TROPPI COMPITI A CASA E POMERIGGI DI IMPEGNI, COME MEZZO SECOLO FA
Data: Mercoledì, 02 novembre 2005 ore 01:15:00 CET
Argomento: Opinioni


Troppi compiti a casa (e pomeriggi di impegni). Come mezzo secolo fa 31 ottobre 2005 - Corriere.it La riforma Moratti prometteva di cambiare tutto, ma è rimasto un vuoto organizzativo Ottobre 2005: i ragazzi di una classe di un istituto tecnico milanese , il «Giorgi» (ma il caso non è isolato), ottengono dal giudice di pace della scuola un alleggerimento dei compiti assegnati loro a casa. Febbraio 1964: dall'indistruttibile palazzo di viale Trastevere a Roma partiva una circolare ministeriale (la numero 62) che invitava le scuole a lasciare in pace gli studenti, almeno nel fine settimana: linea generale, compiti a casa il meno possibile. In quasi mezzo secolo siamo arrivati a una situazione che trova insoddisfatti innovatori e conservatori: ragazzini oberati di esercizi, genitori tagliati fuori da formule poco conosciute, pomeriggi strapieni con le ore contese da tante altre attività extrascolastiche, sportive, musicali, coreutiche e via personalizzando. Il «time budget» degli adolescenti non è questione marginale . Mettere ordine con leggera mano nel bilancio delle ore dei ragazzi richiede allo stesso tempo abilità pedagogica e addestramento alla libertà e alla gestione di se stessi. Da un impiego stressante o poco razionale del tempo di un individuo in crescita derivano molti disturbi della personalità, rifiuti allo studio o, più banalmente, irrequietezza, nervosismo, fuga nel circuito parallelo degli Sms, dei «game boy» e degli i-Pod. La formula algida e meccanica degli esercizi da svolgere a casa (da pagina Y a pagina Z), quando i libri sono rigidi e i docenti oberati da troppe altre mansioni, purtroppo si rivela un invito subliminale a detestare lo studio post-lezione, vissuto come una fatica aggiuntiva, spersonalizzata e un po' vessatoria. La riforma dell'istruzione a firma del ministro Moratti prometteva un recupero del fattore creativo del compito a casa. Ci si proponeva di trasformare le ore pomeridiane dedicate anche allo studio (poche e non obbligate) da coda di lezione a occasione di ulteriore apprendimento, trasferito in famiglia per una condivisione delle esperienze. Chi andasse a rileggersi i documenti sui lavori preparatori della legge di sistema troverebbe questa idea del compito come problema in libero svolgimento, pagine di esperienza rielaborata e raccontata, progetti disegnati e discussi in famiglia. Ma, fra intenzione e realizzazione. è rimasto, come del resto è accaduto anche in altre zone della riforma, un vuoto organizzativo senza volontà burocratica e politica. Di tutto questo nuovo modo di fare con lietezza i compiti restano così soltanto scarne e disattese righe in allegato ai decreti legislativi del primo e del secondo ciclo. Qui si dice di attività educative e didattiche da svolgere a casa, attività unitarie e quindi non monodisciplinari. Al ragazzo, mi pare di intendere, dovrebbe essere lasciato tempo per scrivere pagine sui propri programmi della settimana, per discutere con i genitori il percorso compiuto, per risolvere problemi pratici che abbiano valenza all'interno della sua microcomunità, il gruppo, il quartiere, il condominio. Detta così. rischia di apparire aria fritta, ma certo è che, disatteso questo proposito, la incalzante trasformazione dei compiti in esercizi finisce per mettere sempre più al centro, come sovrano, il libro di testo, nelle sue aride pagine da formulario burocratico. Abituarsi al lavoro autonomo e rafforzare gli spazi del personale progresso di apprendimento è indispensabile, lo ripetono convinti i pedagogisti. Ma non si deve ridurre questa necessità a formalismo, senza alcun contributo verso l'obiettivo dell'autovalutazione. Alcuni esercizi sembrano gli schemini rompi- noia dei giornali, con la soluzione esatta scritta dieci pagine dopo. La formula più saggia corre sulle bocche di molti docenti , fino dalle prime classi: «Aiutare presto i ragazzi ad abituarsi a fare qualcosa da soli anche a casa. A fare qualcosa lietamente e liberamente. Ma senza esagerare nei tempi e nella fatica». Gaspare Barbiellini Amidei





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