Cosa sarà?
Data: Domenica, 05 luglio 2020 ore 10:00:00 CEST
Argomento: Redazione


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Con questa canzone di Dalla De Gregori in testa consideravo che sono giorni concitati e frenetici quelli che si stanno vivendo in questi giorni a scuola. Con la fase 3 le scuole ricominciano ad essere popolate da docenti (volenterosi) e personale e si sta cercando di capire, tra comunicati e piani con relativi allegati tecnici, come poter rientrare a settembre e riprendere a fare scuola in presenza. Gli esami di maturità nella scuola secondaria hanno fornito un test importante per capire determinati meccanismi e procedure da attuare per ottenere il distanziamento sociale ed evitare gli assembramenti.
Ma potrà bastare tutto ciò? A me pare, sia per esperienza personale che da ciò che leggo e vedo, che in molte scuole la tendenza è quella di cercare di modificare il minimo possibile l'esistente sia in termini di didattica che di organizzazione (fatto salvo quanto indicato nel piano con relativi allegati tecnici) per far sì di rientrare in quell'atavica attitudine che ci caratterizza e cioè "fare in modo che tutto cambi perché tutto resti uguale". E cosa abbiamo imparato allora?


L'esperienza che abbiamo vissuto drammatica, quanto epocale ci ha messi come sistema scolastico di fronte ad una serie di limiti che ci portiamo dietro da decenni. Ne elenchiamo qualcuno: edilizia scolastica, sovraffollamento delle classi, microclima e vivibilità degli ambienti scolastici, ambienti di apprendimento stimolanti e dinamici, formazione del personale docente, uso delle nuove tecnologie applicate alla didattica, struttura della rete e collegamenti, orientamento didattico e continuità con il mondo del lavoro, nuovi linguaggi, integrazione e continuità con il territorio, numero di docenti per alunni e retribuzione del personale, numero e qualifica del personale ATA, sussidi didattici e non so per quanto ancora si potrebbe continuare.

Di fronte a tutto ciò anziché cercare di elaborare un piano politico strutturale di sviluppo culturale dell'asse istruzione/cultura si restituisce alle scuole, riscoprendo un’autonomia che di fatto senza la possibilità di avere una gestione economica propria è quasi inefficace, il potere di provvedere in autonomina a fare in modo di riprendere in sicurezza le attività didattiche.
E' credibile tutto ciò?
Chi si è illuso in questi mesi frequentando webinar e fantasticando "possibili scenari innovativi" giusto per parafrasare me stesso, credo che rimarrà profondamente deluso.
Eppure a livello nazionale ci sono movimenti e azioni che sono nati e che si vogliono far sentire; ne citerò due che sintetizzano le varie possibilità di evoluzione del nostro sistema scolastico "Scuole di prossimità" e "Tablet nello zaino" che hanno dietro, rispettivamente, associazioni e istituti come MCE e INDIRE, e grandi personalità della scuola italiana.
Siamo alle solite, da una parte l'utopia che si concretizza nonostante il sistema e dall'altra la scuola fatta da tecnici di altri settori che ti dicono come devi mettere i banchi e fare didattica!
Per una volta non si potrebbero seguire le indicazioni di esperti del settore (nel nostro caso della scuola) e provare ad attuare una riforma che riporti la scuola in linea con la società dì oggi e di domani?
Ancora una cosa e non meno importante. Abbiamo sperimentato che tanti incontri che si fanno in presenza a scuola (riunioni di dipartimento, consigli di classe, colloqui di settore, consigli di istituto o di circolo, collegi docenti e altro) con spostamenti tra scuola e casa e casa e scuola di migliaia di persone che contribuiscono all'inquinamento del nostro malandato pianeta possono essere evitati con soluzioni a distanza. La domanda a me sorge spontanea: non ci sarebbe modo di renderli legali sempre e non solo in tempi di emergenza? (Che poi siamo sempre in emergenza!)
Ci vediamo a settembre.

Prof. Lorenzo Bordonaro
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