MA COME VIVE UN INSEGNANTE CON 1200 EURO AL MESE?
Data: Sabato, 03 dicembre 2005 ore 00:20:00 CET
Argomento: Opinioni


Caro Augias, vorrei capire come è possibile rivalutare la professionalità del docente se la società e il governo continuano a guardare agli insegnanti come a dei parassiti su cui effettuare tagli a più non posso. Insegno in un rinomato liceo classico dove gli alunni a causa dei tagli e degli accorpamenti sono 28, l'aula è minuscola, le serrande rotte da più di un anno. Il caos è indicibile. Ed è una scuola "bene". Immagino le altre. Un docente prende circa 1200 euro, non ha facilitazioni nell'acquisto di libri né per la visione di spettacoli o visite ai musei. Non può assolutamente, vivendo alle soglie della povertà fissata a circa 900 euro mensili per due persone compiere la propria funzione. Un insegnante lo è sempre. Quando va al cinema, se può, legge il giornale, cammina per la strada. Perché pensa rielabora e raccoglie per trasmettere. Ma se vive affannato a cercare di colmare i vuoti della quarta settimana o della terza, se accanto alla sua professione deve metterne per forza un'altra. Socialmente umiliati in una società che ammira solo chi produce soldi e programmi trash. In una società che per le sue enormi capacità e potenzialità anche distruttive avrebbe bisogno di uomini che pensano, non di bambini che giocano. Lettera firmata U n anno fa, il linguista Tullio De Mauro, ministro della Pubblica Istruzione nel governo presieduto da Giuliano Amato, pubblicò (con Francesco Erbani) un piccolo libro inquietante: La cultura degli italiani (Laterza ed.). Dalla sua breve esperienza ministeriale De Mauro è uscito convinto che la nostra classe politica è quasi per intero inadeguata ad affrontare i problemi della "pubblica istruzione", uno degli specchi più fedeli del livello culturale di un paese. Nel nostro caso questo specchio dichiara una condizione di minorità sul resto dell'Europa. Contiamo due milioni di analfabeti ai quali s'aggiungono i quasi quindici milioni di semianalfabeti. Vero che negli anni Cinquanta le persone che non avevano completato la scuola elementare erano il 59 per cento e oggi sono il 6. Ma le competenze acquisite fra i banchi, se non esercitate, regrediscono in una misura pari a cinque anni di scuola. Solo il 9 per cento degli italiani possiede una laurea, di fronte a una media europea del 21 per cento. Da un'indagine che un istituto specializzato, il Cede, ha condotto su un campione significativo risulta che il 5 per cento degli italiani adulti non sa leggere il primo e più semplice dei questionari proposti. Il testo, per la precisione, consta di tre parole: «il gatto miagola». Ha a che fare questa spaventosa situazione sulla quale sorvolano tutti ma proprio tutti: governo e opposizione con la lettera dell'insegnante qui pubblicata? La motivazione degli insegnanti viene al primo posto per il buon funzionamento di una scuola, prima di ogni riforma, di ogni ministro più o meno competente, pasticcione o vanitoso. Della motivazione fa parte la considerazione sociale, e della considerazione sociale fanno parte i soldi che compensano il loro lavoro. Pensare di riformare la scuola quando non ci sono i soldi per pagare in modo dignitoso chi ci lavora, quando nelle aule piove dal soffitto o le serrande sono rotte, è la solita umiliante presa in giro ad uso dei comizi elettorali.





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