
LA VITA È UN SOGNO.Originale spettacolo al “Brancati” con la Regia di Giuseppe Dipasquale
Data: Martedì, 28 marzo 2023 ore 17:08:35 CEST Argomento: Redazione
28_03_02
 La vida es suono, y los
suenos son.
È questo il messaggio
del capolavoro di Pedro Calderon de la Barca, filosofo e scrittore del
Seicento, adattato per il palcoscenico dal regista Giuseppe Di pasquale
e
rappresentato nei giorni scorsi al teatro Brancati di Catania.
Un
messaggio forte e
chiaro che sotto la metafora della realtà e del sogno vuole sfatare
ogni
pretesa di certezza nutrita dall'essere umano.
Basilio,
monarca di una
Polonia immaginaria, uomo di vasta erudizione, legge negli astri che il
suo
erede, in quanto di indole violenta e tirannica, avrebbe arrecato danni
irreparabili
allo Stato. Per evitare che ciò accadesse ha ordinato che il figlio,
Sigismondo, venisse chiuso in una torre e isolato dal resto del mondo.
Unico
contatto consentito, quello con il suo precettore, Clotaldo.
Il destino del principe
arriva a una svolta allorché il vecchio padre decide di fornirgli
un'ultima
possibilità di diventare re. Basilio ordina dunque che venga
narcotizzato e
condotto nella reggia. Appena sveglio, il giovane si dimostra basito
per le
riverenze che gli vengono riservate e comincia a chiedersi se si trova
a vivere
un sogno, o se invece si è
appena destato da un sogno antecedente.
L'esperimento
di Basilio,
peraltro, non sembra poter dare i risultati sperati. Sigismondo
conferma
infatti la sua indole malvagia e la conseguente inidoneità al potere.
Egli
trova però il sostegno del popolo che lo impone al vertice dello Stato
e in
maniera del tutto inattesa avviene un cambiamento radicale nella
persona, che
scopre doti di mitezza e saggia determinazione.

In perfetta armonia con
la formazione dello scrittore spagnolo, il progetto nasce da “simpatie”
filosofiche, oltre che da precise scelte letterarie. La condizione di
Sigismondo, isolato dal mondo e imprigionato in una torre
inaccessibile,
suggerisce suggestioni platoniche, anche se l'epicentro della Vita è un
sogno
non è la contrapposizione fra luce e ombra, come nel filosofo greco, ma
fra
realtà e apparenza, tema dal sapore molto più moderno.
Le
domande che si pone
Sigismondo sono peraltro quelle dell'autore. Come discernere la realtà
dal
vagheggiamento onirico, il vero dal falso?
E
soprattutto l'intera vita dell'uomo è una
realtà, oppure
un sogno, contrapposto a una logica più ampia che conduce all'Eterno?

regista Giuseppe Dipasquale
La
trama, nel testo
originale, così come nella riduzione teatrale di Dipasquale, che con
una
coraggiosa sforbiciata rinchiude tutto in
due atti, (erano tre nell' opera di Calderon de la Barca),
ingloba toni
tragici ( si sfiora il parricidio) e di vago sapore epico, e si
arricchisce di
vicende estranee al fil rouge
dell'opera, (come il conflitto amore-odio di Rosaura e Astolfo), ma che
creano
una cornice guasconesca e di cortigianeria, che arricchisce il racconto
con un
po' di suspense che non guasta.
Perfetti
nei rispettivi
ruoli Mariano (Basilio) e Ruben (Sigismondo) Rigillo (padre e figlio),
Angelo
Tosto (il precettore Clotaldo) e Alessandro D'Ambrosi (giullare) così
come
Filippo Brazzaventre, Federica Gurrieri, Valerio Santi e Silvia Siravo
che
completano il cast.
Meritorio
l'impegno del regista, se non
altro per avere ricreato sul palcoscenico il clima di una stagione
rivoluzionaria del pensiero, e della
conseguente crisi del vecchio dogmatismo. Un pensiero trasversale e
transnazionale, che su diversi piani, vedeva impegnati filosofi e
scrittori del
livello di Cartesio, Shakespeare, Cervantes. E ovviamente Calderon de
la Barca.
Al
regista Dipasquale va riconosciuto
il merito e il coraggio di cimentarsi con un testo molto impegnativo,
in quanto
metafora di sintesi ardite fra umano e divino, realtà e sogno, assoluto
e
relativo, che si aggrovigliano e confondono, rendendo il testo più
adatto a
menti filosofiche che a spettatori di media cultura.
Né
giova alla linearità dello
spettacolo lo stile baroccheggiante del testo,
che, pur contribuendo a creare “atmosfera”, appesantisce la comunicazione e rischia di
confondere.
Per
alleggerire la grevità della pièce
ci saremmo aspettati una scenografia più intrigante che andasse oltre
le pur
apprezzabili proiezioni sulla scena. Azzeccata, invece, l'idea di dare
risalto
alla figura del giullare (il bravo e convincente Alessandro D'Ambrosi),
che con
le sue uscite cialtronesche, ha offerto spunti di comicità molto
apprezzati.
E'
un testo ancora attuale, quello di
Calderon de la Barca? La risposta è univoca, ed è sì. Il messaggio
dell'opera è
politico, etico ed esistenziale a un tempo ed è universale. Esso si
dipana
lungo tutta l'opera, ma nell'adattamento di Dipasquale, con grande
impatto
scenico, esaltato dalla bellezza dei costumi, viene concentrato nelle
ultime
battute, quasi un testamento spirituale con cui, dopo avere
sperimentato la
metamorfosi che la politica produce nei confronti dell'individuo e
avere
folgorato con
precisione
chirurgica quel tanto di
machiavellico che soggiace all'etica del potere, perviene a
un'illuminante riflessione sull'importanza
del sogno nella
sua contrapposizione alla realtà, un'intuizione che anticipa di quasi
duecento
anni uno dei presupposti fondanti del pensiero romantico e che
soprattutto si
presta a richiamare a una dimensione più
umana le scelte di vita dell'uomo moderno.
Alfio
Chiarello
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