L’urlo dei giovani per il clima e i diritti. In cammino per un’economia di pace, amica della terra
Data: Martedì, 27 settembre 2022 ore 15:00:00 CEST Argomento: Redazione
27_09_01
Nel
giorno del Global
Strike for Climate, lo
sciopero globale contro la crisi climatica, numerosi
sono
stati i giovani che hanno manifestato per le vie e nelle piazze
d’Italia.
Lo slogan “Guardare il presente con gli
occhi del passato e costruire il futuro alla luce dei valori”,
risuona
forte nell’iniziativa dei giovani che alimentano un sogno, una speranza
dettata
anche dalla rabbia e dal desiderio di pensare al domani.
La
manifestazione Fridays for Future Italia raccoglie la
sensibilità di
tutti ed in particolare dei giovani che reclamano i loro diritti e
chiedono
alla politica e ai governanti attenzione, sostegno e rispetto.
CRISI
CLIMATICA
La
crisi climatica non è un evento casuale: il disastro della Marmolada,
le
alluvioni nelle Marche, la siccità, la crisi energetica conseguente
alla guerra
Russo-Ucraina con il caro bollette che mette in ginocchio moltissime
famiglie,
la morte di Giuseppe Lenoci, Lorenzo
Parelli, e
Giuliano De Seta, durante gli stage "formativi" per mancanza
di tutele e sicurezza", sono le conseguenze di
un sistema produttivo ed economico
sfruttatore che fa profitto sul pianeta e sulla vita delle persone"
Durante la campagna
elettorale “dalla politica sono arrivate solo proposte, spot, parole
e
promesse che non vanno al cuore del problema” Parlano
tutti di sostenibilità ambientale, riconversione
ecologica, ma nessuno che menzioni investimenti nella ricerca e
nell'università.
Come
si potrà affrontare la crisi energetica, parlando dell'energia nucleare
senza
investire nel rinnovabile e nel trasporto pubblico gratuito?
Gli
studenti si mobilitano ormai da anni per stimolare le istituzioni anche
perché
nel
mondo degli adulti non c’è la stessa sensibilità su questo
tema e per quasi tutti i partiti l’ambiente non sembra essere una
urgente
priorità.
L’inquinamento
che uccide non è solo quello dell’anidride carbonica, anche la
diseguaglianza
inquina mortalmente il nostro pianeta.
“Non
possiamo permettere che le nuove calamità ambientali cancellino
dall’opinione
pubblica le antiche e sempre attuali calamità dell’ingiustizia sociale”,
ha
detto il Papa.
VERSO
UN’ECONOMIA DI PACE
Pace,
cura, servizio, tutela, amicizia, alleanza, riconoscimento, dignità,
condivisione, felicità.
Sono queste le dieci
parole dell’economia della vita che i giovani economisti, imprenditori,
changemakers,
hanno deciso di incarnare nella realtà, su invito di papa Francesco, il
quale
intervenendo all’incontro di Assisi
con i giovani di Economy of Francesco,
ha sollecitato un’economia sostenibile e profetica, che ascolti
il grido
della terra, e
che affronti le
insostenibilità economiche, sociali e relazionali del mondo. superi
la crisi della famiglia e con essa
l’accoglienza e la custodia della vita.
L’individualismo,
il virus più dannoso del Covid ed il
consumismo che cerca di riempire il vuoto dei rapporti umani con merci
sempre
più sofisticate hanno creato delle profonde solitudini e “una
carestia della
felicità”, ed oggi è necessario dare spazio e vita alla
creatività, all’ottimismo, all’entusiasmo e
così rendere di giovani “Artigiani
della pace e costruttori della casa comune”.
Nel
capitalismo di oggi manca una dimensione importante e si
dimentica che “il primo capitale di ogni società è quello
spirituale, perché
è quello che ci dà le ragioni per alzarci ogni giorno e andare al
lavoro, e
genera quella gioia di vivere necessaria anche all’economia”.
