La grande proletaria (digitale) si è mossa
Data: Venerdì, 17 aprile 2020 ore 08:00:00 CEST Argomento: Opinioni
Già circa quaranta giorni sono trascorsi dalla chiusura
delle Scuole sull'intero territorio nazionale, causa coronavirus, e noi
docenti siamo pronti ad una riflessione sui metodi ed i mezzi scesi in
campo per affrontare l'emergenza. La prima, epidermica sensazione è
che, ad oggi, fatta eccezione che per le mere petizioni di principio,
il sostegno del Governo e del MIUR sia stato (e continui ad essere)
quasi invisibile. Tutto è ricaduto sulle spalle larghe di Dirigenti
scolastici, di ATA, di insegnanti, delle famiglie. Una specie di
"armata Brancaleone" si è radunata, con il suo portato di competenze
raccogliticce e difformi, ma con uno straordinario entusiasmo e spirito
di sacrificio, con vero eroismo. La Scuola si è "reinventata": dalle
realtà più grandi delle metropoli ai piccoli Istituti di paese, nessuno
si è tirato indietro, con quello che ha potuto: tablet, computer,
smartphone, telefono tradizionale. Tutti ci siamo attivati, dai docenti
che bazzicavano da anni con le TIC a chi si barcamenava a stento con
WhatsApp per comunicare tramite videochiamata con nipotini lontani:
tutti!
È proprio il caso di dirlo, parafrasando un'immagine suggestiva: "la grande proletaria (digitale) si è mossa".
Dapprima eravamo perplessi, tuttavia, spinti da una carica positiva;
adesso, però, la stanchezza si fa sentire, insieme a numerosi dubbi e
difficoltà.
Cominciamo a tirare le somme: dobbiamo chiederci quali siano i metodi
didattici ed i mezzi adeguati alle varie fasce di età, perché è ovvio
che uno studente liceale ha un approccio più consapevole sia nei
riguardi dell'emergenza che dei mezzi e metodi proposti in questo
frangente.
Le fasce fragili le vediamo in ordine decrescente per età, sino a
giungere ai bimbi delle Scuole dell'infanzia che hanno subito più di
chiunque altro la chiusura forzata delle Scuole.
Infatti bisogna sottolineare che il rapporto all'interno delle classi
reali, concrete, "analogiche" e "non virtuali", è ciò che attiva
la consapevolezza ed accende la conoscenza; non può essere in alcun
modo surrogato da una Didattica di mera comunicazione di informazioni,
fatta con un botta e risposta in videoconferenza o su WhatsApp o altro
medium digitale.
Anche i ragazzi diversamente abili stanno soffrendo per la carenza dei
contatti concreti, nonostante l'impegno degli insegnanti di sostegno,
degli insegnanti curriculari e delle famiglie.
Negli anni della nostra esperienza a Scuola, abbiamo studiato e messo
in pratica l'insegnamento situato e significativo, l'Attivismo
pedagogico, e via dicendo. Un lungo e sofferto percorso ha condotto il
sistema scolastico italiano lontano dal modello di stampo idealista,
retaggio della Scuola fascista e gentiliana.
Adesso sembra ripresentarsi lo spettro di un insegnamento nozionistico
cui la DAD ci costringe, basata come è sulle "conoscenze" e "nozioni"
piuttosto che sulle competenze, ad eccezione di quelle informatiche.
Ci saranno coloro che mi spiegheranno che anche con la DAD si può
puntare alle "competenze", organizzando verifiche e "laboratori" a
distanza ... ma già tale enunciazione è antinomica.
Certo è l'emergenza che ci costringe a questa modalità; ciò che mi
preoccupa sono le ultime "esternazioni" della Ministra: si vuole
"istituzionalizzare" ed inserire nel profilo del docente la Didattica a
Distanza? Oppure ho compreso male?
Innanzi tutto è quantomeno singolare che la Ministra, senza nessun
confronto con i Sindacati, faccia simili dichiarazioni. Credevo di
sapere che il ruolo professionale dei docenti è regolamentato da norme
precise che affondano le basi nella Costituzione che statuisce la
libertà di insegnamento, a finire con il compendio legislativo
costituito dal Testo Unico, il D.lgs. 297 del 1994, con il D.lgs.
