CHE COSA FARA' IL CENTRO DESTRA PER LA SCUOLA IN CASO DI VITTORIA?
Data: Marted́, 04 aprile 2006 ore 00:20:00 CEST
Argomento: Comunicati


Intervista all’ Onorevole Valentina Aprea

 SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALL'ISTRUZIONE, ALL'UNIVERSITA' E ALLA RICERCA

 “Potenzieremo la Legge 53 che è la prima grande riforma di tutto il sistema educativo”

L’ autonomia scolastica è al centro del sistema e noi abbiamo dato ad essa nuovi poteri. In caso di vittoria del centro destra ridefiniremo la funzione docente, poiché in questa legislatura la nostra proposta di un nuovo stato giuridico è stata fortemente osteggiata dalla sinistra. Investimenti nell’ istruzione? Per noi parlano i fatti.

1)  Onorevole Aprea,  l’ Unione ha presentato un corposo programma, in cui le parti  dedicate alla scuola sono varie e articolate e dove  le critiche  alla Legge 53- peraltro scontate- sono decisamente aspre.

Il Polo delle Libertà cosa propone per la Scuola? In caso di vittoria,  si confermerà l’ iter della legge 53 o si terrà conto del fatto che questa legge  ha raccolto molta opposizione da parte dei docenti, degli studenti e anche dei governi regionali?

L’ampiezza delle tematiche che la riforma, delineata dalla legge 53/03, è tale da configurarla come la prima grande riforma di tutto il sistema educativo: dagli ordinamenti scolastici alla formazione del personale, al Servizio Nazionale di valutazione, alla ridefinizione del diritto all’istruzione, al ridisegno del sistema di istruzione e formazione professionale, alla valorizzazione del lavoro come strumento di formazione per i giovani, alla cooperazione tra scuola e famiglie. Tutti punti importanti e strategici di un sistema educativo che guarda alla prospettiva dello sviluppo della società della conoscenza.

Senza ombra di dubbio il diritto – dovere all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o fino al conseguimento di una qualifica professionale triennale appare il punto di maggiore valore perché si pone l’obiettivo del successo formativo, superando, in coerenza con il nuovo Titolo V della Costituzione, la distinzione tra istruzione e formazione e perché getta i presupposti per una effettiva cooperazione tra scuola e famiglia. Con il diritto – dovere si istituisce un mutuo rapporto tra diritto dei genitori e dovere della Repubblica di garantire l’effettivo esercizio del “diritto di raggiungere i gradi più alti degli Studi”, rispondendo ad una domanda educativa, diffusa e diversificata, espressa dalla società nella prospettiva della lifelong learning. Si tratta, con tutta evidenza, di un’estensione dei diritti dei giovani fino al 18° e degli obblighi per le famiglie e le istituzioni di garantire loro almeno 12 anni di istruzione e formazione.

Un secondo punto strategico è la definizione di un sistema educativo unitario articolato, sempre in coerenza con il dettato costituzionale, nei due sottosistemi liceale e dell’istruzione e formazione professionale. Un sistema che si sviluppa dai 3 ai 21 anni e che consente a tutti i giovani, indipendentemente dal percorso di studi seguito, di poter conseguire esiti superiori con l’accesso all’università o alla formazione tecnica superiore.

Un terzo punto è l’investimento nella formazione dei docenti, individuando un sistema di formazione iniziale, in ingresso e in servizio che favorisce un processo di interazione tra le scuole e le università, valorizzando l’autonomia scolastica.

Un ulteriore punto strategico è l’istituzione dell’alternanza scuola – lavoro perché sana una delle più evidenti anomalie del nostro sistema educativo: l’assenza del rapporto tra sistema di istruzione e sistema produttivo e sociale. L’alternanza rappresenta una modalità di apprendimento con esperienze di lavoro ed è uno strumento che potrà consentire a molti giovani di apprendere attraverso diverse dimensioni della propria esperienza professionale.

Ed ancora l’istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione che ha l’obiettivo di valutarne l’efficacia, inquadrando la valutazione nel contesto internazionale. Il ridisegno del sistema complessivo di valutazione, introducendo la valutazione esterna, consente di superare l'auto-referenzialità del sistema scolastico: si passa dalla valutazione delle procedure alla valutazione degli esiti formativi in uscita a supporto di una piena autonomia organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche e dei loro processi di auto-valutazione.
Per ciò che riguarda gli obiettivi futuri intendiamo potenziare ulteriormente il processo di integrazione delle politiche pubbliche nel campo dell’istruzione, della formazione e del lavoro, già avviato con gli strumenti introdotti dalle leggi di riforma della scuola e del mercato del lavoro  (alternanza scuola-lavoro, campus, poli formativi, percorsi di istruzione e formazione professionale, apprendistato valevole per il diritto-dovere, portfolio delle competenze – libretto formativo personale, formazione tecnica superiore, ricerca e distretti tecnologici) per ridurre, secondo gli indicatori europei, il periodo di transizione dallo studio al lavoro e contrastare radicalmente la dispersione scolastica e formativa e la disoccupazione giovanile e costruire, sulla base degli esiti della fase sperimentale in corso, il sistema di istruzione e formazione professionale delineato dalla riforma, per garantire ai nostri giovani titoli e profili tecnico-professionali di validità nazionale ed europea, richiesti dal mercato del lavoro, nel quadro delle politiche europee di sviluppo e coesione sociale.

2)  Parliamo ora dei docenti. L’area di contrattazione separata faceva parte del programma politico presentato dal Ministro Moratti nel mese di luglio 2001. Per quale motivo un obiettivo di tanta rilevanza e così fortemente condiviso dai docenti non è stato raggiunto?

