CHE FINE FARANNO I ''VECCHI PRECARI''?
Data: Sabato, 27 agosto 2005 ore 01:00:00 CEST
Argomento: Comunicati


ART. 5: URGENTE LA DEFINIZIONE DEI CREDITI PER I PRECARI Si sta verificando, con l’approvazione in via definitiva da parte del CdM del 3 Agosto dello schema di decreto legislativo che definisce le “norme generali in materia di formazione degli insegnanti ai fini dell'accesso all'insegnamento” ai sensi dell’art. 5 della legge 53/03, quanto da tempo il MIIP aveva preannunciato. Effettuata una manciata di immissioni in ruolo, si appronta un nuovo sistema di reclutamento attraverso il 3+2; nel contempo si cerca di tranquillizzare i precari (l’attuale sistema di reclutamento resterà in vigore ancora per due anni) e di ingenerare ancora una volta un insensato e irragionevole clima da “si salvi chi può”, tra false illusioni e speranze di quanti ritengono di poter entrare in ruolo con le prossime tornate. Il tutto si risolverà a breve in una catastrofe per i più: mancano infatti, nel citato decreto, norme transitorie, unica vera forma di tutela e soluzione a fronte di quanto si sta prospettando, soluzione che deve naturalmente essere organica e reale nel rispetto del diritto: le cabale dei numeri non sono più tollerabili! Ricordiamo che la questione precariato, nonostante le varie dichiarazioni del Ministro Moratti, è tutt’altro che risolta, come del resto risulta dagli stessi dati ufficiali del MIUR pubblicati di recente nel volume “La scuola in cifre”: di contro a un esiguo numero di immessi in ruolo, ripetiamo, il problema rimane irrisolto e sarà destinato ad acutizzarsi; i futuri pensionamenti anziché aprire possibilità di stabilizzazione per i precari, nella logica ministeriale, e secondo un trend in atto da diversi anni, si risolveranno ipso facto in un taglio di personale, come già mostrano nella loro nuda evidenza i dati. Sarebbe stato quindi dovere preciso del Ministro, prima di andare a definire il nuovo, stabilire in maniera chiara e inequivocabile il destino dei precari, che oggettivamente costituiscono un patrimonio per la scuola, possedendo un notevole bagaglio di esperienze e competenze (un alto “profilo formativo e professionale”, come denominato nel decreto) costituito da anni e anni di insegnamento, una o più lauree quadriennali, abilitazioni plurime, una mole di titoli culturali, che non ha uguali all’interno della scuola e che non appartiene e non apparterrà ad alcuna altra categoria di docenti, tanto meno – è evidente – alla nuova prevista dall’art. 5. Dobbiamo invece constatare ancora una volta come il Ministro sia più interessato a definire il “mirabolante” nuovo – mirabolante nuovo sempre secondo la bassa logica dei suoi “innovativi” interventi – piuttosto che seriamente impegnato a risolvere le vere, concrete e cruciali questioni della scuola. L’esiguo passaggio del decreto del 3 agosto, sapientemente non definito dal Ministro («le modalità ed i criteri per l'accesso ai corsi [quelli che andranno a costituire il nuovo canale di formazione e reclutamento] da parte di coloro che risultino in possesso di titoli di studio universitario acquisiti in base al previgente ordinamento» saranno definite in un successivo decreto), a questo punto costituisce il riferimento più importante, la vera questione e il luogo vero delle norme di transizione: non vorremmo, e però già lo temiamo, che l’indeterminatezza del passaggio sia voluta da chi intenda garantire alcuni privilegi anziché operare per fornire soluzioni. Sarebbe veramente troppo! Il MIIP aveva presentato da tempo e per tempo, in relazione all’art. 5, una precisa richiesta e uno schema di riferimento affinché tramite il sistema dei crediti e in base non ad astratte definizioni, ma a determinazioni concrete, fossero pienamente riconosciuti professionalità e titoli dei precari. Rifiutando la logica della sterile contrapposizione tra passato e futuro, il MIIP ha sempre richiesto un confronto puntuale sul presente come necessario luogo delle soluzioni e del reale passaggio verso il nuovo. Su questo urge una risposta precisa: crediamo che il Ministro, con le sue dichiarazioni, di fatto a questa soluzione si sia impegnato fortemente, a meno che le sue non siano vuote parole. Dare definizione all’indefinito passaggio del decreto è necessario, urgente e non ulteriormente procrastinabile. Si ripropone qui di seguito la proposta fatta dal MIIP nel documento “L’insensato e il ragionevole” del 17 Aprile scorso: «Pensare al nuovo garantendo diritti acquisiti dovrebbe essere assunto come regola per ogni governo che vuol chiamarsi riformatore e per chiunque abbia la sana ambizione di promuovere politiche programmatiche. Una soluzione, infatti, può dirsi veramente organica solo se mostra di sapersi inserire nell’esistente e utilizzarne le risorse. Sicuramente non si deve prescindere dalla Costituzione, con la quale l’articolo 5 fa a pugni, come già rilevato in più sedi. Necessario e ragionevole sarebbe quindi prevedere che nel nuovo sistema si pensi all’accesso di tutti quanti possiedano una laurea quadriennale e un’abilitazione di qualsiasi (Ordinario, Riservato eSSIS), poiché tutte le abilitazioni sono state volute dalle leggi dello Stato e sono pertanto equivalenti; coloro che abbiano inoltre prestato servizio nella scuola pubblica debbono avere accesso direttamente alle stesse posizioni destinate a chi conclude il biennio abilitante previsto dal nuovo percorso, visto che tali graduatorie darebbero diritto al ruolo dopo un anno di tirocinio, anno che questi precari hanno già ampiamente e da tempo di fatto espletato, ma che comunque potrebbe tradursi, per coloro che già insegnano da tempo, in anno di formazione-aggiornamento in tematiche didattico-pedagogiche (che i precari ben conoscono per averle studiate e praticate). Ragionevole sarebbe pensare inoltre ad un inserimento nel biennio specialistico, ad esempio attraverso un semestre aggiuntivo, di chi possiede i titoli sopra elencati ma non il servizio: tale inserimento potrebbe essere studiato tramite il riconoscimento di crediti, riconoscimento che però non deve essere lasciato all’arbitrio delle singole Università ma deve essere reso coerente su scala nazionale e determinato dallo Stato che, per forza di cose, non può non riconoscere abilitazioni da esso stesso rilasciate. Perseverare nella negazione di norme di transizione organiche, consegnando questa operazione all’insensatezza, non può che portare la politica riformatrice verso il fallimento: l’azione si prospetta come nefasta perché astratta, priva di una morale e avulsa dalla vera politica che, lo ripetiamo per l’ennesima volta, è capacità di trovare soluzioni e di approdare alla costruzione di nuovi percorsi. La distruzione tout-court e la difesa di interessi particolari saranno operazioni gravide di contraddizioni pesanti che il paese non potrà più tollerare.” Venerdì 26 Agosto 2005 Movimento Interregionale Insegnanti Precari





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