Fatuzzo e il caso Petrarca «L'ente ha obblighi verso le scuole»
Data: Giovedì, 20 ottobre 2005 ore 08:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


«Il problema non è solo la refezione scolastica, ma il rapporto tra il Comune e l'istituzione scolastica». L'on. Fabio Fatuzzo, consigliere comunale, interviene nel vivace dibattito aperto dalla vicenda della Petrarca e dalla provocazione del suo preside che ha staccato un assegno personale pur di garantire il servizio mensa ai propri allievi. Era stato proprio Fabio Fatuzzo, da assessore alle Politiche scolastiche della prima Giunta Scapagnini, ad autorizzare il servizio di cottura nella scuola, ed è stato lui ad autorizzare tutte le scuole a tenere nelle proprie casse i fondi che lo Stato destina al rimborso dei pasti dei docenti che assistono i ragazzi durante la refezione, soldi che le scuole dovrebbero rigirare al Comune. Due questioni spinose che hanno visto Comune e dirigenti scolastici su posizioni contrapposte.

«Il problema è più ampio: o si ritiene che la scuola sia un impegno prioritario per un ente locale, o che è uno dei settori secondari, un impegno che bisogna affrontare per necessità, come il morbillo. Si deve capire che oggi la scuola è l'unico ambito in cui si fa cultura e che la stessa legge impone agli enti locali obblighi precisi per il funzionamento delle scuole. Bisogna garantire l'erogazione di acqua e luce, ma anche i sussidi didattici, i registri, il materiale di cancelleria... In questo contesto la refezione scolastica è un momento importante del contrasto al disagio e alla dispersione ed è evidente che cucinare in un luogo diverso dalla scuola significa servire pasti scotti e freddi. I punti di cottura nelle scuole, dunque, sono un obiettivo da perseguire perché è la soluzione migliore e quella più gradita agli allievi. Per questo, ed è una scelta che rivendico, ho autorizzato il servizio cottura alla Petrarca quando questa ha trovato un accordo con la ditta. Perché avremmo dovuto fare obiezioni?».

Il consigliere Fatuzzo concorda con il preside Gagliano anche per quanto attiene alla logica della sua argomentazione. Se il Comune deve alla scuola - anche se attraverso la ditta che ha vinto l'appalto della mensa - una somma cinque-sei volte superiore a quella che la scuola deve al Comune, perché non fare un conguaglio? Di più. Fatuzzo difende la sua passata scelta di autorizzare le scuole a tenere in cassa e ad utilizzare le somme date dallo Stato. «I soldi per i pasti dei docenti il Comune li ha già spesi. Perché allora non lasciarli alle scuole? Tanto più se si pensa che i fondi per le piccole manutenzioni sono stati ridotti drasticamente, da 400.000 euro complessivi per anno a circa 150.000. Le scuole non sono più in grado di provvedere alle piccole manutenzioni, ma neanche all'acquisto della cancelleria e dei nuovi registri. Eppure, se volessero, potrebbero presentare le note spese chiedendo al Comune il reintegro totale. E sarebbe un problema serio per tutti. Meglio allora trovare un accordo di buon senso che va a vantaggio della scuola, ma anche dell'ente locale. In questo senso faccio un appello a Puccio Maimone perché risolva il problema alla luce delle esigenze della scuola e della cultura».

Il consigliere Fatuzzo è talmente convinto che la sua posizione sia di buon senso ed equilibrata da volerle dare valore normativo. Per questo presenterà un emendamento correttivo al bilancio che preveda che i soldi versati dallo Stato alle scuole per il rimborso dei pasti dei docenti non debbano essere più restituiti al Comune, ma siano erogati alle scuole perché queste provvedano al funzionamento e alla gestione dell'istituzione e alle «funzioni miste», quali il pagamento degli ausiliari che svolgono servizio durante la refezione. «Bisognerà costituire - dice - un capitolo correlato alle entrate per trasferire queste somme alle scuole. Questo emendamento è pensato a vantaggio delle scuole, ma anche dell'amministrazione perché libera il funzionario da ogni responsabilità».

Pinella Leocata







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