Tre discorsi sull’ebraismo - Gershom Scholem
Data: Mercoledì, 12 febbraio 2020 ore 08:00:00 CET
Argomento: Redazione


Questo esile testo è il mio primo approccio con Scholem;  ne sono rimasto stupito per la profondità e l’originalità delle riflessioni.Credo che debba essere una lettura necessaria per chi vuole comprendere che cosa sia oggi l’ebraismo ,come religione,come cultura e quali siano le questioni vive che l’attraversano. Popolo ebraico e religione ebraica sono sempre la stessa cosa? Che significato puo’ avere l’ebraismo senza la religione ebraica? L’ebraismo ora che ha trovato la sua terra originaria è sempre lo stesso? Quali sono i tratti distintivi di questa religione?

Dei ragionamenti  di Scholem porterò in sintesi molto succinta quelli che di più sono riuscito a connettere con le mie esperienze e conoscenze;quello che dirò non è quindi una presentazione fedele di tutto quello che vi è scritto. Al centro delle riflessioni del pensatore ebraico si impongono le questioni che riguardano  la sua religione, che ha come fondamenta la rivelazione sinaitica e la tradizione ininterrotta di interpretazioni  che hanno cercato di attualizzarla, di renderla disponibile nel tempo e nelle situazioni. Per cogliere i tratti della religione ebraica, pertanto, ci  si deve chiedere  innanzitutto cosa ha significato e significhi   per l’ebreo credente la rivelazione divina, in che cosa consista e in che modo si dispieghi nel tempo. La rivelazione è l’irruzione di Dio nella storia attraverso la Sua Parola. Una parola percepibile dai sensi? Puo’ una parola umana mantenere inalterata quella Divina?
Puo’ la Parola Divina trasmettersi entro i confini limitati della parola umana?

Non sono  domande innocue, perchè  mettono a soqquadro qualsiasi forma di fondamentalismo e alla radice scuotono il dogmatismo religioso. Uno spazio limitato di affermazioni non puo’ darsi come spazio intangibile di verità,perchè è una pretesa inaccettabile cancellare la distanza tra la Parola Divina e quella umana. Dice Scholem che la parola divina si dispiega in un’infinita quantità di contesti. ”Il segno distintivo della Rivelazione non sta più nell’importanza delle proposizioni che in essa arrivano a farsi comuncazione, bensì nella loro infinita interpretabilità. Il carattere di assoluto si riconosce dalla sua qualità infinitamente interpretabile”; e ancora ”in ogni parola risplende un numero infinito di luci. Ogni parola della Torà ha settanta o seicentomila sfaccettature”. Quindi tante le interpretazioni ,anche se non possono essere arbitrarie, e quelle date e quelle possibili  tutte insieme costituiscono la tradizione.

Il significato infinito della Rivelazione, che non puo’ essere afferrato nel momento unico della sua immediata accoglienza, si dischiude  quindi  nel RAPPORTO CONTINUATIVO col tempo e con la tradizione, che è appunto tradizione sulla Parola di Dio e sta alla base di ogni azione religiosamente importante. La tradizione rende applicabile nel tempo la Parola di Dio. La pratica religiosa ha dovuto, cioè, prendere in carico il compito di coniugare il momento unico (storico?) della Rivelazione con la rivelazione che perdura e si rinnova. Nel Cristianesimo  che si pone gli stessi problemi si fa ricorso al soffio dello Spirito Santo...

La Rivelazione è uno dei legami con cui Dio costruisce il suo rapporto col mondo e con gli uomini;gli altri due sono la creazione e la redenzione. Secondo Scholem la teologia non puo’ rinunciare all’idea del mondo come creazione; non puo’ darsi teologia senza creazione. Non si dà un’essenza casuale che si auto-origina. La fede in Dio è correlata strettamente con l’idea del mondo come creazione. E il Dio che crea il mondo è unico e solo. L’unicità di Dio  ne esigeva l’invisibilità, l’impossibilità di raffigurarlo, di nominarlo e soprattutto di definirlo nei suoi attributi. Per  Scholem questi principi teologici rappresentano uno dei momenti più rivoluzionari della storia umana.

L’idea di redenzione ,accolta tra i contenuti della Rivelazione, si è dimostrata dirompente come la concezione del mondo creato ex-nihilo. Nella storia del popolo ebraico la redenzione si è legata profondamente con le aspirazioni messianiche, un aspetto questo forse tra i più duraturi dell’ebraismo, emergente in diverse forme anche secolarizzate in non pochi personaggi storici, di estrazione ebraica, oltreche nei movimenti politici nati e sviluppatisi con l’aspirazione a un mondo migliore,alla terra promessa della giustizia, dell’uguaglianza e della libertà. Una redenzione non interiorizzata, ”un’interiorità che non si manifestasse anche all’esterno, anzi che non vi fosse collegata non aveva alcun valore”. Il messianismo non ha mai rinunciato all’idea di un’umanità rinnovata, liberata e pacificata,anche se sempre collegata a quella del Regno di Dio. L’autentico regno di Dio è la realzzazione dell’autentico umanesimo, perchè la vera umanità è ancora l’immagine di Dio nell’uomo.

Raimondo Giunta





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