IMMISSIONI, FAVORITI CENTRO E NORD
Data: Mercoledì, 06 luglio 2005 ore 06:05:00 CEST
Argomento: Comunicati


Il piano del ministero per i precari. Ma delle cattedre scoperte solo il trenta per cento avrà un docente di ruolo Lombardia e Campania da sole assorbiranno un terzo delle 40mila assunzioni previste di ANNA MARIA SERSALE ROMA - I tecnici del ministro dell’Istruzione Letizia Moratti in queste ore stanno dando gli ultimi ritocchi al piano di assunzioni di 40mila precari: 35mila docenti, più 5mila ata. I termini per le nomine scadono il 31 luglio. Ma ancora una volta la coperta è corta: su dieci cattedre vuote solo tre riceveranno la nomina di un prof di ruolo. Le altre no, resteranno in mano ai precari. Ma quante sono in totale le cattedre scoperte? E dove? Alle materne i posti di organico scoperti sono 8.367, alle elementari 16.037, alle medie 8.926, alle superiori 4.599. Come verranno ripartite le assegnazioni? Stando alle previsioni la Lombardia è la regione che dovrebbe avere il maggior numero di posti: 7.196 docenti e 11.050 ata. Seguono la Campania con 4.044 docenti e 9.499 ata; Piemonte rispettivamente 3.394 e 6.142; Lazio 3.294 e 4.698 (le altre regioni sono indicate nel grafico accanto). A conti fatti saranno le regioni del Centro Nord quelle che faranno la parte del leone. Sulle cifre dovranno discutere ministro e sindacati, l’incontro è in programma per giovedì prossimo. Il confronto, comunque, si annuncia aspro. Il precariato, vecchia piaga della scuola, non sparirà. Almeno per ora. Sono 180mila le persone che lavorano fuori ruolo utilizzate per coprire “buchi” d’organico a colpi di supplenze o, quando va bene, con incarichi annuali. Un esercito di persone aspira al posto fisso. Si tratta di 100mila docenti e 80mila ata. I primi fanno lezione, interrogano, correggono compiti, fanno esami e scrutini. I secondi, invece, sono quelli che la burocrazia sindacal-ministeriale classifica come “ausiliari tecnico amministrativi”, e che mandano avanti laboratori, segreterie e amministrazioni, sempre più complicate. L’anno scolastico che si è appena concluso era partito senza mezza assunzione, così l’anno precedente. Per il prossimo, il 2005-2006, sono in programma 40mila nuove assunzioni. Dopo un lungo braccio di ferro con il Tesoro il ministro dell’Istruzione Letizia Moratti è riuscita a riaprire la stagione dei contratti, ma le sue richieste sono state ridimensionate. Pochi giorni fa Palazzo Chigi ha approvato il decreto legge per il passaggio in ruolo di 35mila insegnanti e 5mila ata. La Moratti in realtà aveva chiesto il via libera per 15mila cattedre in più. Dunque, sarebbero stati sistemati 55 mila nuovi insegnanti. Ma il ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco, ha autorizzato solo i 40mila. Anzi, si è riservato una clausola: le 35mila immissioni in ruolo per gli insegnanti potrebbero non essere fatte tutte, o comunque non su tutte le classi di concorso che presentano vuoti di organico. Il ministero dell’Economia, infatti, ha preteso nel corso del varo del decreto legge una clausola di salvaguardia. Si tratta del comma 2, con il quale si precisa che «le nomine saranno conferite solo se nel triennio di attuazione del piano non determineranno situazioni di soprannumerarietà», e dunque solo se si potrà ragionevolmente prevedere che sulle cattedre ora attive non si presenteranno nei prossimi tre anni degli esuberi. Clausola non clausola, il ”pacchetto” dei 40mila lascia insoddisfatti i sindacati. «I numeri previsti dal decreto legge approvato da Palazzo Chigi, e appena pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, sono ampiamenti insufficienti», con questo giudizio i sindacati bollano il provvedimento del governo. Viale Trastevere replica alle accuse: «Il problema del precariato ha cause antiche, ora è stato fatto tutto il possibile. In quattro anni sono andate a buon fine più di 60 mila assunzioni». Confederali, Gilda e Cobas non sono affatto convinti e lanciano dure bordate: «Non è questo il modo - sostiene Enrico Panini, segretario Cgil - di rispondere alle aspettative di stabilità della scuola». «La contestazione - osserva Massimo Di Menna, segretario Uil - poggia su un dato oggettivo: c’è una legge, la 143 del 2004, che impegnava il governo a predisporre un piano triennale di nomine in ruolo per coprire tutti, dico tutti, i posti vacanti e non una piccola parte. Da anni chiediamo un piano pluriennale, il ministero lo ha promesso, ma non è mai stato fatto».





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