165/2001, che regolamenta il Pubblico impiego, fino al Contratto
Collettivo del Lavoro - comparto Scuola.
Mi risulta semplicemente incredibile sentire un Ministro che, senza
nessuna consultazione preliminare con Sindacati e parti sociali,
affermi che i docenti dovranno, per legge, adottare la DAD.
Con altrettanto stupore apprendo dai mezzi di stampa che la Ministra è
uscita (fuggita) dal confronto con gli Assessori regionali alla
Pubblica Istruzione senza dare nessuna risposta ai numerosi
interrogativi.
E mi suona stridente sentire che Sua Eccellenza Lucia Azzolina si
riferisce agli studenti in situazione di disagio come ai "più poveri"...
certo la ex-docente di sostegno non usa mezzitermini o litoti,
adottando il linguaggio semplificato di ascendenza paternalistica che
divide banalmente la società in "ricchi" e "poveri".
Non so, forse avrei apprezzato di più vedere immediatamente le Scuole
fornite di attrezzature informatiche, senza dovere attendere i tempi di
una burocrazia viscosa ed inutile.
Avrei apprezzato una sensibilità diversa nei confronti di moltissime
famiglie che non sono "povere" e "disperate", ma che lo diverranno se
ci si attarderà ancora sulla linea dei proclami invece che scendere in
campo concretamente.
Gli 80 milioni di euro stanziati in prima battuta dal MIUR
appaiono un contributo insignificante distribuito ad una popolazione
scolastica numerosa e a Scuole che da anni richiedono l'attenzione
delle Istituzioni verso un ventaglio di problematiche gravissime che
vanno dalla sicurezza delle strutture edilizie, alle attrezzature, al
trattamento economico del personale, al metodo e tempi di reclutamento.
Senza dubbio non è solo il "senso del dovere" evocato dalla Ministra
come indispensabile presupposto dell'attività didattica a mancare; al
contrario se non si fosse animati da un profondo senso del dovere,
oltre che da una dedizione e da un amore infinito per il proprio
lavoro, la Scuola italiana si sarebbe bloccata e sarebbe rimasta inerme
di fronte all'emergenza.
Invece il personale scolastico si è rimboccato le maniche ed ha agito
senza tergiversare, né attendere le direttive ministeriali.
In questa triste vicenda ci stiamo scontrando con più di una violazione
dei Diritti riconosciuti dalla Costituzione italiana, dal principio di
uguaglianza della persona umana, disatteso nel trattamento riservato
agli anziani in alcune case di cura, alla disparità di presidi medici e
di sicurezza tra regione e regione, alla oggettiva diversità di
opportunità degli alunni a poter seguire la DAD.
Non si può mettere sullo stesso piano il ragazzo che vive nei quartieri
agiati delle metropoli, che ha il supporto di una famiglia di
professionisti, con il ragazzo che vive in un contesto già in partenza
meno attrezzato.
In classe, in presenza, la Scuola ha appianato molte disparità; il
docente ha fornito a tutti la medesima cura didattica, pur tenendo
conto della personalizzazione degli insegnamenti; ha coinvolto gli
studenti in maniera adeguata nel lavoro in classe, li ha valutati con
ponderazione ed oggettività; ed ancora: ha compensato eventuali
difficoltà attraverso la propria presenza ed empatia, oltre che grazie
al supporto dell'intera Comunità scolastica che conta su svariati
contributi da parte di Territorio, famiglie, realtà culturali diffuse.
Viceversa, a "distanza" la "distanza" si divarica a dismisura e non è
solo la gravissima assenza affettiva ad intervenire, ma anche una
carenza nelle opportunità e negli strumenti di partecipazione.
Quindi la vera "povertà" è quella collettiva, di una collettività che
si è fatta cogliere doppiamente impreparata, sia sul piano delle
strutture sanitarie, depauperate da tagli ventennali, che
sul piano della Scuola, sfornita di mezzi concreti e di risorse
economiche ... ancora una volta.
Allora, Eccellentissima Ministra, La prego, non si pronunzi tacciando
il disagio come "povertà", non chieda a noi docenti di sottometterci
all'ennesima decisione "emergenziale".
Piuttosto, coinvolga democraticamente tutte le parti in gioco e
fornisca risposte concrete e tempestive:
noi ci saremo!
Maria Làudani
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