La
società di oggi sta
consumando
velocemente questa forma essenziale di capitale accumulata nei secoli
dalle
religioni, dalle tradizioni sapienziali, dalla pietà
popolare.
E così soprattutto i giovani soffrono per questa mancanza di senso:
come
dimostra il vertiginoso aumento dei suicidi giovanili e
spesso di fronte al dolore e alle incertezze della vita si ritrovano
con
un’anima impoverita di risorse spirituali per elaborare sofferenze,
frustrazioni, delusioni e lutti”.
Per Papa
Francesco non
si può parlare di transizione ecologica, e restare “dentro il
paradigma
economico del Novecento, che ha depredato le risorse naturali e la terra”.
E’ tempo “di un nuovo
coraggio nell’abbandono delle fonti fossili di energia e di accelerare
lo
sviluppo di fonti a impatto zero e positivo” accettando “il principio
etico
universale che i danni vanno riparati”, e che dunque “se siamo
cresciuti abusando
del
pianeta e dell’atmosfera, oggi dobbiamo imparare a fare anche sacrifici
negli
stili di vita ancora sostenibili”.
Occorre un cambiamento
rapido e deciso, in una realtà nelle tre dimensioni: sociale,
relazionale e
spirituale, mettendo in atto un nuovo modello di sviluppo ed il
Papa e invita
a “fare di più” per la conversione ecologica, perché “la terra
brucia oggi,
ed è oggi che dobbiamo cambiare, a tutti i livelli”.
L’economia
delle piante è un tema innovativo perché “le
piante sanno cooperare con tutto l’ambiente circostante, e anche quando
competono, in
realtà stanno cooperando per il bene dell’ecosistema.
Impariamo dalla mitezza delle piante: la loro umiltà e
il loro
silenzio possono offrirci uno stile diverso di cui abbiamo urgente
bisogno”.
“Il
grido dei poveri e il grido della terra sono lo stesso
grido”, e lavorare per la
transizione ecologica significa “tenere presenti gli
effetti che alcune scelte ambientali producono sulle povertà”,
prediligendo “quelle che riducono la miseria e le diseguaglianze”,
cercando di
non “trascurare l’uomo e la donna che soffrono”.
Il
progetto della nuova
economia non può limitarsi a lavorare per o con i poveri, perché “sino
a
quando il nostro
sistema produrrà scarti e noi opereremo secondo
questo sistema, saremo complici di un’economia che uccide”.
E’
necessario cambiare rotta e far sì che gli stessi poveri
diventino protagonisti del cambiamento”.
INDICAZIONI DI PERCORSO
Tre
sono le indicazioni di percorso che
consentono di “abitare i paradossi evangelici”: «guardare
il mondo con gli occhi dei più
poveri» come fece il movimento francescano che ha saputo inventare
nel
Medioevo le prime banche solidali, i 'Monti di Pietà'; “Non
dimenticarsi
«del lavoro» e «dei lavoratori» con l’invito a creare «lavoro, buon
lavoro,
lavoro per tutti»; tradurre cioè «gli
ideali, i desideri, i valori in opere concrete», rifuggendo «la
tentazione
gnostica» che «pensa di cambiare il mondo solo con una diversa
conoscenza,
senza la fatica della carne». Perché «la realtà è superiore all’idea».
Nascerà
così «un’economia di pace e non di guerra; che si prende cura del
creato e
non lo depreda; un’economia
che contrasta
la proliferazione delle armi, specie le più distruttive; un’economia a
servizio
della persona, della famiglia e della vita, rispettosa di ogni donna,
uomo,
bambino, anziano e soprattutto dei più fragili e vulnerabili;
un’economia dove
la cura sostituisce lo scarto e l’indifferenza.
Un’economia
che «non è utopia», perché «la stiamo già costruendo» e come recita il
salmo: “Non
c’è alba più bella di quella che ci sorprende in compagnia dei
profeti”.
Giuseppe
Adernò
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