
Il Virus, la Politica, la Scuola: una riflessione dall’'interno'
Data: Venerdì, 06 marzo 2020 ore 16:00:00 CET Argomento: Redazione
Sino ad un paio di mesi or sono, per noi Europei le
“epidemie” erano poco più che un’immagine astratta, relegata a
specifiche emergenze sanitarie dei Paesi in via di sviluppo,
oppure, ̶ nella migliore delle ipotesi ̶ evocava
reminiscenze letterarie: la “Peste” manzoniana, quella del Decameron,
l’epidemia che afflisse i Romani in Età repubblicana, narrata da Tito
Livio, o quella di Età antonina nella cronaca di Dione Cassio; ed
ancora, la peste che imperversò in Grecia durante la Guerra del
Peloponneso e rievocata nelle pagine di Tucidide e nei versi di
Lucrezio; sino ad altre e metaforiche descrizioni di terribili morbi
nei racconti di Edgar Allan Poe o ne La Peste di Albert Camus, ove la
malattia morale del nazifascismo assume le spettrali sembianze
dell’affezione fisica degli abitanti di Orano; per concludere con la
peste del romanzo Il re di Girgenti del Nostro amatissimo Andrea
Camilleri.
Sappiamo come la fantasia fervida degli artisti di frequente viene
superata dalla realtà. Nel torno di due mesi appena ci vediamo
coinvolti in prima persona in una emergenza di cui non è pronosticabile
lo sviluppo e, tanto meno, la conclusione.
Le accorate parole del Capo dello Stato, lo stimato Presidente Sergio
Mattarella, se da una parte ci rincuorano, dall’altra ci forniscono la
misura e la portata della situazione.
In questo momento di sconforto e di dubbio, tuttavia, Noi adulti, Noi
insegnanti, non dobbiamo perdere di vista alcuni presupposti basilari
di civiltà, quelli che ci richiamano al rispetto delle Leggi, che ci
inducono ad un rapporto empatico con l’altro, al di là della distanza
meramente fisica che le misure di prudenza ci impongono.
Purtroppo il pericolo immediato ci sta inducendo a dimenticare urgenze
non meno impellenti rispetto al Coronavirus: l’Ambiente, la guerra
tremenda in Paesi a noi vicinissimi come la Siria, la tragica
situazione dei profughi, solo per citarne alcune.
Anche il Santo Padre, Papa Francesco, ci ha esortati a non dimenticare
chi soffre per tali piaghe, soprattutto per la guerra, la più insensata
ed irragionevole perché voluta dagli uomini.
Sembrerebbe quasi che l’epidemia incombente stia agendo da “arma di
distrazione di massa”, come ci suggerirebbe dalle sue complesse pagine
Elias Canetti di Massa e potere.
Ma, nonostante tutto, nonostante le difficoltà concrete che la fragile
situazione economico-politica italiana attraversa, la risposta del
Governo giunge chiara e decisa.
Così la chiusura delle Scuole, che potrebbe a prima vista apparire una
misura eccessiva, viceversa darà i suoi frutti nel senso della
limitazione e la circoscrizione del contagio.
Da profana di Biologia e Medicina, mi è comunque lapalissiano che, di
fronte ad un virus contagiosissimo e per il quale non vi è attualmente
né vaccino né cura, l’unica possibilità di limitare i danni è quella di
evitarne in tutti i modi la diffusione attraverso l’interruzione dei
tramiti.
Da docente, poi, sto osservando un fenomeno interessante: la Scuola
italiana, che sembrava rivestire un ruolo ancillare rispetto ad altri
comparti dell’Economia e della Società, è balzata in primo piano.
A cominciare dalle famiglie di alunni e studenti, sta emergendo con
chiarezza l’importanza della Scuola quale succedaneo della famiglia non
solo nell’istruzione dei bambini e dei giovani, ma anche nella loro
cura ed accoglienza.
