervenuta
prescrizione del diritto ad una prestazione a suo carico, si precisa, su
conforme parere dell’Avvocatura interna, che nel caso in cui pervengano all’Inpdap
progetti di riliquidazione (mod. PL/2) a seguito di disposizioni normative o
contrattuali che modifichino lo stato giuridico o il trattamento economico
dell’iscritto, le Sedi dovranno eccepire la prescrizione laddove i provvedimenti
siano stati assunti dalle Amministrazioni di appartenenza oltre il quinquennio
dalla data di entrata in vigore della legge o del contratto che ne costituiscono
il presupposto, o gli stessi atti, sebbene assunti in tempo utile, siano stati
trasmessi oltre il termine dei cinque anni.
Si rammenta che la
prescrizione non potrà essere però eccepita in presenza di validi atti
interruttivi prodotti dall’ex iscritto pure se indirizzati alla sola
Amministrazione di appartenenza.
IL DIRIGENTE GENERALE
Dr.
Maurizio Manente