
Il sogno dei siciliani onesti. Maria Giovanna Mirano racconta
Data: Sabato, 14 agosto 2021 ore 13:00:00 CEST Argomento: Redazione
Quella
che racconta Maria Giovanna Mirano nel volume “Storia di
una ribelle ‘nfame”,
Edizioni Leima, è sì la testimonianza abilmente romanzata, con nomi di fantasia, di una terribile realtà
siciliana,
che trova la sua sintesi nell’espressione di Anna Ribaudo : “Questa
è la fine, Cosa nostra ha vinto.
Oggi ha dimostrato che è più forte dello Stato”, alla notizia
della tragica
morte del giudice Paolo Borsellino, il 19 luglio 1992, ma condensa
anche una
significativa lezione di rinnovamento
culturale, perché “gli uomini passano ma
le loro idee restano”.
Nel
corso
della narrazione, il colloquio con il Capitano dei Carabinieri Grimaldi
assume l’amaro sapore della sconfitta e l’Autrice,
già nota alle scuole italiane per i suoi contributi ai progetti di
cultura e
legalità, adotta nomi fittizi in riferimento ai tragici fatti che si
collegano
alle stragi di Palermo del 23 maggio e del 19 luglio del 1992.
In
questa cornice si inserisce la storia di Maria, figlia di don Saro
Danaro, un
boss vecchio stampo che aveva osato contrastare la nuova e più
redditizia linea
del narcotraffico imposta dal capomafia, don Salvo Madruso, e che
finisce per
questo crivellato di colpi insieme al figlio Peppe nel
bar del paese, Basseria.
Chi osa ribellarsi a Cosa nostra
è considerato ’nfame
e quindi deve morire.
Il giudice Caruso, (Borsellino)
raccogliendo le testimonianze della ragazza che
chiedeva giustizia e verità, ha garantito la sua protezione provvedendo
a farla
trasferire come “collaboratrice di giustizia” in una località segreta,
sotto
nome fittizio, ma l’ha soprattutto sostenuta ed aiutata moralmente.
L’espressione
che chiude l’incontro con il Capitano dei Carabinieri nel primo
capitolo: “Oggi è morto il sogno di tutti quei
siciliani onesti che preferivano il fresco profumo della libertà che si
contrappone
al puzzo del compromesso” sigilla il dramma di Maria perché “Una donna che si schiera con lo Stato, resta
sola, abbandonata a se stessa”.
Nella
cultura della mafia “chi si ribella a
Cosa nostra, viene rinnegato e diventa ‘nfame”.
Nei
vari capitoli del libro, che si legge con scorrevolezza per lo stile
semplice, immediato
ed armoniosamente gradevole, si snodano i percorsi romanzati di un
amore
giovanile, contrastato da Peppe, fratello di Maria, ucciso insieme al
padre dai
sicari del boss, e l’estenuante ricerca di verità della ragazza che
desidera a
tutti costi scoprire chi li ha uccisi, ne è il filo conduttore.
Quello
dei mafiosi è un mondo parallelo in cui si annullano i principi
fondanti della
società civile. In particolare, le donne pagano un prezzo molto alto.
Costrette
al silenzio per custodire i segreti più turpi dei propri uomini,
annullano se stesse
e soffocano qualsiasi trasporto emotivo pur di non tradire le regole
imposte
dai capi, accettando ogni atrocità e con “innaturale naturalezza”,
anche le
perdite più care. Infrange la regola la tenace volontà di Maria,
giovane
studentessa che vuole lottare per cambiare le cose, che si ribella
perché non
può condividere il clima di omertà e di sudditanza alla volontà di quel
capomafia
che, dalla sua poltrona dietro i vetri di una finestra, controlla e
governa la vita
cittadina. Sa che non può farcela da sola, Maria, ed è per questo che
assume un
ruolo significativo anche la figura iniziale del Capitano Fedi, che con
la sua
temerarietà colpisce ed incoraggia la giovane ad andare avanti verso il
riscatto della legalità.
Quando,
alla fine del racconto, Maria scopre con sgomento che era stato proprio
Calogero,
il suo primo e grande amore, a fare esplodere i colpi della calibro 38
che le
aveva strappato i suoi cari, che era proprio lui il sicario che
cercava, il picciotto rampante del capomafia, con il
quale tratteneva contatti e relazioni, ormai non ha più dubbi: non
vendetta ma
Giustizia. Solo le Istituzioni avrebbero potuto aiutarla.
Per
amore, lo stesso Calogero, senza infrangere le regole che condannano
gli ‘nfami, come ormai è ritenuta Maria
finanche dalla stessa madre che l’ha rinnegata da tempo, intima la
ragazza a
sparire, altrimenti dovrà farlo lui, pena la sua stessa vita. Funziona
così in
quel mondo che Maria rifiuta e condanna.
Nel
romanzo, i frequenti incisi in corsivo
condensano i pensieri segreti e i
sentimenti dei protagonisti ed il
lettore, quasi scorrendo le intime pagine di un diario, condivide il
dramma
interiore di Maria, animata dalla ricerca della verità
e dal forte senso di giustizia che
diventa bisogno e desiderio di vendicare
la morte del
padre e del fratello; ma anche i sentimenti di un Calogero
a suo modo innamorato che vorrebbe
sposarla, rimanendo però fortemente legato a quel sistema mafioso che
schiavizza generando potere, ricchezza e morte e dal quale non ci si
può
distaccare.
Degna
di attenzione la pagina dedicata alla lezione sulla libertà che merita
di
essere letta e commentata agli studenti di oggi, come monito e
messaggio per
dare un senso ai valori che dovrebbero guidare il cammino di ciascuno.
La
Forze dell’Ordine in generale, chiamati ora “sbirri”,
ora “angeli custodi”,
vengono magistralmente presentate nell’esercizio delle funzioni di
tutela dell’ordine
pubblico e della legalità, ma anche spesso condizionate dalla fitta
coltre di
omertà e di silenzio che domina in contesti assai difficili come quelli
direttamente interessati dal fenomeno mafioso.
Il
messaggio di legalità è dominante nel testo e le espressioni usate
sembrano
ripetere gli slogan che intonano gli studenti della “Nave della
legalità”
durante il corteo del 23 Maggio: “La Sicilia
è nostra e non di Cosa nostra”.
La
presa d coscienza che “il vero “nfame” non
è chi lotta per un mondo migliore, ma colui che per paura ed egoismo
non
combatte i mafiosi, divenendo colluso con chi, usando la forza,
sottomette la
vita degli altri”, guida verso la piena consapevolezza che occorre
modificare
il modo di pensare la mafia, di sentire le
gravi conseguenze che produce
e di agire secondo i principi
dell’onestà, del rispetto, della dignità.
L’Autrice
conclude in maniera incisiva affermando che
“il cambiamento richiede tempo, ma prima di tutto bisogna volerlo. E
noi
siciliani onesti lo vogliamo.” Ecco gli effetti del vero profumo di libertà.
Giuseppe
Adernò
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