R.S.U. DA ABOLIRE?
Data: Sabato, 07 gennaio 2006 ore 00:10:00 CET
Argomento: Opinioni


R.S.U. da abolire?
Tra autonomia della scuola e libertà di insegnamento
 
 
di Luciano Molinari
 
 
La brevità dell'articolo non consente un'esposizione ampia e analitica dell'argomento. Si va, perciò, per tratti essenziali.
Lo svolgimento di una qualsivoglia attività lavorativa, protetta dall'ordinamento giuridico, è sempre correlato alla qualità, al valore e allo scopo da conseguite. Quando quest'ultimo ha la finalità di soddisfare bisogni, od esigenze, aventi rilievo meramente privatistico, cioè che si esauriscono entro i limiti che la stessa persona ritiene confacenti alle proprie aspettative, allora la normativa di “stato giuridico" del lavoratore, che lega quest'ultimo al datore di lavoro, ha il solo rilievo di garantire e tutelare - attraverso la contrattazione - la migliore retribuzione possibile, alle migliori condizioni possibili di lavoro e con il riconoscimento della necessaria autonomia tipica dell'attività da svolgere, risultando - in sede contrattuale, cioè pattizia - irrilevanti gli interessi privati che spingono "i clienti" ad utilizzare il “prodotto" di quell'attività. Al contrario, quando è l'ordinamento giuridico, nel nostro caso la stessa Costituzione, a sancire come proprio uno scopo - quale quello dell'istruzione, formazione ed educazione - posto tra le finalità sociali dello Stato, che travalica i semplici interessi privati, per attestarsi a valore fondante dello stesso assetto democratico, allora è lo stesso ordinamento a prevedere la specifica funzione (quella docente, ex art. 33, 1° comma, Cost.), il cui esercizio è diretto al soddisfacimento di uno scopo avente natura pubblica. In tal caso, l'ordinamento pone a presidio della funzione, guarentigie la cui definizione non può essere nella disponibilità dei soggetti firmatari del contratto di lavoro. In tale previsione, le norme di stato giuridico hanno una duplice finalità: quella - costituzionale - di garantire e tutelare le condizioni del pieno esercizio della funzione docente, in termini di libertà e autonomia della scuola; di libertà e autonomia della funzione docente, anche in sede collegiale; di autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo; quella strumentale di stabilire sia la retribuzione economicamente più vantaggiosa, sia le migliori condizioni possibili di lavoro.
È fuor di dubbio che l'attività didattica organizzata (che si compendia nel piano dell'offerta formativa e in quanto ad esso accede per connessione, essendo coperta da riserva di legge ex art. 1, comma 3, lett. g della legge di delega n. 59/1997), non può essere nella disponibilità ne del potere esecutivo (Ministro dell'istruzione) ne di altri soggetti, quali le R.S.U. Ove così fosse, e per le R.S.U. lo è, ciò costituirebbe palese violazione di legge, impugnabile in sede giurisdizionale.
 
Le attribuzioni "illegittime" delle R.S.U.
 
La fonte in materia è l'art. 6 del C.C.N.I. del comparto scuola, valido per il quadriennio 1998-2001 (essenzialmente comma 3, lettere a, h, c, d, e, f, g, h, i). Tali attribuzioni, fatta eccezione per quelle di cui alle lettere d) ed e) - applicazione diritti sindacali e attuazione della normativa in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro - attengono costitutivamente all'attività didattica organizzata coperta, per come detto, da riserva di legge. Infatti esse riguardano: formazione delle classi; utilizzazione del personale; utilizzazione dei servizi sociali; progetti; attività aggiuntive; assegnazione alle sezioni staccate e ai plessi; orario personale A. T.A. ed educativo; permessi per l'aggiornamento. Attribuzioni, queste, che rientrano nel pieno esercizio della libertà d'insegnamento e dell'autonomia didattica dei docenti, anche in sede collegiale quale fonte della progettualità d'istituto. Impossibile, allora, pensare che - attraverso una contrattazione che ha natura del tutto privata - si possa incidere sulle altrui competenze esclusive ed orientarne l'indirizzo istituzionale in rapporto alle esistenti ideologie e interessi di parte presenti nelle dette R.S.U.
 
