Un’idea di giustizia
Data: Lunedì, 01 marzo 2021 ore 13:28:40 CET
Argomento: Redazione


Le sofferenze, i disagi e le preoccupazioni che la pandemia sta seminando in ogni angolo della terra rende nelle coscienze più avvertite necessaria una riflessione sulle condizioni di debolezza delle istituzioni democratiche, mostrate nell'affrontare una sciagura che ha sconvolto la vita di moltissime nazioni ed ha allargato il fossato delle disuguaglianze. Una riflessione che per forza di cose ci conduce ai problemi della giustizia sociale, dopo qualche decennio di abbandono sistematico. I partiti e i sindacati, nati nel suo segno, dovrebbero essere i primi a farla e dovrebbero aver preso coscienza che è stato alto il prezzo pagato per avere allentato e diluito i rapporti con le proprie tradizioni;i primi col ridimensionamento del peso politico, i secondi con la perdita di consensi e di iscritti. Pagano, soprattutto i partiti, per essersi fatti testimoni e garanti della promessa di buone occasioni per tutti, proclamata ad alta voce dall'imperante neo-liberismo. Non è bastato, però, suonare la fanfara per i nuovi diritti civili conquistati, per occultare la miseria dei risultati ottenuti. E' stato un grave errore, perchè i diritti civili non possono e non devono essere messi in rotta di collisione con quelli sociali.

Il problema della giustizia sociale, per la sua connessione naturale col principio dell'uguaglianza, assunto con energia e convinzione è sempre all'origine delle iniziative politiche di trasformazione, se non proprio di sovvertimento degli assetti economico-sociali costituiti . Generalmente queste scelte politiche nascono dalla consapevolezza che non ci sia giustificazione alcuna alle disuguaglianze che producono privazioni, disagi e sofferenze a moltitudini di uomini e condizioni di privilegi ad una ristretta cerchia di persone, in ogni ambito della società. Proprio per questi motivi, accettata negli anni passati l'immodificabilità del sistema economico attuale, non è rimasto altro, a chi riteneva di vivere nel migliore dei mondi possibili, se non il compito di delegittimare il principio dell'uguaglianza e quello di demonizzare ogni tentativo di riportarlo sulla scena pubblica del conflitto politico e sociale. Non a voce alta. Ipocritamente si è cercato e si cerca di limitarne gli ambiti o le modalità di applicazione. E così si spiegano i tentativi di parlare di giusta uguaglianza, per convincere che molte aspettative e certe conquiste nel nome dell'uguaglianza giuste non siano. Ma per quanto se ne possa scrivere e parlare, ciò nondimeno, nessuna formulazione del principio di giustizia ha la forza di quella che individua in ogni campo l'unione necessaria con l'aspirazione all'uguaglianza. Affiancare alla giustizia il principio dell'uguaglianza non è stato per nulla facile e scontato e si potrebbe leggere il progresso umano come il percorso della sua parziale e lenta affermazione in ogni campo dove poteva essere affermato. Il sentimento più naturale di giustizia è quello dell'uguaglianza. Ma se l'uguaglianza è impossibile, si ricorre allora a quello di equità, molto più raccomandato... Dice Aristotile "Ed è questo la natura dell'equo di essere correttivo della legge là dove essa fa omissione a causa del suo dire universale" (Etica Nicomachea)

Giustizia ed uguaglianza alludono ad una prassi di natura distributiva e si riferiscono al modo più corretto di ripartire i beni e i servizi disponibili in una comunità(lavoro, redditi, salute, istruzione, casa, pensioni, diritti individuali). Altro, però, è dire unicuique suum, altro è dire ad ognuno tutto quello che è dato all'altro. Altro ancora è dire a ciascuno secondo i suoi bisogni Ma anche il primo modo di formulare il principio di giustizia non ha avuto vita facile. Altra sarebbe stata la storia, se ad ognuno fosse stato dato il suo. "La giustizia consiste precisamente nell'attribuire a ciascuno la sua parte. Il ciascuno è il destinatario di una ripartizione giusta" (P. Ricoeur). Privata della corposa materialità che per forza deve assumere nell'ambito sociale, la giustizia puo' esprimere solo l'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge sotto la forma di una ripartizione eguale delle sfere di libertà. Nell'ambito sociale non credo che sia facile fare accettare una ripartizione diseguale di beni e di servizi e che questa possa essere facilmente condivisa se dovesse/potesse tornare a vantaggio di ciascuno come vorrebbe Rawls. "
Le ineguaglianze sociali ed economiche devono essere combinate in modo da essere

