Gli scavi archeologici in Piazza Bellini a Palermo ad ottobre visitabili con “Le vie dei Tesori”
Data: Lunedì, 06 settembre 2021 ore 08:05:00 CEST Argomento: Istituzioni
Gli
scavi
archeologici che interessano la parte posteriore, oggi residenziale,
del Teatro
Bellini, nell’omonima piazza di Palermo, saranno aperti al pubblico per
i
cinque fine settimana (sabato e domenica) di Ottobre in occasione
dell’edizione
2021 de “Le vie dei tesori”.
Gli
scavi, che
già nel 2015 avevano coinvolto direttamente la Soprintendenza dei Beni
Culturali di Palermo, sono stati avviati nel corso
dell’attività di
vigilanza e tutela durante i lavori di restauro del Palazzo, che hanno
portato
in luce interessanti scoperte archeologiche che accrescono il valore
delle
conoscenze sul territorio del centro storico di Palermo e, per la loro
peculiarità, hanno dato luogo a una nuova e promettente campagna di
scavi, che
è attualmente in corso.
“La
visita degli scavi, che si sono rivelati molto interessanti per la
conoscenza della storia di questo particolare ambito del centro storico
-
dice Selima Giuliano, Soprintendente dei Beni Culturali di
Palermo
– sarà consentita durante le giornate dedicate alle Vie dei Tesori
proprio per
condividere con la città l’attività di ricerca curata dagli
archeologi Carla
Aleo Nero, della Sovrintendenza, e di Antonio Di Maggio,
libero
professionista. La visita è stata resa possibile grazie alla
disponibilità
dell’attuale proprietà dell’immobile”.
“L’apertura
del cantiere di scavo alla visita del pubblico è il segno di un
nuovo modo di pensare alla ricerca e ai beni culturali non più come
qualcosa da
riservare ad una minoranza di studiosi ma come patrimonio da
condividere per
diffondere anche la consapevolezza del valore del nostro passato. Si
tratta –
sottolinea l’assessore regionale dei Beni culturali e
dell’Identità
siciliana, Alberto Samonà – di avviare un percorso virtuoso di
educazione alla conoscenza della storia e dell’arte nella
consapevolezza che
questi sono i valori e i tesori su cui costruire un processo di
rinascita
economico e culturale di Palermo e della Sicilia”.
L’area
oggetto di scavo, nelle forme attuali di impianto ottocentesco e con i
rimaneggiamenti più recenti, si trova nella parte posteriore e più
interna del
Teatro, in prossimità della Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio,
detta della
Martorana.
Dal
punto di
vista archeologico si riteneva che questo luogo, posto sul margine
orientale
della città punica, un tempo con vista sul mare e in una zona ricca di
preesistenze molto antiche, potesse rivelare qualche interessante
sorpresa. Le
aspettative non sono state deluse dal momento che all’interno del
palazzo è
stato ritrovato un tratto del muro di fortificazione di età punica,
della quale
un altro significativo spezzone è tuttora conservato e ben visibile in
via
degli Schioppettieri, nelle costruzioni del Complesso di Santa Caterina.
Gli
scavi,
che non sono al momento conclusi, hanno anche messo in luce una
complessa
documentazione di età medievale e una stratificazione di età moderna
che
rispecchia le vicende edilizie del luogo, soprattutto della vicina
Chiesa della
Martorana, di età normanna, e dell’annesso convento di monache
benedettine,
fondato sul finire del XII secolo.
Sembra
chiaro, infatti, che alcune parti dell’edificio attuale, in particolare
la
chiostrina interna e gli ambienti che vi si affacciano, fossero, a
partire
dall’età normanna e sveva, spazi aperti a servizio della chiesa e del
monastero, e che, nel tempo, i livelli siano stati rialzati con gli
sfabbricidi
delle successive trasformazioni edilizie nel XV, XVI, XVII e XIX secolo.
Negli
strati
superficiali di “rifiuti” tardo ottocenteschi nella chiesa della
Martorana,
molto probabilmente risalenti ai restauri ad opera del Patricolo, è
stato
ritrovato un frammento di iscrizione in greco in marmo che si è
riconosciuto
appartenere alla perduta lapide sepolcrale di Irene, moglie di Giorgio
di
Antiochia, personaggio chiave della corte di Ruggero al quali si deve
la
costruzione stessa della Chiesa di S. Maria dell’Ammiraglio.
Di
particolare interesse, inoltre, le stratigrafie relative alle attività
edilizie
del XV, XVI e XVII secolo relative alla chiesa e al monastero; oltre al
riempimento di un pozzo ricolmato alla fine del Cinquecento, gli scavi
hanno
restituito, infatti, grandi quantità e varietà sia di maioliche a
lustro, che
di maiolica berettina savonesi e di ceramiche smaltate da Montelupo;
tra i
ritrovamenti anche un pregiato vaso in pasta silicea con raffinata
decorazione
dipinta sotto vetrina, della fine del XIV secolo, d’importazione
orientale.
L’insieme
delle
ceramiche è in corso di studio, anche nella prospettiva di poter
verificare se
parte del vasellame potesse aver fatto parte dei corredi ceramici in
uso presso
il monastero della Martorana e stabilire con maggiore precisione
l’epoca della
loro dismissione.
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