"Privatizzazione" del rapporto di pubblico impiego
 
Alla fine degli anni '80 il sindacalismo confederale - in special modo la C.G.I.L. - versa in uno stato di grave crisi per la costante caduta di rappresentatività nel pubblico impiego. “Quale movimento generale che rivendica un compito di rappresentanza dell'intero universo del lavoro dipendente”, la C.G.I.L. per prima avanza una proposta radicale di "contrattualizzazione", o "privatizzazione" , del rapporto di pubblico impiego. Lo fa con una bozza di proposta di legge del gennaio 1990, alla quale - successivamente - aderiscono la C.I.S.L. e la U.I.L. Nel giro di meno di due anni, la proposta viene fatta propria dal Governo Amato “come contropartita pretesa dal sindacalismo confederale per la disponibilità manifestata altrove” (F. Carinci, Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, Tomo I, pag. XXXVIII, Giuffrè, Milano 1995).
È’, infatti, con la legge delega n. 421 del 1992 che viene previsto: “che i rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato (…..) siano ricondotti sotto la disciplina del diritto civile e siano regolamentati mediante contratti individuali e collettivi”, mettendo di fatto nella disponibilità delle parti contraenti attività e istituti giuridici coperti da riserva di legge. Con la privatizzazione in toto del rapporto di lavoro è stato effettuato il primo e più consistente tentativo di trasformare la scuola della partecipazione ex art. 3, Cost., nella scuola della negoziazione - o della ratio pattizia - tra O.O.S.S. firmatarie del C.C.N.L. e parte datoriale, in violazione primariamente della libertà e autonomia della scuola e della libertà e autonomia dell'insegnamento. La potenzialità espansiva del nuovo sistema di autonomia della scuola (art. 21, legge n. 59/97 e D.P.R. n. 275/1999) viene così compressa c violata proprio nella finalità istituzionale del servizio.
L’intento palese dei contraenti dell’ultimo C.C.N.L. 1998-2001, con l'avallo dell' A.R.A.N., è stato proprio quello di impossessarsi di competenze non proprie, in quanto coperte da riserva di legge.
 
Due brevi considerazioni
 
L’attuale normativa contrattuale sulle R.S.U. trasforma innaturalmente il dirigente scolastico - quale garante e tutore del pieno e corretto esercizio della funzione docente, dei diritti che fanno capo al soggetto discente e, dunque, delle stesse finalità del servizio - in controparte di un organismo (la R.S.U.) del tutto esterno ed estraneo ai soggetti titolari di competenze originarie, non condizionabili da alcuno. La violazione della normativa sostanziale è nei fatti. La violazione sta propriamente a significare ogni forma intenzionale di compressione, di deviazione di uno stato di integrità, prodotta da soggetti con lo scopo di rendere diverso l'oggetto che ha subito la violazione. L’intenzionalità sta nel fatto che il soggetto agente ha di mira la mutazione delle altrui libere scelte per orientarle all'interno della propria visione di parte. Attraverso la violazione si colpisce la qualità e la natura del bene che la norma intende garantire. È’ in ragione di ciò che - attraverso la violazione - la libertà di insegnamento, l'autonomia didattica e la libera espressione culturale del docente (art. 1, T.U. n. 297/1994) vengono orientate ad esplicitarsi verso l'indirizzo voluto dal soggetto autore della violazione. Tutte le attuali competenze delle R.S.U. nella scuola, ad eccezione delle due citate, attribuite dal C.C.N.L., stanno propriamente a dimostrare ciò.
Avuto riguardo al fatto che la violazione di cui si discute tende a comprimere e distorcere il libero esercizio della funzione docente, anche in sede collegiale, ivi compresa quella del dirigente scolastico, si ritiene che soggetti legittimati a ricorrere avverso decisioni delle R.S.U. adottate in violazione di diritti e di competenze originarie, peraltro coperte da riserva di legge, siano i singoli docenti e il dirigente scolastico. È, comunque, emblematico il fatto che il ministero dell'istruzione, pur in presenza delle lamentate e non contestabili illegittimità, sia sempre rimasto silente sulla questione.








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