a) ragionevolmente previste a vantaggio di ciascuno;

b) collegate a posizioni aperte a tutti". Le possibili e incerte convenienze degli svantaggiati (come? quando?) possono davvero funzionare come giustificazione delle ineguaglianze sociali? E poi quali beni e servizi possono essere sottoposti a questo trattamento? Beni sociali primari? Redditi, patrimoni, posizioni di responsabilità e di autorità?

Per praticare la giustizia sociale occorre disporre di una sua idea e tenere nel dovuto conto le condizioni storiche in cui dovrebbe incarnarsi e dalle quali scaturisce la sua esigenza;non è ordinaria amministrazione dell'agire pubblico, perchè il corso della sua realizzazione è pieno di ostacoli che spesso l'impediscono. Non ci sono meccanismi neutri ed automatici che la possano assicurare. Ogni idea di giustizia rinvia ad una fondazione etica che la possa giustificare come principio normativo, anche se si deve tenere presente che qualsiasi argomentazione messa in atto non è in grado di farlo diventare NECESSARIAMENTE una scelta individuale o collettiva. Non sarà l'argomentazione a rendere doveroso un comportamento, ma il presupposto di un valore dato a quel che dovrà essere compiuto. L'argomentazione serve a creare consenso, ma non a vincolare la libera scelta. La giustizia se ha un fondamento etico, deve avere anche una realtà visibile nell'organizzazione di una società e deve essere leggibile nelle norme che la devono rendere concreta e percepibile Il principio di giustizia ci rinvia alle relazioni comunitarie delle persone, condizionate da tradizioni culturali e di costume e determinate dagli interessi economici e dalle posizioni di potere, ragione per cui l'aspirazione alla giustizia puo' esserne soffocata. Anche se la sfida è proibitiva e impossibile, non è detto che sia sbagliato affrontarla. La fattibilità non è un criterio per invalidare un principio etico-politico come quello della giustizia e un progetto politico che lo faccia proprio.

Della giustizia è difficile parlare facendo a meno di quello che è la storia umana. Le teorie della giustizia di natura convenzionale fondate sull'accordo su alcuni principi di reciprocità se vogliono avere una qualche incidenza, dovrebbero tenere conto delle condizioni storiche delle società in cui le si dovrebbe mettere in atto. Hanno limiti profondi e il primo fra tutti è quello della loro astrattezza e il secondo è quello di non avere alcun appiglio ontologico valoriale:la dignità assoluta della persona. Con le teorie della giustizia elaborate mettendo tra parentesi la storia difficilmente si potrà cambiare la storia. Mi pare impossibile intervenire sui problemi della società partendo da posizioni "originarie". Queste posizioni non esistono. Non ci sono posizioni originarie, ma rapporti di forza determinati dagli scontri sociali. Nei problemi di giustizia "la ragione" fa molta fatica a farsi sentire tra interessi personali e di gruppo. La rinuncia all'organizzazione e alla gestione dei conflitti sociali e alla sua rappresentanza politica ha di fatto consacrato come immodificabili le storture degli attuali assetti economico-sociali e condannato la sinistra all'irrilevanza o a cambiare la propria collocazione tra le stratificazioni sociali.

Oggi, si è nel punto in cui le conquiste di giustizia sociale (diritto alla formazione, alla salute, al lavoro, alla casa, alla giusta pensione) ottenute al prezzo di lunghe e difficili lotte popolari non solo rischiano di essere depotenziate, ma addirittura cancellate, proprio perché le forze che le hanno consentito sono diventate fragili, disperse e politicamente confuse. Per questo motivo un balzo in avanti nella giustizia sociale, ma anche lo stesso mantenimento degli attuali equilibri richiede coraggio, iniziativa e organizzazione. Un nuovo inizio.

Raimondo Giunta





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