A qualcuno le mie suoneranno come parole blasfeme, ma così non è: senza
la Scuola la Società si blocca, i genitori non riescono ad affrontare
l’impegno lavorativo se non sono supportati da chi possa supplire al
ruolo basilare della Scuola.
Quindi, incredibilmente, a causa di un virus l’intera Nazione sta
prendendo coscienza di quanto importante sia la presenza di Docenti,
ATA, Ds; di quale apporto irrinunciabile offra il lavoro del Comparto
Scuola, settore mal retribuito, vilipeso, bistrattato.
Invece, nonostante la chiusura degli spazi fisici rappresentati dalle
aule scolastiche, la Scuola sta procedendo e si sta riorganizzano,
modulando metodologie di didattica a distanza – per lo più in
e-learning ̶ che le singole Istituzioni stanno mettendo in
atto autonomamente con il supporto di blande indicazioni dal MIUR
(appena una paginetta on-line sul Sito ministeriale, ove trovasi il
suggerimento di alcuni Software da adoperare. Questo il link: https://www.istruzione.it/coronavirus/didattica-a-distanza_google-education.html).
Gli insegnanti stanno già approntando video-lezioni, verifiche tramite
piattaforme on-line, ed anche mediante i Registri
elettronici, in uso da anni su tutto il territorio.
Ma non solo. Noi docenti siamo costantemente “connessi” con i nostri
alunni e con le famiglie attraverso tutti i mezzi possibili: Whatsapp,
Facebook, Telegram, etc., telefonata diretta.
Del resto è una menzogna autentica quella che vede gli insegnanti
italiani come vecchi bacucchi parrucconi da rottamare, digiuni di
Tecnologie Informatiche.
La realtà va in senso opposto; così quale docente di Latino e Greco
presso un Liceo classico, da anni adopero il Registro elettronico,
lavoro sulle Piattaforme dedicate dal MIUR per il PTOF, il RAV, la
Rendicontazione sociale; preparo per i miei allievi materiali in
formato digitale, ricevo i loro lavori stilati mediate TIC, adopero in
classe il BYOD (Bring Your Own Device), la LIM; faccio riferimento a
Siti Internet dedicati allo studio del Latino e del Greco antico;
conosco i Software principali; so adoperare (ed adopero per varie
operazioni scolastiche, come il monitoraggio dei flussi di frequenza
degli studenti) il Foglio di calcolo Excel, frequento Corsi di
Formazione a distanza, mi relaziono con il mondo tramite Internet,
conosco i fondamentali di Informatica teorica … e così tutti i miei
colleghi, dai giovanissimi a quelli prossimi alla pensione.
Anche i Ds e gli ATA sono preparati nelle TIC per ciò che attiene alle
loro mansioni e ci collaborano attivamente. Quindi la realtà scolastica
va in direzione opposta rispetto alle “credenze popolari”: come non
esistono “untori” e “streghe” che seminano il malocchio e il virus,
così non ci sono in Italia insegnanti antiquati e bacchettanti.
Il problema della Scuola italiana è di altra natura: innanzi tutto
mancano le strutture edilizie, gli arredi, i dispositivi informatici
sufficienti; in secondo luogo il personale è sottopagato rispetto alla
qualificazione professionale che possiede, all’impegno, al tempo
profusi.
Nonostante ciò siamo sempre in prima linea, sempre presenti e
disponibili.
Come l’impavido cavaliere dell’incisione di Albrecht Dürer,
andiamo avanti, armati non di lancia e spada, ma del nostro buon senso
e di un’elevata professionalità.
L’emergenza attuale non fa che evidenziare l’impegno e l’efficienza,
l’inventiva e la capacità di rigenerasi dall’interno da parte
dell’Istituzione in assoluto più importante per la Democrazia: la
Scuola.
prof.ssa Maria Làudani
IIS - Liceo Classico “Mario
Rapisardi” Paternò
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