Il mio nome è Brian - storia di un autismo
Data: Martedì, 12 ottobre 2021 ore 08:05:00 CEST Argomento: Redazione
Penetrando nella galassia dell’autismo, ci si perde
per la complessità e la varietà di manifestazioni dell’ampio e
articolato
spettro che lo riguarda.
“Il mio nome è
Brian-storia di un autismo” è il racconto dell’esperienza viva che Valentina BriBre Esposito, mamma di un
bambino autistico, ha vissuto.
Il
volume, pubblicato dalla Carthago edizioni, cattura
l’attenzione dei lettori, suscitando sensazioni profonde e stimolando
una
particolare sensibilità nei confronti del dramma che vivono le famiglie
con
figli autistici.
Nella
prefazione di Alessandra Borghese si legge “amare
verità che ci sono dietro la parola autismo”
che, “da sindrome che condanna, diviene
un’opportunità per migliorare la vita e portarla verso nuove
consapevolezze e
nuovi orizzonti”.
Nel
raccontare la ”sua avventura”, l’Autrice, che ha
incorporato nella sua identità artistica il nome BriBre,
iniziali del nome dei due figli Brian e Brenda, si rivolge
ai genitori e ai docenti di sostegno, che, condividendo ansie e
preoccupazioni percorrono
in sintonia il tunnel buio dell’assenza di terapie e condividono le
lotte con
le istituzioni perché siano riconosciuti i diritti di questi “ragazzi speciali, bisognosi di particolari
attenzioni”.
L’autismo
di Brian, dai riccioli biondi, viene
raccontato sin dal sorgere delle prime manifestazioni di disagio,
perché “non parlava, non guardava, non capiva”, e
solo dopo un lungo iter di prove, visite mediche, terapie varie, si
raggiunge
il traguardo della prima parola: “mamma”.
Come si legge
nel titolo e nell’immagine di copertina, la mamma sogna il giorno in
cui il suo
piccolo possa dire e gridare al mondo intero “il mio nome è
Brian”.
Nel
volume si parla anche dei nonni e del loro ruolo,
attenti osservatori sì, ma non sempre del tutto consapevoli del dramma
che
coinvolge la famiglia dopo aver ricevuto una diagnosi che pone
ripetutamente l’interrogativo:
“perché a me?, perché a noi?”
Il percorso ad ostacoli tra i meandri della burocrazia
e le difficoltà strutturali dei servizi sanitari e scolastici che
rallentano i
percorsi terapeutici e costituiscono il segno evidente di una ancora
improduttiva “inclusione sociale”, scritta nelle norme, sancita dalle
leggi,
non ancora adottata nella prassi ordinaria di un servizio pubblico, che
dovrebbe essere attento ai “bisogni di
tutti e di ciascuno”.
Il
ricorrere ai servizi privati con prestazioni a
pagamento come soluzione del problema diventa discriminante, poiché non
tutte
le famiglie possono beneficiarne.
Con
attento realismo viene descritto l’inserimento del
piccolo Brian a scuola, mettendo in luce le problematiche relazionali
che
investono l’intera Comunità scolastica, dai compagni al Dirigente, al
Personale
docente e non docente della scuola, agli operati sanitari e agli altri
genitori,
tra cui emerge l’atteggiamento per nulla “inclusivo” di una coppia che
decide di
far cambiare scuola al proprio figlio.
L’organizzazione
di una classe in presenza di un
alunno autistico richiede un’azione osmotica tra i vari membri,
mettendo in
atto attenzioni e diligente cura, al fine di rendere efficaci e
stimolanti gli
esercizi di capacità operativa e relazionale, senza mai dimenticare
che il bambino è prima di tutto una persona, un
individuo, portatore di un progetto di vita, unico e originale, che è n
può “educere” attraverso una collaborazione attiva
della famiglia.
Ogni
giorno diventa una battaglia per ottenere il
riconoscimento dei diritti ed in questo appare di grande aiuto e
sostegno
l’Associazione dei genitori e delle mamme che generosamente mettono a
servizio
degli altri le esperienze fatte e i traguardi conseguiti. Michelle,
Sveva,
Angela, Laura, Antonella, Paoletta, fanno parte di quest’universo di
mamme che
sono “sole di giorno e stelle di notte”,
“forza e vita” dei loro bambini, un
vero e protettivo “manto celeste del
cielo”.
L’autoisolamento
dei genitori è “un vuoto che amplifica il vuoto” ed è
l’esperienza più brutta che
un genitore possa provare, un continuo scontro con quella “normalità”
di vita
che sembra non poter più appartenere alla loro famiglia; ogni gesto
inconsueto fa
piangere il cuore, ogni piccola conquista viene celebrata come
“vittoria”.
Se è
vero che “genitori
non si nasce, ma lo si diventa ogni giorno”, è ancor più vero e
drammatico essere
genitore di un bambino autistico. Ogni bambino, infatti, è diverso ed
ogni
esperienza è unica e differente dalle altre.
Quando
poi viene a mancare la figura collaborativa del
padre e l’armonia della coppia vacilla, il dramma della madre diventa
ancora più
pesante, dovendo indossare da sola la corazza di una sofferta
accettazione.
La
creazione di un gruppo WhatsApp e poi ancora quella
della rubrica video mensile su Facebook e Instagram dal titolo “Vox aut. Voci per l’autismo” costituisce
una “rete di supporto differenziale” e le pagine social diventano così
strumenti di terapia, legami di speranza che come i chiodini colorati
per la coordinazione
oculo-manuale su una tavoletta magnetica, realizzano una condizione di
serena
accettazione fatta di tanti piccoli pezzi, anche se …. “spesso
ne manca qualcuno”.
Sfogliando
le pagine del libro, intercalate da brani
poetici, sfoghi dell’anima, intense preghiere, il lettore percorre
insieme
all’Autrice il viaggio doloroso dell’autismo, lungo strade lastricate di
silenzi, di pianti, di attese,
di sogni, ma dove ogni piccola tappa è una grande conquista rischiarata
da un raggio
di speranza, una nuova opportunità per cambiare, per crescere e per
migliorare.
Giuseppe
Adernò
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