EFFETTO LIBERO GRASSI. Trent’anni dopo
Data: Martedì, 31 agosto 2021 ore 18:00:00 CEST Argomento: Redazione
A distanza di trent’anni si ricorda
come la morte di Libero Grassi non è stata vana. Il suo rifiuto di
pagare il
pizzo è, diventato per molti un modello di coerenza e lezione di
civiltà,
capace di scuotere le coscienze. Nel
1991 Libero Grassi simbolo di una
lotta alla mafia e al racket agì in
solitudine, oggi chi denuncia il pizzo lo può fare
in sicurezza, senza rischiare, assistito dalle associazioni. Se questo
è
accaduto è merito suo”.
Nella
lettera che l’imprenditore palermitano fece pubblicare il 10 gennaio
1991 su
“Il Giornale d Sicilia” e che segnò la sua condanna da parte della
mafia, si
legge, infatti , “Caro estortore se
paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri
soldi, una
retta mensile, saremo destinati a chiudere, l’azienda costruita con le mie mani. Lavoro da una vita e non
intendo chiudere”.
Egli
ha tracciato un solco e, anche se con mille difficoltà, resistenze e
ostacoli,
il fiore della legalità ha germogliato ed ha sparso semi
di
forza e di coraggio che tanti hanno saputo raccogliere scegliendo di denunciare gli
estortori.
Sono, infatti, numerose le testimonianze di
quanti hanno detto: “No al pizzo” ed ora
si sentono liberi dal macigno della paura e vivono a testa alta,
protetti e tutelati dalla legge.
Dal
29 agosto del 1991 chi si ribella al racket non è più solo. La paura è
un
sentimento che attraversa immutato gli animi e le coscienze, ma oggi
con
l’aiuto di qualcuno ed il sostegno dell’Associazione antiestorsione,
ASAEC, Addio Pizzo, e
delle Forze dell’Odine, uomini e donne che
rappresentato lo Stato “in carne
ed ossa” si affronta e si vince, uscendo dal tunnel delle minacce e
delle
ritorsioni.
L’ASAEC
di Catania, che porta il nome di Libero Grassi, si prepara a celebrare
il
prossimo 11 novembre i suoi primi trent’anni di presenza e di servizio
nella
comunità catanese.
Al
messaggio minaccioso e ricattatorio “Cercati
un amico”, l’imprenditore onesto risponde chiamando il 113 e
denunciando
l’accaduto, chiudendo i conti con il passato e ponendo fine alla lunga
processione di continue e sempre maggiori richieste di denaro.
Per
alcuni imprenditori “pagare il pizzo” può anche sembrare conveniente
per
evitare altri guai ed il pizzo diventa una tassa come le altre.
Solo
quando si comprende che non è questa la normalità, solo allora scatta
qualcosa
e denunciando non si diventa “eroi”, ma si intraprende una nuova via
sul
sentiero della legalità e in questo nuovo cammino non ci si sente soli
e
smarriti.
Ecco
cosa ha dichiarato un commerciante, uscendo fuori dal tunnel
dell’estorsione: “Oggi sono non solo un uomo, ma anche un
imprenditore migliore di prima. Riesco ad attribuire alle cose, anche
al
denaro, il valore che meritano”.
Non
è facile denunciare. Ci si
misura spesso anche con il condizionamento ambientale.
Si vive in un quartiere, si conoscono delle persone e poi si scopre che
molti
indossano una maschera. Si
cresce insieme, si scelgono strade diverse. Le
strade, però, si possono pericolosamente incrociare.
Per
andare in giro a testa alta, si sceglie di denunciare, in silenzio, e
allora si
diventa coraggiosi e si aiutano altri imprenditori nei momenti
difficili.
Si
diventa “testimoni” e protagonisti di una nuova lezione di vita,
incontrando
anche i ragazzi nelle scuole per far loro comprendere che la legalità è un valore da tutelare e difendere.
“Il pizzo” che non è il maschile di pizza”,
si scrive con la stessa “z” della parola “raccomandazione”, “protezione”, “mediazione” che tutti cercano
in ogni settore della vita sociale e … ancora oggi si continua a
pagare.
Si
paga spesso per paura, ma anche per convenienza e connivenza in
un’economia
dove i soldi sporchi servono a finanziare l’apertura di attività
commerciali.
Il
mafioso ha il potere di risolvere piccole e grandi questioni e,
rivolgendosi a
lui si ottiene tutto e subito, rispetto alle vie legali e così il pizzo
diventa
il costo digeribile della mediazione, quasi un dovere di riconoscenza
Le
inchieste recenti hanno fatto emergere decine e decine di estorsioni a
fronte
di una manciata di denunce. Lo Stato arresta i mafiosi con ritmo
incessante, ma
la tassa di “Cosa Nostra” non conosce
rinvii, condoni, esenzioni o cancellazioni.
Il
sentiero è tracciato e “insieme” si
giunge alla meta.
Giuseppe Adernò
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