Leonardo Sciascia, il 'maestro di Regalpetra'. A cent’anni dalla sua nascita
Data: Lunedì, 01 febbraio 2021 ore 06:00:00 CET
Argomento: Redazione


Tanto si può dire e scrivere su Leonardo Sciascia, scrittore, saggista, giornalista, intellettuale siciliano che proprio in questi giorni ricorre il centenario della sua nascita (Racalmuto, 8 gennaio 1921). Si può dire della sua professione di maestro elementare, di “scoli vasci” (come amava dire); dei suoi straordinari romanzi che raccontano la Sicilia in maniera “spietata e illuminata”; delle sue lucide analisi sui mali dell’isola; del suo impegno politico che lo ha visto prima consigliere comunale a Palermo (1975-77) con il Partito Comunista, poi eletto al Parlamento nazionale (1979-83) con il Partito Radicale, e componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani e sul sequestro e l’uccisone di Aldo Moro, e della Commissione parlamentare sul fenomeno della mafia; delle sue famose polemiche, l’ultima, a due anni dalla sua scomparsa, nei confronti dei magistrati che si occupavano di mafia. A me piace dire del suo amore “smisurato e ragionato” per la Sicilia e per il suo paese d’origine, Racalmuto, un piccolo centro in provincia di Caltanissetta, di cui tanto scrisse nei suoi undici romanzi; del suo attaccamento, del suo “intenso e intimo” senso di appartenenza a questa terra, “Ce ne ricorderemo di questo pianeta” (“Così partecipo alla scommessa di Pascal e avverto che una certa attenzione questa terra, questa vita la meritano”).

Attraverso i suoi scritti, soprattutto con “Il giorno della civetta”, pubblicato nel 1961, il suo romanzo più celebre e più venduto, il primo ad essere tradotto all’estero, fece capire a tutt’Italia cos’è la mafia, considerata prima di lui, quasi un fenomeno folcloristico, ne spiegò la pericolosità, i meccanismi psicologici e culturali, il radicamento con la società arcaica siciliana.
“Tutti amiamo il luogo in cui siamo nati, e siamo portati ad esaltarlo. Ma Racalmuto è davvero un paese straordinario”, con questa espressione scritta nel romanzo, “La Sicilia come metafora”, del 1979, Sciascia dichiarò il forte legame con il suo paese, la sua “celeste prigione”, e lo espresse in molte sue opere, come in “Parrocchie di Regalpetra”, dove racconta i suoi ricordi d’infanzia. Ma Ragalmuto, per Sciascia, non è soltanto un spazio fisico, ma è metafora della Sicilia, un luogo pieno di problemi e di contraddizioni, di inquietudini e di delusioni, di miserie e di ipocrisie, ma è comunque un “luogo unico al mondo”, da amare, da ripagare, da onorare. Un luogo da cui trarre energia e vitalità per scrivere dell’uomo, per raccontare della libertà, del coraggio di vivere da uomini liberi, del senso di etica e di giustizia, del principio di uguaglianza, per combattere le perfidia del potere, l’arroganza, l’ignoranza, l’oscurantismo. Innanzitutto l’uomo e la sua ragione.

Sciascia, “maestro” illuminista e illuminato. Quanto ci manca Leonardo Sciascia al giorno d’oggi, nella Sicilia e nell’Italia dei nostri tempi! Quanto ci manca il suo “sapere”, la sua analisi lucida, la sua capacità di leggere e di decifrare l’animo degli uomini, il suo capire il senso profondo dell’umanità, di intuire i mali oscuri della società. Con intelligenza ed eleganza, con arguzia e coerenza, e anche con ironia e umorismo, e con una leggera punta di bonaria irriverenza, come solo i siciliani sanno essere. Leonardo Sciascia interprete “inflessibile ed esemplare” del suo tempo e della sua Sicilia.

Angelo Battiato





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