ALLA VIGILIA DELLE ELEZIONI QUALI PROMESSE PER LA SCUOLA?
Data: Luned́, 20 marzo 2006 ore 00:20:00 CET
Argomento: Opinioni


Ma se tutto cambia cosa cambia?
Alla vigilia delle elezioni, quali le attenzioni e le promesse per la scuola?

a cura di Michela Gallina e Serafina Gnech
 

Si profila una primavera all’insegna delle attese, vigilia di un appuntamento molto importante, quello elettorale. Come insegnanti, ci preoccupa quale potrà essere il destino della scuola sia nel caso di un cambio della guardia, sia nel caso in cui venga riconfermata l’attuale situazione.
 Dando una scorsa veloce al programma della maggioranza uscente si evince come, per un eventuale ulteriore quinquennio di legislatura, la scuola sia posta piuttosto in secondo piano in quanto il governo considera di averne già portato a compimento la riforma. Quindi ci si può aspettare un consolidamento delle trasformazioni compiute dal Ministro Moratti, trasformazioni “irreversibili” e soddisfacenti, che non necessitano di revisioni o modifiche, perché comunque il Governo è riuscito nella titanica impresa di rinnovamento (o smantellamento): una legge, 6 decreti attuativi, 24 allegati. Di fronte a questi dati oggettivi, poco importa, a livello di immagine, che non sia riuscito a dare concreta e completa attuazione alla sua legge: “anticipi nella scuola dell’infanzia”, ‘Tutor’ e ‘portfolio’ stanno nella carta, ma stanno fuori dalla maggioranza delle scuole italiane. Pioniera in questo la scuola primaria, che ‘fa scuola’ alla secondaria.
 Il programma dell’Unione, d’altro canto, si fa forte dell’individuazione dei punti deboli della contestata riforma, primo fra tutti il fatto che si sia trattato di un insieme di modifiche che non hanno tenuto conto del parere dei diretti interessati ed enuncia il seguente principio ispiratore:“Non sono possibili riforme senza che i destinatari ne siano anche protagonisti”.
 La base di partenza, in ogni caso, è data dalla proposta di “riscrivere”, piuttosto che “abrogare”, la riforma Moratti.
 L’intento è quello di spostare l’asse della scuola da luogo che insegna a luogo che educa, da luogo che affida al docente il mandato sociale di trasmettere cultura a ‘comunità educante’ in cui si realizza una sorta di assunzione orizzontale di un identico ruolo educativo: “la scuola è un’istituzione che si fa comunità con i soggetti protagonisti: studenti, insegnanti, dirigenti, famiglie, personale amministrativo e ausiliario…”. E ancora: “ai docenti, alle famiglie, ai ragazzi stessi è affidato di nuovo l’obiettivo dell’educazione”. Dobbiamo dire che, dietro la suggestione che tali affermazioni inevitabilmente esercitano, individuiamo il pericolo di un’ulteriore legittimazione del portfolio, dell’ingerenza delle figure esterne (della famiglia in particolare), in quelli che sono gli specifici ambiti di competenza della docenza. Quello che invece viene proposto è una sorta di identico ruolo educativo dove tutti sono soggetti con lo stesso mandato educante, dove non vi è una figura professionalmente preparata, deputata e legittimata ad avere il primato dell’istruzione e dell’educazione. Tutti ugualmente educanti dunque: “la scuola è un’istituzione che si fa comunità con i soggetti protagonisti: studenti, insegnanti, dirigenti, famiglie, personale amministrativo e ausiliario…” e dove l’insegnante non emerge come professionista principale, ma come comparsa. E come possiamo immaginare che questa “comunità educante” operi nel rispetto della “libertà di insegnamento” prerogativa costituzionalmente riconosciuta agli insegnanti che presuppone anche “autonomia nella valutazione”?
 Nel programma dell’Unione, anche l’autonomia scolastica, che pure ha assunto negli anni forme tali da configurarsi come autonomia dei dirigenti piuttosto che del corpo docente, non viene messa in discussione.
 Vi è poi un passaggio in cui ci sembra di individuare un’articolazione di “carriera” (ritornano i vecchi fantasmi berligueriani?): “…riconoscendo senza introdurre inutili gerarchie, lo sviluppo delle competenze e responsabilità professionali legate al miglioramento dell’insegnare e dell’apprendere, e vanno sostenute, all’interno dell’unicità della funzione, forme di articolazione delle attività…”
 Chissà se possiamo dare per scontato che tutto questo vada eventualmente deciso con i docenti, come da premessa oppure se nel caso in cui tutto cambi, niente cambi?








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