Coronavirus: l’Italia si chiude in casa e si reinventa
Data: Lunedì, 13 aprile 2020 ore 09:00:00 CEST
Argomento: Opinioni


Mi viene in mente una frase di Primo Levi, il quale, riferendosi alla tragedia dell'Olocausto, ha scritto: comprendere è impossibile, conoscere indispensabile. Non si possono dimenticare i momenti forti, drammatici, che la vita ci riserva, non si può dimenticare l'angoscia che ti divora e l'ansia che prende il sopravvento, non si può dimenticare la paura che incombe. Così come non si possono comprendere un evento, una sensazione, uno stato d'animo, se non si provano in prima persona. Ma è bene conoscere, anzi, doveroso. Dunque è bene raccontare, testimoniare. Raccontare oggi per capire domani, per informare, per lasciare sui libri di scuola la storia di questa catastrofe collettiva, che colpisce come un fulmine a ciel sereno, che ti costringe a casa e ti tiene distante dai colleghi, dagli amici e, questa la vera tragedia, anche dai tuoi familiari. Il nemico invisibile ha separato nonni e nipoti, mogli e mariti, docenti ed alunni, e ci lascia col fiato sospeso senza ancora nessuna certezza, se non quella che non si tratta di una normale influenza, che occorre attendere un'inversione di tendenza e che, fatti eccezione i motivi strettamente necessari, si rimane in casa. E qui viene la parte più bella, quella che ad ordinanza appena sfornata spaventava tutti, tutti noi che, abituati a ritmi frenetici, guardavano con paura, attoniti, increduli, l'idea di non dovere più uscire.

Il must #iorestoacasa è pian piano diventato il motto di tutti, lo slogan che ci è entrato nel cuore. E così, a casa, abbiamo iniziato a sentirci coccolati, abbiamo scoperto dalle finestre scorci mai visti prima, abbiamo conosciuto dai balconi i nostri vicini, ricordando e raccontando ai nostri figli, non senza un pizzico di emozione, che questo era quello che facevamo da bambini: parlare dai balconi, giocare, salutarci a distanza, oltre a scorrazzare in cortile e rientrare a casa la sera con le ginocchia sbucciate, ma felici. E così l'Italia si ritrova unita ma distante, unita da quell'inno che un tempo ha fatto storcere il naso a qualcuno e che oggi è diventato la colonna sonora dei nostri pomeriggi casalinghi. Pomeriggi in cui ti riscopri a fare biscotti, torte, pizze, a leggere un libro, a parlare con i tuoi figli, a fare un puzzle o a riordinare vecchie foto.

Certo, ci manca la vita di tutti i giorni, quanto ci manca!! Ci mancano il lavoro, gli amici, le passeggiate, il sole, il mare.
Ma per ora solo abbracci virtuali, conversazioni in videochiamata, foto condivise e smart working. A tal proposito vorrei spendere qualche parola per complimentarmi con tutta la classe docente, me compresa, che in tempi rapidissimi si è rimboccata le maniche, sperimentando un nuovo modus operandi, non solo per compensare i giorni di chiusura scolastica, ma per colmare quel vuoto sociale, relazionale, che inevitabilmente vivono i ragazzi, e per dar loro dei riferimenti temporali, delle scadenze, che scandiscano queste nuove giornate.

Sì ... perché la nostra vita è fatta di scadenze, di indicatori temporali, anche se oggi il tempo sembra essersi fermato, sembra incastrato in una dimensione tutta nuova, casalinga, familiare, raccolta, che ci ha reso più uniti,ma che al contempo ci spaventa. E così tutti ci ritroviamo in un countdown collettivo, aspettando che tutto finisca e vada per il meglio, nonostante i numeri e l'ultimo bilancio siano una triste pagina da raccontare.

Cristina Pettinato
Scuola Secondaria di I grado “Dante Alighieri”  Catania


A proposito di scorci mai visti prima... tramonti metropolitani.






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