SCUOLA, SEI MILIONI DI ITALIANI SONO ANALFABETI
Data: Mercoledì, 16 novembre 2005 ore 01:10:00 CET
Argomento: Comunicati


Scuola, sei milioni di italiani sono analfabeti Rappresentano il 12% della popolazione contro il 7,5% dei laureati. A livello internazionale, l'Italia è al terz'ultimo posto tra i 30 paesi più istruiti Roma, 14 nov. (Adnkronos) - Sono quasi sei milioni, pari a circa il 12% della popolazione, gli italiani totalmente analfabeti o senza alcun titolo di studio. E' il dato più allarmante che emerge dalla ricerca 'La Croce del Sud -arretratezza e squilibri educativi nell'Italia di oggi' condotta da Saverio Avveduto e pubblicata dall'Università di Castel Sant'Angelo dell'Unla (Unione nazionale lotta all'analfabetismo). L'indagine, illustrata oggi a Roma, è basata sui dati Istat relativi all'ultimo censimento del 2001 e evidenzia come i cittadini italiani, per quanto riguarda la scolarità formano una piramide appuntita. Al vertice il 7,5% di laureati (circa quattro milioni), alla base il 36,5% di italiani senza alcun titolo di studio o in possesso della sola licenza elementare: circa 20 milioni di italiani sui 53 censiti. ''Impressionante poi -sottolinea Avveduto- la platea degli analfabeti totali e dei 'nessun titolo' pari a 5.981.579. Quasi 12 italiani su 100, cioè, sono oggi analfabeti''. Se a questi, rileva ancora la ricerca, si sommano i possessori della sola licenza elementare o della sola scuola media, titoli del tutto insufficienti a vivere e produrre nel mondo di oggi, la popolazione di ''illetterati'', quelli che la ricerca definisce ''ana-alfabeti'' ovvero del tutto analfabeti o appena alfabeti raggiunge quasi 36 milioni di persone, pari al 66% degli abitanti del 'bel paese'. Disaggregando per regione i dati nazionali emergono situazioni inquietanti: ben nove regioni sono oltre il limite che gli studiosi considerano di allarme per popolazione senza titolo di studio: l'8%. La regione più analfabeta è la Basilicata con il 13,8%, seguita dalla Calabria con il 13,2%, dal Molise con il 12,2%, dalla Sicilia (11,3%), dalla Puglia (10,8%), dall'Abruzzo (9,8%), dalla Sardegna (9,1%) e, infine, dall'Umbria con l'8,4%. Sorprendentemente, pero', alcune di queste regioni hanno un alto tasso di laureati. Contraddizione, questa definita dall'autore ''tenaglia educativa''. La Calabria, ad esempio, ha più laureati della Lombardia, del Piemonte, dell'Emilia Romagna e del Veneto. Inoltre, secondo i dati Ocse 2004, a livello internazionale l'Italia è al terz'ultimo posto tra i 30 paesi più istruiti: ci seguono solo il Portogallo e il Messico. Non solo, in base a dati che accertano il possesso di un titolo di istruzione superiore nella forza lavoro 25-64 anni, su 11 Paesi considerati il nostro Paese è all'ultimo posto per addetti alla produzione di merci e servizi in possesso di qualifica universitaria e oltre. Vista la situazione, per Avveduto è necessario agire su due direttrici: ''da un lato allargare l'utenza formativa scolastica al più alto numero di destinatari per fasce d'età, dall'altro recuperare le fasce oltre i 25 anni fuoriuscite dal sistema educativo e, nei grandi numeri, mai più esposte all'irradiazione formativa''. Secondo il presidente dell'Unla, infatti, ''il nostro stivale cammina, scolasticamente parlando, su una gamba sola, quella degli scolarizzati fra i 3 e i 24 anni, con le progressive rastremazioni registrate dalla piramide educativa. Occorre, quindi, da un lato trasformare la piramide in un tronco di cono e, dall'altra impiantare la seconda gamba formativa, quella degli adulti''. Un grido d'allarme arriva anche dall'ex ministro della Pubblica Istruzione Tullio De Mauro, che ha evidenziato come non solo è vero che in Italia vi sono pochi laureati ma è anche vero che questi sono anche sottoutilizzati dal mondo produttivo. ''Il trasferimento di risorse da una parte all'altra del paese -ha aggiunto- è inutile senza un alto livello di istruzione e un basso livello di microcriminalità''. Occorre quindi ''aggredire'' questa grande massa di analfabeti che ''non pesa solo sul sistema produttivo ma anche su quello scolastico''. Sergio Zavoli ha quindi proposto una maggior sinergia tra scuola e televisione. ''In un tempo in cui la rivoluzione non è più il cambiamento ma la velocità del cambiamento e noi abbiamo appreso che siamo tra i paesi più attardati, ha un suo fondamento il pessimismo che emerge dalla ricerca''.





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