Nella maggior parte del personale docente, assistiamo al consolidamento,  della concezione di  un modello di lavoro a volte privo di significato, di natura impiegatizia e non professionale , in considerazione di questo si era giunti a ritenere che gli investimenti sulla docenza andassero concentrati sulla definizione di articolazioni delle funzioni, con un riconoscimento di un diverso impegno professionale sia rispetto al tempo di lavoro sia in relazione all'arricchimento del profilo professionale e ai relativi diversificati  riconoscimenti economici.
 Pertanto era apparso opportuno definire, tempestivamente, una separata area contrattuale per il personale docente ed un nuovo stato giuridico coerente con la piena attuazione dell'autonomia delle scuole. Ma la proposta di un nuovo stato giuridico, avanzata con un disegno di legge,  è stata fortemente osteggiata dalla sinistra in quanto hanno considerato che invadesse le materie contrattuali. Come ho avuto modo di esporre tra gli obiettivi della prossima legislatura, in caso di vittoria del centro-destra, è evidente che la ridefinizione della funzione docente avrebbe un posto prioritario per ricondurre gli insegnanti  nella professione  e non lasciarli nel mondo indistinto dell’impiego.

3) Restiamo sul tema dei docenti. In un recente  incontro organizzato a Venezia  (1) Franca Bimbi - parlamentare della Margherita - ha toccato questo tasto e non ha esitato a dire che l’eventuale governo di centro-sinistra “assumerà tutti i docenti senza transizione”.   Quale soluzione propone il Polo delle libertà per questo problema così  gravoso  per la vita sia dei singoli coinvolti che della scuola tutta ? 

Fino ad ora, con i governi di centro-sinistra, abbiamo assistito ad un fenomeno che ha prodotto un incontrollabile aumento del precariato attraverso centinaia di corsi abilitanti e la conseguente creazione di graduatorie permanenti senza verifica del fabbisogno effettivo verificato rispetto alle tipologie di cattedre. Siamo, infatti carenti, in quelle scientifiche.

Con l’approvazione del decreto legislativo attuativo dell’art.5 cambia la formazione iniziale dei docenti delle scuole italiane.

Il decreto legislativo innova profondamente le modalità di formazione dei docenti con un forte investimento nella loro qualità professionale per valorizzare l'attitudine all'insegnamento e la professionalità.

La formazione professionale dei docenti comprende la formazione iniziale, la formazione in ingresso e la formazione in servizio. Avremo insegnanti più qualificati e più giovani, e, attraverso la programmazione delle ammissioni alle Università, che vale anche come autorizzazione a bandire i concorsi per l’immissione in ruolo, verrà data loro certezza del posto di lavoro.

I nuovi percorsi di formazione iniziale dei docenti della scuola dell'infanzia, del primo ciclo e del secondo ciclo si svolgeranno presso le università e le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, rispettivamente nei corsi di laurea magistrale (Biennio dopo la laurea triennale) e in appositi corsi accademici di secondo livello (per le discipline artistiche).

I percorsi sono programmati dalle Università nella loro autonomia in conformità a criteri definiti a livello nazionale, assicurando l'approfondimento disciplinare, i contenuti pedagogico-professionali e periodi di tirocinio nelle scuole, oltre ad eventuali stage all'estero.

Ai corsi si accede previa selezione, dopo, aver conseguito la laurea di primo livello o il diploma accademico di primo livello.

 4) Autonomia : l’ impostazione di questa nuova forma di gestione delle scuole è più o meno il  prodotto di  leggi varate dal Centro sinistra.  Anche l’ autonomia ( con  il preside-dirigente) non raccoglie molti consensi  tra i docenti. Avete in mente di prevederne   forme  correttive ? Se sì, in quale direzione ?

Il lungo cammino partito dal centralismo statale del 1948, durato fino all’attuazione del sistema regionale degli anni 70, passato attraverso il federalismo amministrativo del 1998, la riforma del 2001 con la modifica del Titolo V della Costituzione, e , infine, proiettato ora verso la cosiddetta “devoluzione” impegna da tempo le forze politiche ed il legislatore italiano nella faticosa ricerca di un punto di equilibrio tra coesione nazionale ed autonomie locali. Si è , dunque, alla ricerca di una dislocazione dei “poteri” e delle “funzioni” pubbliche che conservi l’unità della Repubblica soddisfacendo contemporaneamente il principio di sussidiarietà.

Quale che sia la risposta ordinamentale offerta rimangono tuttora esigenze non sopprimibili con cui dover fare i conti:

- la necessità di una nuova o diversa capacità di governare  i fenomeni nel senso di costruire norme, processi e procedure che sappiano realmente ed efficacemente influire sul modo in cui le competenze sono esercitabili a vari livelli e si intersecano le une con le altre (dalla gestione alla governance) ;

- la necessità di costruire nuove moderne forme di  raccordo e di partecipazione alle attività dei diversi livelli di governo secondo modalità capaci di garantire, in un quadro concordato, un soddisfacente funzionamento del sistema complessivo (nuovo partenariato istituzionale).

L’idea che ci ha guidato, come ho cercato di illustrare sinora, è stata quella di separare la governance dalla gestione, applicando fino in fondo il principio di sussidiarietà. Le autonomie scolastiche sono al centro del sistema. Attorno a loro si devono disporre i cerchi istituzionali e amministrativi più larghi secondo una logica di servizio sussidiario, non soffocante, ma al contrario flessibile ed efficace in grado di organizzare risposte ai bisogni di tutti gli studenti e di ciascuno di essi.

Abbiamo dato poteri nuovi all’autonomia scolastica, spezzando il curriculum omogeneo nazionale in una quota obbligatoria nazionale e in una significativa di Istituto finalizzata al processo di personalizzazione dei piani di studi. Si tratta di proseguire ulteriormente su questa strada bilanciando ancora di più le due forme di curricolo






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