Grembiule giallo e il cammino dell’Educazione Civica
Data: Lunedì, 25 luglio 2022 ore 08:05:00 CEST Argomento: Redazione
A questo interrogativo potrebbe rispondere
il Dirigente Scolastico di Buggiano (Pistoia)
il quale ha ordinato mediante una
circolare di dotare tutti gli alunni delle Scuole Materne di un
grembiule di un
solo colore (giallo), motivando la scelta come una spinta verso la
“parità di
genere”, intesa sia come “pari opportunità” che come “lotta agli
stereotipi”.
E’
il colore che rende tutti uguali ed elimina gli stereotipi?
Ci sono poi tante tonalità di giallo: canarino, anatroccolo, pulcino,
giallo
girasole; giallo come i romanzi polizieschi o come i
gilet jaunes di Parigi.
Molte
studentesse che a scuola indossavano rigorosamente
il “grembiule unico” a casa usavano giochi femminili, in seguito, però,
hanno
eccelso anche nelle materie scientifiche e oggi sono mamme. Hanno
compreso la
lezione degli stereotipi educando i figli al senso del dovere e del
rispetto
delle pari opportunità?
Se la risposta fosse positiva per tutte non si
dovrebbe registrare la persistente negatività di tanti comportamenti e
stili di
vita che fanno registrare un generico e formale parità di genere, oggi
indirizzata alla ricerca delle “quote azzurre”.
I
bambini continuano a scegliere spontaneamente i
giocattoli seguendo gli “stereotipi” che la pubblicità commerciale e la
moda
inesorabilmente impongono.
Le
repentine trasformazioni di stili di vita, l’invadenza
della tecnologia con i nuovi codici comunicativi, il relativismo
imperante
presentano una società che incapace di applicare la cultura del
rispetto come
documentano ogni giorno i femminicidi, una funzione materna, un tempo
sacra e indiscussa,
oggi, fortemente in crisi per i gravi infanticidi e abbandoni di minori.
Mentre
i piccoli alunni della scuola dell’infanzia e
primaria indossano tutti il grembiule con colori neutri rispetto ai
tradizionali
grembiuli rosa, azzurro, bianco, in alcune scuole si adotta la tuta o
la divisa
che offre un’immagine di parità e di uniformità al fine di evitare
differenze
di abbigliamento e di condizioni sociali; nelle scuole superiori la
mancanza di
controllo e di norme circa l’abbigliamento, non appare evidente il
senso di
scuola, luogo privilegiato di cultura e di formazione. Alcuni ragazzi
non fanno
distinzione tra la scuola, il mercato, la villa, la discoteca, la
spiaggia e
all’insegna di una “liberà” personale” non sanno scegliere
l’abbigliamento
adatto al luogo e alla finalità. Lo dimostrano i tanti jeans strappati,
le
magliette corte, i pantaloncini eccentrici, certamente non adatti al
fare
scuola.
Un
dirigente nell’accogliere gli studenti, a
chi portava calzoncini corti e l’infradito
diceva “Qual è il numero della cabina?”, con l’intento di
aiutarlo a
riflettere sulla differenza con la scuola.
La
cultura del “formal dress” dovrebbe far pare
dell’insegnamento trasversale dell’Educazione Civica, come pure
le norme
di galateo nell’adozione delle regole del vivere comune all’insegna del
rispetto e di quella “buona educazione” che un tempo la scuola
insegnava in
maniera sistematica con tutte le regole e le connesse punizioni.
Il
nuovo habitus mentale che l’Educazione Civica si
propone di far conseguire agli studenti scaturisce, infatti non dalle “ 33 ore di lezioni”, quanto dalla modifica
che gli apprendimenti sviluppano nel
modo di pensare, di sentire e di agire di ciascuno, frutto di
quell’azione
collegiale e formativa che ha come obiettivo la realizzazione del
progetto di
vita di ciascuno.
Ecco
perché si ritiene indispensabile la compilazione del “portfolio
delle
competenze di cittadinanza” che ogni studente dovrebbe aggiornare
registrando
le nuove conoscenze apprese con la formula “oggi ho capito che… mi
impegno a
modificare il mio modo di agire”.
“Parità
di genere”, “Pari opportunità”, “Lotta agli stereotipi”, termini diventati oggi titoli di dicasteri e
assessorati non sono le “novità
del XX secolo”, bensì principi e valori già
descritti nella Carta Costituzionale agli
articoli 3 sulla “pari dignità sociale e sono uguali davanti alla
legge,
senza distinzione di sesso, di razza, di religione, di opinioni
politiche, di
condizioni personali e sociali pari dignità “ e dell’art. 37 : “La
donna lavoratrice ha gli stessi diritti
e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”
Questi
principi e norme sono indirizzati a «Tutti i cittadini…» e la
scuola ha
il compito di far ben interiorizzare agli studenti questi valori
“educativi”
per lo sviluppo di un reale e concreto senso civico.
La
”scuola di tutti e per ciascuno” diventa luogo
privilegiato e campo di azione di pari
opportunità a concreto sostegno allo sviluppo delle potenzialità di
ciascuno,
ma resta pur sempre che la crisi economica
assicura soltanto che questi ragazzi da grandi saranno tutti
ugualmente
precari o disoccupati e tutti allo stesso modo dovranno andare
all’estero per
trovare un lavoro pagato il giusto. Questa però non è vera uguaglianza,
né “pari
opportunità.
Se l’insegnante nella costruzione del profilo
educativo,
culturale e professionale, (PECUP) non si interroga “cosa
sarà domani di questi ragazzi?”
l’attività scolastica risulterà sterile e improduttiva, non lascerà
alcun
“segno” nella formazione degli studenti
e la scuola sarà considerata come “suola” e quindi calpestata e
di poco
conto nel panorama sociale.
Giuseppe
Adernò
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